Diabete sconfitto dal bisturi in primi italiani “magri” con tipo 2

Sconfiggere il diabete di tipo 2 grazie al bisturi e a una tecnica di chirurgia dell’obesità, impiegata per la prima volta in Italia con successo per trattare anche diabetici ‘magri’. La buona notizia arriva dal primo studio pilota al mondo, presentato oggi a Milano e realizzato nel nostro Paese su 20 persone, presso l’Azienda ospedaliera universitaria San Martino di Genova da Nicola Scopinaro, ordinario di Chirurgia generale dell’Università di Genova e ‘padre’ dell’intervento di diversione bilio-pancreatica. Con l’operazione, infatti, viene limitato l’assorbimento quotidiano dei grassi: le cellule tornano a usare il glucosio come fonte energetica e si ripristina la normale sensibilità all’insulina.

“I risultati raggiunti ci portano a un ottimismo cauto, ma franco – spiega Scopinaro, recentemente premiato negli Usa con l’Honorary Fellow dall’American College of Surgeons, una sorta di ‘Nobel dei clinici’ ottenuto finora da altri tre medici italiani, fra cui l’oncologo Umberto Veronesi – La chirurgia rappresenta il primo strumento concreto per guarire i pazienti affetti da diabete di tipo 2. Sia quelli con semplice sovrappeso o obesità lieve, che sono la stragrande maggioranza, sia quelli con obesità grave. E i primi sono spesso più gravi e più a rischio – precisa il chirurgo – quindi quelli cui dovrebbe essere data la precedenza per l’intervento, specie se giovani, per evitare una vita di dipendenza dall’insulina e di complicanze anche molto gravi”. Tra aprile e settembre 2007, 12 pazienti con diabete di tipo 2, “‘magri’, cioè in semplice sovrappeso, sono stati sottoposti all’intervento di diversione bilio-pancreatica. Oggi nessuno fa più uso di farmaci né è a dieta, e questo fin dall’uscita dall’ospedale”, dice il chirurgo. Dei 10 giunti al primo controllo, uno-due mesi dopo l’intervento la glicemia era normale in tre casi e al di sotto dei livelli di rischio in altri quattro. Mentre a quattro mesi tutti i sei casi sottoposti a controllo sono risultati al di sotto del livello di rischio.

In base ai risultati del lavoro, emerge che “i pazienti non fortemente obesi sono più gravi, quindi da sottoporre con maggiore urgenza all’intervento, rispetto ai diabetici con forte obesità”, aggiunge Scopinaro. Non solo: l’operazione riporta il colesterolo e i trigliceridi a valori normali rispettivamente nel 100% e nel 98% dei casi, e guarisce l’ipertensione nell’80% dei casi. Questi risultati sono stati controllati sino a oltre 20 anni dopo l’intervento in pazienti obesi.

Ma quanti sono i diabetici nel nostro Paese? Su 2,4 milioni di italiani con il tipo 2 (diabete dell’adulto), 5/6 (circa 2 milioni di pazienti) sono in sovrappeso o obesità lieve, il resto (circa 400.000 persone) si colloca nella fascia degli obesi gravi. La procedura chirurgica messa a punto da Scopinaro per la cura del diabete è proprio uno degli interventi più diffusi per vincere l’obesità. Il meccanismo è semplice: con la diversione bilio-pancreatica viene limitato l’assorbimento dei grassi a circa 40 grammi al giorno, così da ottenere una forte riduzione o addirittura la scomparsa dei lipidi che infiltrano la cellula muscolare. Così questa è obbligata a tornare al glucosio come fonte energetica. Risultato: “la risoluzione del diabete”, assicura il medico.

Dal punto di vista tecnico, l’intervento consiste in una resezione della parte terminale dello stomaco, con ricostruzione della continuità intestinale attraverso la cosiddetta ‘ansa a Y’. Si creano così due vie: una, collegata allo stomaco e percorsa dagli alimenti, e l’altra, che fa seguito al duodeno e conduce la secrezione bilio-pancreatica al punto di incontro con gli alimenti, a breve distanza dal colon. Questo provoca una limitazione della digestione e quindi dell’assorbimento dei grassi e dei farinacei. In particolare, con l’operazione si riduce l’assorbimento di calorie a 1.700 al giorno per gli uomini e 1.400 per le donne.
Ai pazienti sarà necessaria solo un’integrazione vitaminica quotidiana e, in alcuni casi, anche supplementi di ferro e calcio. Per il resto si può mangiare normalmente, e non si rischia di finire sottopeso, conclude Scopinaro.

 

(Adnkronos Salute)

14 novembre 2007

 

Pubblichiamo di seguito anche una nota diffusa dal Prof. Riccardo Vigneri, presidente Diabete Italia e per la Societa’ italiana di diabetologia e l’Associazione medici diabetologi:

“Il bisturi non elimina l’insulina”.

  A sostenerlo e’ il professor Riccardo Vigneri, presidente Diabete Italia e per la Societa’ italiana di diabetologia e l’Associazione medici diabetologi, in un nota, dopo la diffusione di notizie stampa secondo le quali con il “bisturi” si potrebbe eliminare l’insulina per diabetici.
  “La riduzione del peso e specie dell’obesita’ addominale – continua Vigneri nel comunicato -, comunque ottenuta, migliora e a volte fa scomparire il diabete dovuto alla grave obesita’.
  Il ruolo della chirurgia bariatrica nella cura dell’obesita’ e quindi del diabete tipo 2, sua principale conseguenza metabolica, e’ noto da anni e ben documentato in letteratura.
  Da questo a dire che il bisturi elimina l’insulina’ ce ne corre”.

  Secondo il professor Vigneri notizie come questa, “sparate con enfasi nei titoli dei giornali, sono fuorvianti e pericolose. Generano false speranze soprattutto in chi, colpito dalla malattia, viene illuso che la chirurgia abbia finalmente trovato la soluzione ai suoi problemi. Pensiamo, per esempio, ai genitori dei bambini costretti ogni anno a oltre 1.000 iniezioni di insulina e oltre 2.000 punture per misurare la glicemia: per loro purtroppo l’insulina e’ un
presidio terapeutico che, ancora oggi, non puo’ essere eliminato.
Ma pensiamo anche a tutti i soggetti di eta’ medio-avanzata, anche in soprappeso, e con
un diabete che non risponde piu’ alle ‘pillole’.
Anche per loro l’insulina e’ un farmaco indispensabile per evitare gravi complicanze”.
  Vigneri, infine invita “colleghi medici e gli amici giornalisti” a “prestare maggiore attenzione al peso delle parole che usano quando danno notizie di medicina o di novita’ scientifiche”.

(AGI)

15 novembre