Diabete di tipo 1. Zampa (Sott. Salute): “Destinare parte dei 2mld per le tecnologie ad acquisto microinfusori e sensori”

Più cultura sul diabete di tipo 1, affinché gli venga restituita la giusta specificità. Perché ha cause, evoluzione, cura e problematiche profondamente diverse dal diabete di tipo 2 e da questo va ben distinto. Servono quindi Centri ad hoc con specialisti selezionati, distinti da quelli per il diabete di tipo 2, connessi alla pediatria e con criteri di accreditamento ben definiti. Serve una continuatività assistenziale che risolva il problema della transizione del bambino dalle pediatrie ai centri per la cura dell’adulto. Occorrono strategie per gestire tra i banchi di scuola la patologia di bambini e ragazzi (circa 20 mila bambini-giovani ogni 100mila nati l’anno e circa 300 mila persone affette da diabete di tipo 1). E dare ai genitori la possibilità di usufruire, sempre, della legge104 per poterli supportare.

Ma soprattutto, nonostante una legge, la 115/87, e il Piano nazionale diabete, bisogna recuperare delle lacune normative facendo sintesi tra i tanti protocolli esistenti, spesso rimasti lettera morta, e arrivare attraverso un’azione congiunta Salute e Miur, ad una prassi nazionale che dia omogeneità di presa in carico su tutto il territorio. Una normativa che stabilisca per questa malattia, una volta per tutte, chi fa cosa.

Sono queste in estrema sintesi le istanze di pazienti, famiglie e clinici emersi nel corso del Convegno dal titolo “Diabete infantile, una patologia lunga tutta una vita. Tra sensibilizzazione e necessità legislative”, fortemente voluto dalla senatrice Paola Boldrini, capogruppo del Pd in commissione Sanità al quale hanno partecipato il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa, il deputato del Pd Paolo Siani, l’ordinario di endocrinologia all’Università di Perugia Geremia Bolli e la nuotatrice brindisina Monica Priore, testimonial dell’evento, prima diabetica in Europa ad aver compiuto la traversata dello Stretto di Messina nel 2007 e del Golfo di Napoli nel 2010, da anni impegnata in campagne di sensibilizzazione in favore dei piccoli pazienti nei reparti di pediatria.

Obiettivo dell’incontro – organizzato ieri in Senato in occasione della Giornata Mondiale del Diabete – fotografare lo stato dell’arte del diabete di tipo 1, le sue difficoltà e  raccogliere le istanze di chi vive in prima linea la malattia per convertirle in un progetto legislativo che dia riposte definitive alle esigenze dei bambini, delle famiglie e dei professionisti.

“Come testimonia l’atleta Monica Priore – spiega Paola Boldrini – i bambini diabetici possono avere una vita normale, andare a scuola, fare sport. Ma gran parte del peso dell’assistenza ora ricade sulle famiglie e non sono garantiti stessi livelli di cure su tutto il territorio nazionale. Il diabete di tipo 1 è diverso da quello di tipo 2 che colpisce gli adulti. Occorre aggiornare la legge sul diabete, datata 1987, pensare alla piena inclusione scolastica dove l’insulina è ora spesso dispensata dai genitori, affiancare uno psicologo al team che segue i bambini e a reparti specifici per seguire i piccoli pazienti una volta diventati adulti. Il ricorso alla legge 104 per i genitori – ha concluso – deve diventare più semplice e rinnovato automaticamente. Sono queste le suggestioni che vengono da questo incontro e sulle quali lavoreremo”.

Un messaggio, quello di Paola Boldrini, accolto dal sottosegretario al Ministero alla Salute, Sandra Zampa: “I dati ci dicono che la malattia peggiora da un punto di vista quantitativo e in un contesto di cronicità che diventa sempre più complesso da gestire – ha affermato il sottosegretario – serve quindi una programmazione di lungo periodo. Nuove tecnologie offriranno, sempre di più, delle soluzioni per una gestione appropriata della patologia. Considerando che su questo fronte, il ministro della Salute Roberto Speranza ha ottenuto in Manovra 2 miliardi di fondi destinati al rinnovo tecnologie, possiamo pensare di destinare una parte di questi fondi per l’acquisto dei microinfusori e dei sensori portando, il tema in Conferenza Stato Regioni vista la competenza regionale in materia di sanità”

Quella dei malati di diabete di tipo 1, e dei loro genitori, è una strada decisamente in salita.
Devono imparare a gestire bene l’insulina, pratica non facile né per il diabetologo né per il paziente, misurare la glicemia 8-10 volte al giorno pungendo il polpastrello del dito e monitorare il glucosio cutaneo (operazione oggi resa più facile da sensori che consentono di integrare le informazioni diverse dal sangue e dal liquido interstiziale). E ancora, calcolare quanto si mangia in termini di carboidrati e pensare all’attività fisica. Calcolare la dose di insulina da iniettarsi o con le iniezioni 6-8 volte al giorno, o con il microinfusore. Un processo, questo, ha spiegato Bolli “che chiede educazione, allenamento e molta esperienza, un lavoro di tutti i giorni, di tutta la vita, che richiede attenzione e dedizione da parte di un paziente diventato esperto, un esperto che non si distrae”.

Per questo la testimonial Monica Priore ha sollecitato la politica a individuare “interventi a supporto della famiglia, partendo dalla possibilità, per i genitori, di usufruire della legge 104”. Senza trascurare “l’inserimento nei team medici della figura dello psicologo e di percorsi di formazione del personale scolastico per la somministrazione dei farmaci agli alunni”.  Anche per evitare, come ha rimarcato Priore, stigmatizzazioni, esclusioni, mancato senso della sicurezza. Sentimenti che penalizzano la crescita dei più piccoli, “che devono invece sapere che nella vita potranno realizzarsi, come ho fatto io attraverso lo sport”.

Puntare sulla dotazione tecnologica, microinfusori e sensori, concependole come non come “una semplice spesa, ma come un investimento sociale e umano, che alla distanza porterà risparmi anche al Ssn”, è stato l’appello del deputato Paolo Siani, intervenuto nella doppia veste di parlamentare e pediatra.

A mettere in luce le differenze regionali indicando la necessità di una più moderna organizzazione assistenziale per il diabete tipo 1 è Geremia Bolli, che assiste da sempre Monica Priore. “L’assistenza al diabete tipo 1 oggi è a macchia di leopardo – ha detto – ci sono nella stessa Regione centri di eccellenza, accanto a centri che non offrono un sufficiente livello di qualità assistenziale. Una nuova organizzazione assistenziale dovrebbe ripartire dal Piano nazionale per il diabete che già prevede che il diabete tipo 1 sia curato solo presso alcuni centri che rispondano a caratteristiche specifiche. Questo giusto proposito dovrebbe oggi diventare norma, regola, legge. Un Centro per la cura del diabete tipo 1 dovrebbe avere una parte pediatrica, e una parte dedicata all’adulto e all’anziano, dato il costante aumento della durata di vita anche delle persone con diabete tipo 1. Le persone con diabete tipo 1 dovrebbero accedere ad un centro che si occupa solo di tipo 1, senza mix con diabete tipo 2 – ha aggiunto – dovrebbe avere un diabetologo, un nutrizionista, un educatore, un infermiere di diabetologia che lavora solo in diabetologia, che non viene spostata dalla Asl o ospedale da un reparto all’altro, garantendo formazione professionale e continuità. E anche uno psicologo, un mediatore culturale per situazioni particolari”.

La denuncia delle associazioni di pazienti.
Un ruolo importante viene poi svolto dalle associazioni di malati e delle famiglie che hanno evidenziato nel corso del dibattito le molte criticità presenti e soprattutto lo stallo normativo.
“Nel 2013 – ha spiegato Raffaella Sommacal Consigliere nazionale di Agd Italia, il Coordinamento tra le Associazioni Italiane Giovani con Diabete – abbiamo stilato con il Ministero della Salute e il Miur un “Documento strategico per l’inserimento del bambino, adolescente e giovane con diabete in contesti scolastici, educativi, formativi” finalizzato alla stesura di linee guida nazionali per il corretto inserimento a scuola dei bambini con diabete. Ma ad oggi il Documento è ancora fermo al Miur e la gestione a scuola del diabete (controllo glicemia, somministrazione insulina e somministrazione glucagone), continua a rappresentare il grande ostacolo che la famiglia deve  quotidianamente affrontare. E così troppo spesso dobbiamo parlare di discriminazione in ambito scolastico”.

E ancora, ha aggiunto: “Tra la fine del 2018 e i primi mesi 2019, hanno perso la vita 3 bambini per mancata diagnosi di diabete ed errato trattamento di chetoacidosi diabetica. Questo è inaccettabile. È evidente la necessità di un protocollo condiviso a livello nazionale che garantisca l’applicazione delle linee guida della Siedp per la gestione della chetoacidosi diabetica nei reparti di Pediatria ma soprattutto nei Pronto Soccorso Ospedalieri. Altresì è necessario rafforzare i programmi di aggiornamento professionale obbligatori dei pediatri di libera scelta con sessioni periodiche dedicate al diabete in età evolutiva”.

Ester Maragò

 

da Quotidiano Sanità