Diabete, cellule in scatola per curarlo

Sperimentato sugli animali. Entro tre anni test sull’uomo. E le classifiche dicono che in Italia la malattia si cura bene

Per la cura definitiva del diabete l’obiettivo rimane il trapianto di cellule produttrici di insulina o di isole pancreatiche, ma nell’attesa si affacciano nuove soluizioni che ptorebbero rendere decsamente più facile la vita dei malati: una sola iniezione settimanale di farmaco per controllare il livello di zucchero nel sanghue (glicemia) e una «scatola» biocompatibile di 4 centimetri contenente cellule che producono insulina. La scatolina, unita a un sistema di rilascio localizzato di farmaci immunosoppressori, viene impiantata nel pancreas e sostituisce le cellule produttrici di insulina distrutte dalla malattia. È un progetto, ancora in sperimentazione su modelli animali, ma nel giro di tre anni potrebbe essere testata su pazienti, ha spiegato oggi lo scienziato italiano Camillo Ricordi, dal 1985 in Usa, oggi presso il centro di ricerca sul diabete dell’Università di Miami.

AUMENTO DEI CASI – Le novità arrivano in coincidenza del congresso europeo di diabetologia, in corso a Roma, dal quale , però, escono dati preoccupanti: la malattia cresce fra i giovani, ed è proprio quello nella forma che rende bambini e giovanissimi schiavi di iniezioni quotidiane di insulina a causa della distruzione delle cellule che la producono. Si stima che il numero dei malati raddoppierà entro il 2025, ovvero 29 mila nuovi casi, praticamente il doppio dei 15 mila attuali.

UNA SOLA INIEZIONE A SETTIMANA – Altra buona notizia arriva da uno studio di un gruppo di ricercatori statunitensi e canadesi, pubblicato sulla rivista The Lancet, secondo il quale un nuovo trattamento per il diabete di tipo due, potrebbe rendere più facile la vita ai malati. Il farmaco utilizzato nei test è una vecchia conoscenza: si tratta dell’exenatide, una molecola che oggi i pazienti assumono due volte al giorno e che mima l’attività di un ormone normalmente prodotto dall’organismo per controllare i livelli di glucosio nel sangue. I ricercatori, guidati da Daniel Drucker dell’ospedale Monte Sinai di Toronto, ne hanno sperimentato una nuova formulazione, che deve essere somministrata solo una volta alla settimana. Il nuovo trattamento è più efficace e sicuro di quello oggi disponibile: causa meno effetti collaterali per quanto riguarda stomaco e intestino e ha consentito di controllare i livelli di glucosio nel 77% dei pazienti trattati, obiettivo raggiunto solo nel 61% dei diabetici sottoposti al vecchio trattamento.

IN ITALIA BUONE CURE – Una classifica europea la piazza quarta, indietro solo rispetto a Irlanda, Olanda e Francia, nella cura del diabete. Quasi la metà dei pazienti, circa tre milioni, tiene sotto controllo la propria malattia, solo il 58% dei malati ha emoglobina glicata sopra la norma. Solo in Irlanda, col 68% dei pazienti sotto controllo, Olanda, col 52%, Francia, col 50%, la situazione è migliore che da noi in Europa.
Fanalini di coda sono Danimarca e Belgio, dove solo il 36% e 31% rispettivamente hanno valori buoni di emoglobina glicata.
Ancora più confortante per il nostro paese sembrerebbe il confronto con gli Usa, dove dal 20 al 40% dei diabetici ha valori sopra la norma.

 

da Corriere.it
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