Diabete di tipo 1: un farmaco «ritarda» l’arrivo della malattia

Sono una nicchia, rispetto a coloro che soffrono della forma metabolica della malattia. Ma i diabetici di tipo 1 sono anche coloro che vedono maggiormente inficiata la qualità della vita. Primo perché non di rado la malattia viene scoperta durante l’infanzia o l’adolescenza: cosa che la rende più difficilmente tollerabile agli occhi dei piccoli pazienti, almeno quindicimila in Italia. E poi perché, di fatto, è una malattia non prevenibile. Per cui, nonostante l’evidenza preliminare, c’è interesse attorno alla possibilità che un nuovo farmaco possa ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 1 fino a due anni.

SPERANZE DA UN ANTICORPO MONOCLONALE

La notizia è giunta dal congresso dell’American Diabetes Association appena conclusosi a San Francisco. Nel più importante appuntamento annuale dedicato alla malattia, i ricercatori statunitensi hanno presentato i dati di efficacia del teplizumab, un anticorpo monoclonale in grado di legarsi a un complesso molecolare (CD3) che costituisce il recettore dei linfociti T. Nello specifico, il CD3 è considerato un bersaglio efficace per inibire la risposta nelle malattie autoimmuni: come per l’appunto il diabete di tipo 1. Gli autori dello studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, hanno evidenziato che il ricorso a teplizumab ha portato alla comparsa della malattia nel 43 per cento delle persone trattate per due settimane (in media entro i quattro anni dalla cura). Al contrario, il diabete di tipo 1 si è manifestato nel 72 per cento di coloro che avevano ricevuto il placebo (nell’arco di due anni). Il tutto in un target persone ad alto rischio: familiari di primo grado (sani) di pazienti già con una diagnosi di diabete di origine autoimmune.

 

da Fondazioneveronesi.it

 

FOTO