Assolvete lo zucchero

Non c’è dubbio che l’atto del mangiare si è trasformato da esigenza primaria in un insieme di valori edonistici, tradizionali e associativi; ovvero, è diventato un fatto culturale sempre più intriso di scientificità e quindi mirato alla prevenzione e al miglior rendimento psico-fisico. Tuttavia, c’è un contrasto fra il recupero del gusto e del piacere alimentare e la consapevolezza che la nutrizione può condizionare, almeno in parte, la realizzazione di quanto è già trascritto nei geni.

Ecco allora l’opportunità di utilizzare, grazie al progresso tecnologico, i cosiddetti functional e nutraceutical food che nascondono proprietà compensative o integrative presumibilmente vantaggiose. Il mangiatore moderno è, però, in bilico fra la crescente consapevolezza del significato preventivo di una corretta alimentazione e le sollecitazioni allettanti, ma talora anche poco documentate e contraddittorie, del business dietetico.

Nella difficoltà di selezionare le affermazioni dei mass media (basta pensare alla “promozione” indiscriminata di integratori, dolcificanti sintetici, antiossidanti o di molecole accreditate da apposite sperimentazioni) è coerente che le stesse industrie alimentari forniscano anche alimenti “light”, fortificati, funzionali, innovativi. Dovrebbe spettare però ai medici consigliare se e quando la normale alimentazione non è in grado di coprire i previsti fabbisogni nutrizionali, per questioni di gusto, porzioni o carenze, magari insite nella monotonia di molte diete dimagranti.

Gli alimenti “light” o i “functional food” non sono quindi delle mostruosità, ma al contrario, sono degli strumenti teoricamente utili quando il paziente non è in grado di attenersi a regole generali di equilibrio, varietà e frugalità alimentare che non coincidono con le offerte enogastronomiche delle rosticcerie, paninoteche o fast food. Purtroppo, però, la effettiva validità pratica, ad esempio dei dolcificanti sintetici al posto dello zucchero nelle cure dimagranti, resta difficile da dimostrare, al punto che un lavoro scientifico pubblicato sul numero di gennaio 2009 dell’American Journal of Clinical Nutrition, ritiene la sostituzione ininfluente. L’argomento è complesso e non può essere semplificato in una conclusione certa, comunque dobbiamo convincerci che sostituire un paio di cucchiaini di zucchero con un qualsiasi dolcificante acalorico, senza altre e più importanti modifiche delle abitudini alimentari e dello stile di vita, è ininfluente (anche per una serie di comportamenti compensatori, citati dagli autori) sulla perdita di peso a medio e lungo termine.

Non è insolito che una dietologia talora miope e commerciale finisca per trasferire su determinati alimenti le colpe di uno stile di vita sbagliato, stravolgendo le vere responsabilità ed enfatizzando, oltre il dovuto, pregi e difetti di singoli alimenti.

 

 

di Eugenio Del Toma

da Repubblica.it Supplemento Salute