Vildagliptin

Il popolo dei diabetici può inserire fra le ottime notizie l’avvento, anche in Italia, di una terapia orale basata su un nuovo principio attivo chiamato “vildagliptin”, che agisce sulla glicemia solo quando serve, e oltretutto difende la funzionalità del pancreas. Con oltre 150 milioni di persone colpite nel mondo, 3 milioni in Italia, di cui 240 mila nel Lazio, 130 mila nella sola provincia di Roma, il diabete di tipo 2 è considerato una vera e propria epidemia, ben lontana dall’essere tenuta sotto controllo, che colpisce anche i più giovani, addirittura adolescenti e bambini.

Il numero dei casi è in costante aumento e se si tiene conto del fatto che 1 persona su 2 non sa di esserlo, si comprende meglio la natura insidiosa di questa vera e propria epidemia, che porta con sé una serie di complicanze importanti, tra cui malattie cardiovascolari, amputazioni, cecità. Per prevenire la malattia la parola d’ordine è cambiare stile di vita, ma quando il diabete fa il suo esordio il ricorso ai farmaci diventa indispensabile.

Le terapie tradizionali riducono efficacemente la glicemia e la controllano per un periodo limitato di tempo, ma non arrestano il naturale processo di peggioramento della malattia. Spiega il professor Giovanni Ghirlanda del Policlinico Gemelli di Roma: «Spesso definita malattia cronica, il diabete provoca un aumento della glicemia (livello di zuccheri nel sangue), è in realtà una malattia progressiva. Oltre la metà dei pazienti, infatti, nonostante la terapia, non riesce a raggiungere livelli glicemici corretti. Non è in grado cioè di controllare la quantità di zuccheri presenti nel sangue e, di conseguenza, è necessario assuma altri farmaci». I nuovi principi attivi, che arrivano finalmente anche in Italia, funzionano selettivamente: in presenza di concentrazioni elevate di glucosio, ripristinano in modo naturale la corretta secrezione d’insulina. Si tratta di molecole che, garantendo il controllo della glicemia, evitano pericolose crisi ipoglicemiche.

Con quale meccanismo? Aumentano la concentrazione del GLP 1, un ormone che nel diabetico di tipo 2 è carente, e favoriscono così l’abbassamento dei livelli di glicemia. A lungo termine potrebbero anche essere in grado di aumentare il numero e la funzionalità delle cellule beta pancreatiche, addette alla produzione di insulina. E, altro importante vantaggio, non determinano l’aumento di peso che i tradizionali farmaci antidiabetici procurano. Né determinano mai un abbassamento eccessivo degli zuccheri nel sangue come può accadere con l’insulina o con altri ipoglicemizzanti orali.

 

 

Da Il Messaggero.it