Guarire dal diabete di tipo 2 oggi grazie alla chirurgia

“Per la prima volta nella storia della medicina è stato definito il trattamento chirurgico del diabete di tipo 2 definendo i criteri clinici da adottare e gli approcci della ricerca necessari per definire quali pazienti possono, per loro specifiche caratteristiche, avvantaggiarsi del trattamento chirurgico e quali no – ha affermato il dott. Francesco Rubino, ricercatore dell’Università Cattolica e Direttore del Programma di Ricerca in Chirurgia dell’Obesità e diabete all’IRCAD – European Institute of Telesurgery di Strasburgo, co-direttore scientifico del summit mondiale sulla chirurgia del diabete conclusosi nei giorni scorsi all’Università Cattolica di Roma, meeting che ha definito i criteri di sperimentazione, i requisiti tecnico-organizzativi e la tipologia dei pazienti che potranno esser trattati con specifiche tecniche di chirurgia bariatrica per indurre la remissione del diabete.

La chirurgia gastrointestinale è, infatti, un approccio terapeutico da considerare in persone affette da diabete di tipo2 associato a obesità patologica e che non rispondono alle terapie correnti.

“E’ presto per fare previsioni su quando tale approccio sarà di routine – ha sottolineato Rubino – ma quello che oggi appare evidente è che, come avviene per tutte le pratiche innovative nella medicina, concentrandoci inizialmente su quei pazienti che oggi non riescono ad avere un diabete farmacologicamente controllato e trattandoli chirurgicamente secondo i criteri definiti dal panel multidisciplinare riunito alla Cattolica, riusciremo a definire il futuro della chirurgia del diabete”.

“La buona notizia – ha aggiunto Lee M. Kaplan dell’Harvard Medical School di Boston, membro della direzione scientifica del meeting, co-direttore del Centro di Gastroenterologia del Massachussetts General Hospital – è che la chirurgia è l’approccio più efficace a lungo termine per il trattamento dell’obesità patologica, e siccome la maggior parte dei questi pazienti è affetto da diabete di tipo 2, per il trattamento di quest’ultimo, che costituisce la maggiore minaccia di morte e la complicanza più grave sul piano della qualità della vita, la chirurgia ha un effetto diretto e positivo”.

Nel mondo sono ormai numerose le evidenze cliniche provenienti da pazienti con diabete di tipo 2 trattati chirurgicamente e l’approccio inizia a esser diffuso, “ma – ha sottolineato David E. Cummings, membro della direzione scientifica della consensus conference e docente alla Divisione di metabolismo endocrinologia e nutrizione dell’University of Washington School of Medicine – sino ad oggi non esisteva una regolazione metodologica e scientifica di questi approcci. Il nostro meeting, cui hanno partecipato chirurghi, endocrinologi, specialisti del diabete, ha definito sulla base di una metodologia multidisciplinare l’approccio da seguire per avviare la sperimentazione mondiale della chirurgia del diabete e per trattare sulla base delle attuali conoscenze i pazienti che hanno le caratteristiche che li rendono suscettibili di tale approccio”.

Il consenso raggiunto dai ricercatori è incentrato sul fatto che il tratto gastro-intestinale ha un ruolo specifico, basato su propri meccanismi, nel diabete di tipo 2, indipendentemente dalla riduzione di peso o dalla modifica di assunzione di cibo, che pure hanno un impatto sulla patologia diabetica. Diverse le spiegazioni possibili, che si concentrano sugli effetti del contatto dei nutrienti nel tratto basso dell’intestino, oppure nel duodeno oppure ancora, specificamente nello stomaco. A ciascuna di queste ipotesi corrispondono metodiche chirurgiche diverse, attualmente in fase di sperimentazione, ma che comunque hanno prodotto la remissione del diabete di tipo 2.

“Siamo di fronte a un modo rivoluzionario di concepire la chirurgia – ha detto Philip R. Schauer, direttore del Centro di chirurgia laparoscopica e bariatrica della Cleveland Clinic – tradizionalmente il chirurgo interviene in un luogo specifico del corpo del paziente dove risiede la malattia. Nel caso del diabete siamo di fronte a una condizione clinica che coinvolge l’intero organismo senza che però esista uno specifico luogo della patologia identificabile. Ciò che facciamo è intervenire nel tratto gastrointestinale ottenendo un impatto positivo sugli ormoni gastrointestinali coinvolti nella regolazione del glucosio: di fatto induciamo cambiamenti anatomici che producono risposte fisiologiche efficaci per il controllo e la risoluzione del diabete di tipo 2. Ed è un modo radicalmente diverso di usare la chirurgia”.

Il Gastric Bypass e la diversione biliopancreatica, specifiche tecniche di chirurgia bariatrica, cioè la chirurgia gastrointestinale per il trattamento dell’obesità, sono capaci di indurre una remissione prolungata del diabete di tipo 2, in oltre l’80-90% dei casi, e le casistiche cliniche documentano remissioni stabili anche oltre i dieci anni. I dati oggi disponibili inducono interessanti aspettative, anche perché il diabete di tipo 2 non si può guarire farmacologicamente, ma solo controllare; la scienza però impone cautela e la necessaria definizione di metodi appropriati per sperimentare tecniche, indicare requisiti organizzativo-struttturali e definire l’identikit del paziente ideale anche non obeso, che può avvantaggiarsi di questo tipo di intervento sperimentale.

Le linee guida della chirurgia del diabete oggi definite e di prossima pubblicazione, sono frutto del lavoro dei massimi esperti al mondo della materia riunitisi a Roma per la consensus conference internazionale dedicata alla “Chirurgia gastrointestinale per il trattamento del diabete di tipo 2”. Ospitata dell’Università Cattolica-Policlinico Agostino Gemelli e co-organizzata da prestigiose società scientifiche internazionali – tra cui l’American Diabetes Association, l’American Society for Bariatric Surgery, l’European Association for the Study of Diabetes – e della Società Italiana di Diabetologia.

“Questo incontro – ha spiegato il prof. Marco Castagneto, Direttore del Dipartimento di Scienze Chirurgiche dell’Università Cattolica – Policlinico Gemelli e presidente del summit – è stato improntato a una marcata multidisciplinarietà: il gotha della chirurgia mondiale di questa sperimentale branca specialistica affiancato da insigni diebetologi ed esperti di metabolismo è giunto a sviluppare linee guida cliniche e per la ricerca nell’ambito della chirurgia gastrointestinale per il diabete di tipo 2, mettendo a confronto esperienze cliniche e ipotesi esplicative dell’effetto antidiabetico di questo tipo di chirurgia”.

La durata media dell’intervento è di circa due ore, richiede circa tre giorni di degenza e tre settimane di convalescenza prima di poter tornare alla vita di tutti i giorni. Ma occorre che tale intervento venga effettuato in centri di alta specializzazione, dotati di un elevato know-how in termini di chirurgia gastrointestinale e con un team multidisciplinare che includa oltre al chirurgo l’endocrinologo, il cardiologo, il dietista, lo psicologo, per preparare il paziente sia all’intervento sia alla gestione del decorso.

La sperimentazione quindi può iniziare in centri così attrezzati. In Italia al Gemelli, dove sono già quattro i pazienti trattati chirurgicamente per il diabete di tipo 2 – il prof. Castagneto ha presentato e discusso questi casi nel corso del meeting- la sperimentazione è in partenza.

Sono 280 milioni nel mondo le persone affette da diabete, come riporta la risoluzione delle Nazioni Unite dedicata a questa patologia, numeri che inducono l’Organizzazione Mondiale della Sanità a parlare di emergenza epidemica. Così come nel resto del mondo anche in Italia il diabete di tipo 2 è in continua crescita a causa dell’aumento dell’obesità e della sedentarietà. Inizialmente è asintomatico, per cui la prevalenza è stimata intorno al 3-4%, mentre indagini mirate forniscono percentuali sensibilmente più elevate, del 6-11%. Numerose le complicanze: coronariche e cerebrovascolari sono la prima causa di morte per il diabetico (il rischio di malattie cardiovascolari è da 2 a 4 volte più alto in persone diabetiche che nel resto della popolazione). La retinopatia e il piede diabetico sono rispettivamente la prima causa di cecità legale in età lavorativa e di amputazione. La nefropatia diabetica è al terzo posto di tutte le cause di dialisi e trapianto. L’ipotesi del trattamento chirurgico del diabete di tipo 2 pertanto ha importanti valenze di sanità pubblica.

La storia della chirurgia del diabete nasce da osservazioni della pratica clinica, quale esito inatteso degli interventi chirurgici della obesità patologica: oltre alla riduzione di peso si è registrato un netto miglioramento della iperglicemia, talvolta risultando in una vera e propria remissione, cioè in valori di glicemia normale senza bisogno che il paziente assumesse farmaci di alcun tipo, compresa l’insulina.

La conferenza ha definito le regole scientifiche e di sicurezza per la pratica clinica di un approccio chirurgico del diabete di tipo 2, ma anche di discuterne la valenza come modello sperimentale. Infatti, dalla conoscenza del meccanismo d’azione di questi interventi chirurgici si potrebbe risalire al contributo del tratto gastrointestinale nella patofisiologia del diabete e, da qui, scoprire nuovi target per farmaci antidiabetici.

 

 

da Salute Europa

2 aprile 2007