Per il Sig. Natale Babbo

Per il Sig. Natale Babbo

Caro Babbo Natale, tu già eri così: sovrappeso, canuto, vecchio e buono. Io invece, 28 anni fa ero poco più di una bambina e credevo in te. Negli anni mi hai fatto regali bellissimi. Una famiglia intensa, un cervello autonomo, un passeggino per la bambola Lucia, lo Scarabeo e il Memory. Me ne hai fatti anche di brutti, un profumo alcolico e centinaia di calze di lana. Non ho mai cercato di vederti, non volevo attirarti in trappola, non ti ho mai offerto biscotti e latte sotto al camino. Ma ora so che mi sfuggi appositamente. Non mi sopporti più. Non potresti reggere l’ennesima richiesta, la ventinovesima. Perché davvero, anche se sono stata buona, non puoi portarmi nel tuo saccone il regalo che voglio. E io lovogliolovogliolovoglio. Mi serve quello perché ho bisogno di ritrovare la mia vera essenza. Ho sempre più bisogno di capire chi sono davvero io, ripulita da sovrapposizioni non richieste. Ho bisogno di lanciarmi finalmente fuori nel mondo e dentro me stessa senza occuparmi della mia salute, libera dall’obbligo di dover costruire, pezzo per pezzo, il mio benessere.
Ti chiedo di non portare a me e a quelli della mia tribù ulteriori dosi di forza. Quella non ci manca. La tiriamo fuori dagli anfratti più reconditi della nostra pancia, dagli interstizi del cervello, dalle cavità del cuore. La tiriamo fuori quando nessuno, nemmeno noi, se lo aspetterebbe. Se tu potessi portarmi “quel regalo” però, la nostra forza potremmo indirizzarla altrove, con allegria. 
Non portarci razionalità, che ne abbiamo fatto il nostro secondo vestito ed è un vestito che spesso stringe. 
Non portarci pungidito più indolori e insuline spaziali, grazie, siamo a posto così. 
Penserai che sono una donna di malafede, sfiduciata e troppo assertiva. Forse è stato LUI ad amplificare queste mie sfumature. Se arrivasse il “Regalo” ti farei conoscere la mia faccia più dolce. 
Lo so Babbo, che ciò che si deve apprezzare negli altri sono le intenzioni e che le tue sono sempre amorevoli. Ma anche le intenzioni prive di risultati alla lunga, Vecchio Caro Babbone, stancano. 
La notte del 25 veglierò senza aprire gli occhi cercando di sentire il tuo scampanellio lontano e il tuo vago profumo di zenzero. Se anche quest’anno non potrai portarmi ciò che voglio, cerca almeno di agire sulle tue Conoscenze, che so essere altolocate. 
Non portarmi, ti prego, calze di lana.
Con affetto, Lu

 

di Luisa Codeluppi