Quando il diabete viene rifiutato.

La malattia e’ un’esperienza quasi ineluttabile nella vita di ogni persona, tuttavia con ripercussioni individuali differenti in relazione a vari fattori: il tipo di malattia, la fenomenologia, la prognosi, la fase della vita in cui si verifica e il tipo di terapia richiesta.
Rispetto alla malattia acuta, nel caso della malattia cronica si puo’ venire a determinare un vissuto psicologico particolare.
E tutto cio’ assume una valenza specifica nel caso in cui la malattia cronica coinvolga un bambino o un adolescente.

L’adolescenza, in particolare, rappresenta un passaggio molto delicato e impegnativo della vita di un individio in cui una patologia cronica, quale il diabete, puo’ rappresentare un vissuto in piu’, un banco di prova, un impegno particolare per una personalita’ che sta fiorendo e che vuole rivolgersi tutta all’esterno per conoscere e capire, fare esperienza, sperimentare la liberta’, le scelte.
Il diabete, con le sue “regole” puo’ fare da zavorra a una mente e a una emotivita’ cosi’ scalpitanti.

Ecco, dunque, come l’adolescente diabetico puo’ mostrare segni di difficolta’ emotiva nei confronti della malattia.
Sentimenti di paura, sensazioni di diversita’, scarsa autostima si possono fare progressivamente strada progredendo verso uno stato, anche depressivo, in cui il rifiuto della malattia diviene parte integrante della propria personalita’.

E come un boomerang, tale situazione puo’ avere un grande impatto non solo in maniera diretta sull’andamento e sul controllo del diabete, ma, indirettamente, anche sull’intero nucleo familiare in cui l’adolescente e’ inserito.
Diverse volte nei nostri ambulatori specialistici ci confrontiamo con realta’ di questo tipo e quante volte ci sentiamo impotenti nell’affrontarle, spiazzati da quella chiusura a riccio di chi abbiamo davanti, impenetrabile e silenzioso a volte, ripetitivo nel suo “non me la sento”, “non sono in grado”, in altre.
Da qui derivano visite ambulatoriali ravvicinate, ricoveri riparativi di un imminente scompenso, per poi riprendere di nuovo in un circolo vizioso.
Ho amato sin dal primo giorno questa professione non solo per le fini implicazioni scientifiche, ma anche e soprattutto per la sfida che poneva sul piano squisitamente umano e dei rapporti interpersonali.
L’adolescente diabetico personifica, in certi versi, per certi versi questa sfida a cui tutto il team diabetologico deve partecipare, dal medico allo psicologo, dall’infermiera alla dietista, in un rapporto diretto con l’adolescente ma che vede coinvolto anche l’intero nucleo familiare.

La comunicazione diventa in questo senso la vera chiave di volta. Il saper comunicare con l’adolescente, mettendosi sullo stesso piano, in un rapporto assolutamente paritario, senza giudicare, e’ il primum movens per cercare di riacquistare la sua attenzione e fiducia. Non possiamo pensare di abbattere velocemente quel muro impenetrabile, ma il segreto sta nel creare un varco, anche se piccolissimo. E da questo varco, iniziare a lavorare insieme, tutti insieme, ciascuno col proprio ruolo, ma per un unico fino.

Ascoltare, motivare, sostenere, responsabilizzare in modo graduale e concorde, in una visione ottimista delle cose: non sono propositi utopistici bensi’ devono rappresentare il filo conduttore della vita professionale e umana del team, affinche’ il nostro adolescente sappia riscoprire anche l’altra vera faccia del diabete, amica e non nemica.

 

 

 

 

Dr Matteo Viscardi
Pediatra Diabetologo

Istituto San Raffaele
Milano

da Diabete Giovani n. 21, Anno IV

 

 

27 maggio 2006