Diabete: dopo le vacanze estive è necessaria una visita specialistica

Oggi nei paesi industrializzati una morte su dieci è collegabile al diabete ed entro il 2010 un decesso su otto sarà da imputare a questa patologia, una situazione presente nella maggior parte delle nazioni europee più avanzate, Italia compresa.

Se puntare sulla prevenzione appare fondamentale, per quanto riguarda i pazienti a far paura è il mancato controllo della glicemia e le “drug holidays” che frequentemente le persone con diabete di tipo 2 si concedono proprio in estate, dimenticando le norme alimentari e l’attività fisica consigliata dal medico, oltre a sottovalutare l’importanza di una regolare aderenza al trattamento farmacologico. A dirlo sono gli esperti presenti a Roma per partecipare all’EASD, il congresso europeo di diabetologia.

“Nel periodo delle vacanze estive, molti pazienti non riescono a seguire con regolarità le prescrizioni mediche , e questo, insieme allo stress da rientro con le sue ricadute sul sistema neurovegetativo può portare a ripercussioni anche sul controllo del diabete – ha affermato questa mattina a Roma il prof. Gabriele Perriello, Responsabile Centro Nutrizione Clinica, Sezione di Medicina Interna e Scienze Endocrine e Metaboliche, Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Perugia.
Al ritorno dalle vacanze occorre quindi rivalutare i parametri che permettono di monitorare lo stato della malattia quali glicemia ed emoglobina glicata, per rimettere a punto l’alimentazione e la terapia farmacologica, soprattutto per i diabetici di tipo 2 che in Italia sono il 95% dei pazienti.

“Una visita approfondita – ha aggiunto Perriello – consente di valutare la situazione e personalizzare al meglio la terapia, qualora si rendano necessari i farmaci. L’obiettivo è il trattamento “su misura” che permette di controllare al meglio lo stato glicemico.
Certo è che il diabete, malattia cronica per eccellenza, va monitorata nel tempo e trattata con farmaci che debbono essere assunti per tutta la vita. Per questo è essenziale che siano sicuri, che non producano effetti collaterali pericolosi per la salute del paziente, e che siano ben tollerati.
“La disponibilità di nuove classi di farmaci ipoglicemizzanti, con diversi meccanismi d’azione – ha proseguito Perriello – consente di personalizzare la terapia a seconda delle caratteristiche fenotipiche del paziente diabetico. Ciò rende la terapia ipoglicemizzante più efficace, ma al tempo stesso più sicura con minore possibilità di effetti collaterali”.

“In questo senso – ha affermato il prof. Agostino Consoli, Ordinario di Endocrinologia all’ Università degli Studi di Chieti – appare di grande interesse l’impiego di un farmaco come il rosiglitazone. Studi importanti hanno dimostrato che il farmaco è in grado di prevenire il diabete di tipo 2 in soggetti con intolleranza ai carboidrati e che è capace, in monoterapia, di assicurare, in diabetici di nuova diagnosi, un buon livello di controllo per un tempo più lungo rispetto ad altri trattamenti somministrabili per via orale. Inoltre, evidenze in vitro ed in modelli animali suggeriscono che il farmaco potrebbe avere effetti anti-infiammatori potenzialmente utili per prevenire o ritardare l’aterosclerosi legata al diabete. Per questo motivo rosiglitazone è un principio attivo che occupa un posto di primo piano nell’algoritmo terapeutico del diabete di tipo 2 e presenta un profilo di sicurezza soddisfacente, specie per quel che riguarda il rischio cardiovascolare.

A dimostrazione ci sono le ultime evidenze sperimentali – gli studi Accord, Advance, il Vadt e altri ancora – dove appare chiaro che rosiglitazone è un farmaco sicuro dal punto di vista cardiovascolare e che ad esso non può essere imputato un aumentato rischio di infarto del miocardio o di malattia vascolare. Esistono al contrario tutte le premesse perché il farmaco possa avere effetti protettivo verso lo sviluppo di eventi cardiovascolari, almeno in selezionati gruppi di pazienti, ma per poter affermare questo bisogna aspettare l’esito definitivo di altri trial di intervento disegnati a questo scopo”.

Certo i controlli medici e gli esami di laboratorio eseguiti periodicamente ed i farmaci prescritti per il controllo della glicemia rappresentano una spesa non indifferente per qualsiasi sistema sanitario. Il diabete di tipo 2 è una malattia frequente, che colpisce circa il 5-6% della popolazione italiana. Ipotizzando una spesa complessiva per visite, esami, materiale diagnostico e farmaci tra 1000 e 1500 euro annui pro-capite, i costi diretti per la cura del diabete in Italia ammontano, ogni anno, a circa 3 miliardi e mezzo di euro.

“La cifra può sembrare elevata – ha messo in evidenza il prof. Edoardo Mannucci, Servizio di Diabetologia, Ospedale di Careggi di Firenze – tanto che molte Regioni hanno messo in atto vari programmi volti alla riduzione della spesa. Occorre però ricordare che spendere per curare il diabete significa investire nella salute della popolazione, evitando costi assai maggiori per la cura delle complicanze negli anni successivi. Anche sul piano della politica sanitaria, quindi, il buon controllo della glicemia nelle persone con il diabete dovrebbe essere considerato un obiettivo prioritario”.

 

da Salute Europa