Diabete: potenziamento della prevenzione e ottimizzazione della cura

Attività fisica, comportamento dietetico e trattamento farmacologico: sono questi i tre cardini principali per prevenire e curare il diabete, emergenza sanitaria di questo secolo che l’OMS ha inserito tra i principali campanelli d’allarme del prossimo futuro.
Le iniziative in atto portano quindi alla definizione di percorsi e strategie che come obiettivo primario si pongono il potenziamento della prevenzione, il miglioramento della cura ed interventi educazionali mirati per migliorare la qualità di vita dei soggetti affetti da diabete.

Nei protocolli terapeutici che le linee guida internazionali identificano per i soggetti affetti da diabete mellito, oltre alla terapia farmacologia e a quella dietetico-comportamentale, l’esercizio fisico viene considerato come intervento primario per un approccio corretto al paziente diabetico, in quanto contribuisce a migliorare il controllo metabolico, a prevenire le complicanze cardiovascolari, a favorire il benessere psicofisico ed a ridurre i costi sociali.

Tuttavia, l’esercizio fisico aiuta ma sicuramente non basta. Fortunatamente le terapie a disposizione e le evidenze scientifiche anche degli ultimi studi clinici offrono al medico e al paziente delle importanti opzioni di trattamento.

La diagnosi di diabete mellito di tipo 2 viene fatta, generalmente, dopo un periodo di “Pre-Diabete” della durata di circa 10-15 anni, ma durante questo periodo cominciano a prodursi le complicanze croniche della malattia, soprattutto a livello cardiovascolare.
Inoltre, sempre nello stesso periodo, iniziano e peggiorano progressivamente dei meccanismi di danneggiamento delle cellule che producono insulina, rendendo più problematica la terapia della malattia.

Fino ad ora sono stati pubblicati studi che dimostrano inequivocabilmente come le modificazioni dello stile di vita siano capaci di ottenere pienamente obiettivi interessanti, mentre gli studi sull’utilizzo dei farmaci che vengono usati nella cura del Diabete, quali Acarbose e Metformina, o che sono attivi nell’abbassare la pressione arteriosa, quali gli ACE-inibitori, non hanno dato dei risultati altrettanto brillanti.

La prestigiosa rivista The Lancet ha recentemente pubblicato un lavoro nel quale vengono illustrati i risultati di uno studio chiamato DREAM nel quale sono stati messi a confronto gli effetti di due farmaci il Ramipril (un ACE-inibitore) ed il Rosiglitazone (un antidiabetico orale che cura l’insulino-resistenza) nel contrastare la comparsa e la progressione della malattia diabetica.

“Il Ramipril – ha affermato il prof. Carlo Maria Rotella, Ordinario di Endocrinologa all’Università di Firenze, nel corso di un incontro svoltosi a Roma presso la sede della GlaxoSmithKline – ha prodotto una riduzione del 9% del diabete ed un aumento del 16% della regressione a normoglicemia dei pazienti con Pre-diabete ed è su questa base che Ramipril oggi non può avere indicazione come trattamento per la prevenzione del diabete.

Al contrario, Rosiglitazone ha determinato una riduzione maggiore del 60% dell’incidenza di diabete in persone con Pre-diabete ed un aumento maggiore del 70% della regressione da Pre-diabete a normotolleranza glicemica. La classe degli antidiabetici orali a cui appartiene Rosiglitazone ha dimostrato inoltre una notevole efficacia nella prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti diabetici trattati con questi farmaci. Sulla base di questi dati appare evidente che Rosiglitazone presenta delle interessanti potenzialità nella prevenzione del diabete nei pazienti a rischio”.

Oggi la terapia dispone di una nuova soluzione terapeutica: l’associazione metformina- rosiglitazone che consente di combinare l’azione sinergica di rosiglitazone e metformina. Rosiglitazone infatti riduce prevalentemente la resistenza periferica (muscolo, tessuto adiposo) all’insulina, ovvero quel meccanismo che porta le cellule dell’organismo a risentire sempre meno dell’attività dell’ormone. Questa attività viene svolta anche da metformina, con azione prevalentemente centrale sulla produzione del glucosio da parte del fegato. Grazie a questa sinergia si ottiene quindi un significativo miglioramento della resistenza all’insulina rispetto a quanto si può realizzare con la sola somministrazione di metformina. Gli studi clinici dimostrano che questo miglioramento è protratto nel tempo e che l’associazione farmacologica è ben tollerata e presenta un ottimale profilo di sicurezza.

Questi due principi attivi, metformina e rosiglitazone, agiscono, quindi, attraverso meccanismi diversi sugli stessi difetti fondamentali presenti nel diabete di tipo 2. Ora, se è vero che entrambi i farmaci agiscono su alterazioni metaboliche che sono alla base della fisiopatologia del diabete di tipo 2, essi dovrebbero anche essere in grado di prevenire lo sviluppo di diabete nei soggetti a rischio. L’efficacia mostrata dal rosiglitazone nel prevenire il diabete nei soggetti a rischio va interpretata come una prova indiretta che il farmaco agisce sui meccanismi patogenetici della malattia e quindi, al di là di permettere un miglior controllo glicemico, cura la malattia.

 

 

 

tratto da Salute Europa

7 novembre 2006