L’Avandia riduce il rischio di sviluppare il diabete

Venerdì scorso i ricercatori hanno annunciato che il trattamento dei pazienti ad alto rischio con il farmaco antidiabetico orale Avandia riduce di circa due terzi il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.

Questa forma di diabete, la più comune, è strettamente legata all’obesità ed è in aumento in tutto il mondo, favorita da una dieta scorretta e da stili di vita sedentari.
Per il trattamento del diabete di tipo 2 vengono utilizzati vari farmaci, ma finora nessuno di questi è stato approvato a scopo preventivo.

In una sperimentazione clinica condotta su pazienti con scarsa tolleranza al glucosio, 5269 adulti sono stati assegnati all’assunzione giornaliera dell’Avandia o di un placebo per una media di 3 anni.

Dal follow-up è emerso che, per i soggetti facenti parte del gruppo destinato ad assumere l’Avandia, le probabilità di sviluppare la malattia o morire erano inferiori del 60% rispetto al gruppo del placebo e il rischio che la progressione della malattia progredisse in diabete vero e proprio risultava ridotto del 62%.

Per i pazienti che assumevano l’Avandia le probabilità di tornare a livelli glicemici normali erano inoltre del 70% maggiori. Per essi sussisteva pero’ un piccolo aumento del rischio di insufficienza cardiaca non fatale, una patologia caratterizzata da indebolimento del muscolo cardiaco, che diviene incapace di mantenere un adeguato apporto di sangue ai tessuti.

In conclusione, secondo i ricercatori, i risultati globali indicano che, introducendo l’Avandia e attenendosi alle raccomandazioni basilari sullo stile di vita:”il rischio di sviluppare il diabete si riduce sostanzialmente, pertanto questo approccio offre una nuova possibilità in fatto di prevenzione”.

Durante i tre anni di sperimentazione, i cui risultati sono stati svelati a una conferenza della European Association for the Study of Diabetes a Copenhagen e verranno pubblicati sul numero di questa settimana della rivista medica Lancet, a tutti i pazienti oggetto dello studio è stato detto di praticare attività fisica e di tenere sotto controllo la dieta.

I ricercatori della McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada, hanno concluso che, su 1000 pazienti trattati con l’Avandia per 3 anni, si sono prevenuti circa 144 casi di diabete e si sono manifestati 4-5 casi di insufficienza cardiaca.

“I vantaggi sono notevolmente superiori agli svantaggi”, ha affermato il Professor Salim Yusuf, ricercatore principale aggiunto.

In totale, durante lo studio, il 10,6% dei pazienti che assumevano l’Avandia ha sviluppato il diabete, rispetto al 25% degli assuntori del placebo.
Nel gruppo dei pazienti sottoposti a trattamento attivo, l’insufficienza cardiaca si è manifestata nello 0,5% dei soggetti, rispetto allo 0,1% del placebo.
In tutti i casi di insufficienza cardiaca la terapia è stata efficace.

Nell’ambito dello studio canadese è stato inoltre valutato un farmaco per l’ipertensione (nome generico ramipril), riscontrando però che non riduce il rischio di diabete o decesso, sebbene sia stato utile in alcuni pazienti per riportare i livelli glicemici entro la norma.

Lo studio DREAM (Diabetes Reduction Assessment with Ramipril and Rosiglitazone Medication, Valutazione della riduzione del diabete con i farmaci ramipril e rosiglitazone) è stato finanziato da Canadian Institutes of Health Research, Sanofi-Aventis, GlaxoSmithKline e King Pharmaceuticals.

 

 

 

Di Gelu Sulugiuc e Ben Hirschler

(Reuters)

Fonte: The Lancet, 15 settembre 2005.

Da “In Diabetes Today” in American Diabetes Association