2° Convegno Internazionale JDRF Day, Milano 13 ottobre 2007

Quasi 4 bambini italiani al giorno si ammalano di diabete 1, 20 mila sono già insulinodipendenti.
Per impedirlo la ricerca italiana è in prima linea, ma con le armi spuntate, finora.

Se ne è discusso al 2° JDRF (Juvenile Diabetes Research Foundation) Day al San Raffaele di Milano. I più grandi nomi della diabetologia nazionale e internazionale a confronto, di fronte ai pazienti, nel nome della ricerca perchè, nonostante la mancanza di fondi, l’Italia è presente al top delle eccelenze di diabetologia di tutta Europa.
Annunciata per l’occasione la prossima apertura al San Raffaele del Centro di ricerca DRI (Diabetes Research Institute)

“Con i suoi ricercatori e i suoi centri di eccellenza la ricerca italiana sul diabete ha un potonziale che non è secondo a nessuno e svolgerà un ruolo di primaria importanza nel prossimo futuro. E’ un peccato continuare a verificare i disagi e le limitazioni dei ricercatori italiani, che se avessero accesso a livelli di finanziamenti e supporto simili a quello che abbiamo noi a disposizione negli USA, potrebbero contribuire in modo ancora più efficace al nostro obiettivo comune di realizzare una cura definitiva e debellare il diabete”.

Lo sostiene Camillo Ricordi, Direttore del DRI di Miami, al San Raffaele di Milano per il JDRF DAY, giornata di riferimento per fare il punto sulla ricerca italiana in tema di diabete.
Con lui, di fronte a moltissimi pazienti venuti da tutta italia, nomi illustri, della diabetologia nazionale ed internazionale: Guido Pozza, Giuseppe Chiumello, Riccardo Vigneri, Emanuele Bosi, solo per citarne alcuni.

In una recente classifica dei migliori centri di diabetologia in Europa stilata in base agli impact factor figurano ben 4 centri italiani fra i primi 10. Un risultato a cui nessun altro paese si avvicina.
“Ma il livello di cura in Italia è mediamente alto in tutti i 600 centri diabetologici sparsi sul territorio nazionale” afferma Riccardo Vigneri, Presidente SID, Società Italiana di Diabetologia.
” Un’eccellenza che però l’Italia rischia di perdere per la carenza di risorse”.
Secondo un’indagine pubblicata su Nature nel 2004 i Paesi europei, nel loro insieme, hanno potuto contare come fondi per la ricerca su 20 milioni di euro contro l’oltre un miliardo di dollari dei colleghi americani.

E con pochi investimenti in ricerca, soprattutto nel nostro paese – 0,7% del PIL rispetto al 3% medio del resto d’Europa – i bambini continuano ad ammalarsi a ritmi sempre più da capogiro. Sono oltre 1200 i nuovi casi di diabete di tipo 1 ogni anno, nella fascia d’età 0-14 anni, e oltre 20 mila tra bambini e ragazzi, costretti, per tutta la vita, a trattamenti quotidiani a base di insulina per tenere sotto controllo il livello di glucosio nel sangue.

“Il diabete è ormai una pandemia di proporzioni mondiali – dichiara Aurora Ketmaier, Presidente JDRF Italia – che colpisce almeno 180 milioni di pesone nel mondo ed è responsabile, sempre su scala mondiale, di almeno un decesso su 20. Ma la JDRF che da anni si occupa di raccogliere fondi per la ricerca crede fortemente che per il diabete, come diciamo anche oggi qui da questo convegno, “esiste una soluzione e insieme la troveremo“.

L’appuntamento di quest’anno è speciale perchè al’linterno del 2007, proclamato Anno del bambino con il diabete e nel contesto dell’Ospedale San Raffaele – nella top ten europea dei centri di eccellenza per la ricerca diabetologica grazie anche ai fondi della JDRF – si avvarrà a breve del DRI (Diabetes Research Institute) il dipartimento che dal prossimo anno si propone di attivare nuove sperimentazioni.

Come descritto dai diversi relatori, nonostante la “cura” del diabete sia ancora lontana sono molte le direzioni in cui la ricerca si sta muovendo. E molta speranza è riposta nel trapianto di isole pancreatiche, “Riguardo al trapianto – illustra Ricordi – le nuove strategie correntemente in fase di studio sono centrate sulla tolleranza immunitaria per evitare la necessità di farmaci antirigetto, sullo sviluppo di farmaci che non inibiscano la proliferazione delle cellule iniettate, sul perezionamento di nanocapsule per proteggere le isole trapiantate, e sullo sviluppo di fonti alternative di cellule produttrici di insulina, tra cui le staminali embrionali. L’efficacia dei trapianti di isole pancreatiche in pazienti con le forme più gravi di diabete, ha, infatti, evidenziato alcuni limiti” spiega Ricordi.
“La necessità di un trattamento prolungato dei riceventi con farmaci antirigetto impone impone serie restrizioni a questa strategia, sia per gli effetti collaterali di tali farmaci e sia per il loro effetto anti-replicativo, che risulta in un progressivo declino negli anni del numero delle cellule insulino secernenti inizialmente trapiantate. Dopo un trapianto di isole, si osserva una percentuale sempre maggiore di pazienti che devono nuovamente utilizzare insulina, proprio perchè la massa delle cellule trapiantate, non potendo rigenerare, a poco a poco diventa insufficiente. Nonostante ciò, la maggioranza dei pazienti continua a beneficiare degli effetti delle cellule produttrici di insulina iniettate, a oltre 5 anni dal trapianto”.