Italiani bloccano forma autoimmune, cura piu’ vicina

Ricercatori italiani identificano un cocktail di farmaci in grado di bloccare il diabete di tipo 1.

La scoperta si deve a Manuela Battaglia, giovane ricercatrice dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano, diretto da Maria Grazia Roncarolo.
E il lavoro, finanziato da Telethon, è stato pubblicato in questi giorni su Diabetes*. Lo studio è stato presentato oggi a Verona, nella sede della GlaxoSmithKline (Gs), dove in questi giorni la Commissione medico-scientifica di Telethon, di cui Gsk è partner, si riunisce per assegnare i fondi ai diversi progetti di ricerca sulle malattie genetiche.

Il nostro studio – spiega Manuela Battaglia, uno dei giovani cervelli italiani rientrati dagli Stati Uniti negli ultimi anni – ha dimostrato che un cocktail di due farmaci già noti, la rapamicina e l’interleuchina-10 ha effetti benefici nel modello animale del diabete di tipo 1.

A testare il mix di medicinali (il primo usato per prevenire il rigetto dopo il trapianto d’organo, il secondo ad azione antinfiammatoria per trattare patologie autoimmuni) è stata una colonia di topi mutati, malati di diabete di tipo 1. Oltre a ridurre i livelli di infiammazione, il trattamento blocca la reazione autoimmunitaria – prosegue la ricercatrice – impedendo alle cellule T auto-aggressive di distruggere le isole pancreatiche. Infatti i due farmaci favoriscono l’azione di altri tipi di cellule T, ad azione regolatoria, che sopprimono quelle auto-aggressive. In pratica il cocktail funziona bloccando la progressione della malattia, e soprattutto non deve essere assunto per tutta la vita.

Nonostante lo studio sia ancora lontano “dal letto del paziente”, il risultato è importante.
Secondo la Battaglia fornisce la base per lo sviluppo di un nuovo protocollo che sia in grado di bloccare anche stati avanzati della malattia.

Il nostro fine ultimo – sottolinea la ricercatrice del Tiget – e proprio quello di definire un trattamento terapeutico su misura per l’uomo. Possiamo iniziare anche domani a cercare di bloccare il diabete di tipo 1 nei pazienti, ma il problema è nella disponibilita del secondo farmaco. L’interleuchina 10 – spiega la Battaglia – e stata realizzata dieci anni fa, e la casa farmaceutica che l’ha prodotta, Schering Plough, dopo i risultati deludenti di alcune sperimentazioni l’ha messa da parte. Proprio questi risultati, pero’, letti nell’ottica del nostro studio, ci hanno spinti a pensare che il medicinale fosse utile nel cocktail contro il diabete di tipo I, e cosi è stato. Ma ora il farmaco non e’ disponibile, e il brevetto scadra’ solo nel 2010.

Attualmente non esistono terapie in grado di bloccare il diabete, nonostante in tutto il mondo si lavori per individuare una cura efficace a lungo termine e sicura. Tra le molte ipotesi al vaglio dei ricercatori, quella della Battaglia e dei colleghi del Tiget si è rivelata vincente: attraverso l’uso combinato di farmaci già noti e utilizzati in clinica per altre patologie, il sistema immunitario può essere indotto a tollerare e a non attaccare le isole pancreatiche, che producono insulina.

Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune, in cui la quantità di zucchero nel sangue (glicemia) aumenta, superando i valori normali: ha un’incidenza compresa tra i 6 e i 10 casi per 100.000 l’anno da 0 a 14 anni, mentre è stimata in 6,72 casi per 100.000 l’anno da 15 a 29 anni. Nei topolini trattati, la somministrazione del cocktail per 20 settimane ha salvato la maggioranza degli animali dal diabete: Solo il 13% si e ammalato, contro il 98% degli animali non trattati, precisa la Battaglia.

Non solo. I ricercatori sono convinti che la terapia combinata, se somministrata in fase precoce, ha alte possibilita di successo. Nei malati da 10 anni e’ piu’ difficile, ma si puo’ abbinare al trapianto di isole pancreatiche. Ci sono vari aspetti da valutare, ma stiamo pensando anche a questa opzione, dice la ricercatrice.

La malattia, infatti, si manifesta di solito a partire dall’infanzia e richiede terapia insulinica per mantenere la glicemia il più possibile vicino ai valori normali ed evitare complicanze, fra cui danni alla retina, ai reni, al sistema nervoso periferico e centrale, alle arterie degli arti inferiori e coronariche.

L’obiettivo finale dei ricercatori del Tiget e’ liberare i malati dalla schiavitu’ del’linsulina.

Non avrebbe senso proporre una cura a vita, la forza della nostra terapia combinata e che l’organismo, dopo un po’ – conclude la studiosa – impara a fare a meno dei farmaci.

 

 

 

 

(Adnkronos Salute)

27 giugno 2006

*Il lavoro, svolto grazie a fondi che Telethon, in collaborazione con l’associazione JDRF-Italia (Juvenile Diabetes Research Foundation-Italia), dedica a progetti di ricerca sul diabete di tipo 1, è stato pubblicato in questi giorni sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Diabetes