Una maggiore durata del diabete 2 riduce la probabilità di raggiungere gli obiettivi glicemici

Le persone che soffrono di diabete da più tempo hanno minori probabilità di raggiungere gli obiettivi glicemici consigliati e sviluppano più complicanze macro e microvascolari, secondo i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Diabetes and Its Complications.

In un’analisi di oltre 5.000 pazienti coinvolti nello studio Diabetes Mellitus Status in Canada (DM-SCAN), i ricercatori hanno scoperto che solo il 13% delle persone con diabete di tipo 2 raggiungeva i livelli target di emoglobina glicata (HbA1c), pressione sanguigna e colesterolo LDL, rivelando la necessità di concentrarsi sul miglioramento delle cure per tutti i pazienti diabetici.

«Indipendentemente dalla durata del diabete, il raggiungimento contemporaneo degli obiettivi glicemici e di livelli corretti di pressione sanguigna e colesterolo LDL è risultata subottimale» hanno scritto l’autore senior Andrew Yan, della divisione di cardiologia presso il St. Michael’s Hospital e professore associato di medicina all’Università di Toronto e colleghi. «Si evidenzia quindi un’importante opportunità per migliorare il trattamento e gli esiti dei pazienti con diabete, indipendentemente dalla durata della malattia».

I ricercatori hanno raccolto i dati da DM-SCAN, uno studio trasversale retrospettivo su persone con diabete di tipo 2 gestite a livello di cure primarie. Tra settembre e dicembre 2012 sono stati raccolti i dati da 479 medici di base in Canada su obiettivi di HbA1c, livelli di pressione arteriosa e colesterolo LDL, durata del diabete di tipo 2, malattie preesistenti e trattamenti macrovascolari e microvascolari. Sono poi stati confrontati gli obiettivi e la gestione di 3.462 pazienti con diabete con durata fino a 10 anni con quelli di 1.647 soggetti diabetici da oltre 10 anni.

Obiettivi di HbA1c più elevati con durata del diabete più lunga
I pazienti con una durata del diabete superiore a 10 anni avevano un tasso più elevato di preesistente malattia coronarica (30,6% vs 18,2%, p<0,001), malattia arteriosa periferica (12,4% vs 5,5%, p<0,001) e ictus (9,4% vs 3,7%, p<0,001) rispetto a quelli con diabete fino a 10 anni. Gli adulti con una durata del diabete più lunga avevano anche un’incidenza più elevata di retinopatia (15,3% vs 5,2%, p<0,001), neuropatia (18,7% vs 8,3%, p<0,001) e nefropatia (26,3% vs 9,7%, p<0,001).

Una minore durata dal diabete comportava una maggiore probabilità di ricevere obiettivi di HbA1c inferiori al 7%, mentre nei soggetti con una durata del diabete più lunga era più probabile che l’obiettivo di HbA1c fosse compreso tra il 7,1% e l’8,5%. I primi avevano maggiori probabilità di raggiungere livelli di HbA1c del 7% o inferiore (55% vs 39%, p<0,001) e di ricevere la prescrizione di una terapia dietetica come unico trattamento per gestire la malattia, mentre una più lunga la durata del diabete era associata a una maggiore probabilità di assumere due o più farmaci ipoglicemizzanti e di essere in terapia insulinica.

Pochi raggiungono tutti gli obiettivi
Una maggiore durata del diabete comportava una maggiore probabilità di dover assumere due o più farmaci antipertensivi, ma la durata della malattia non era significativamente associata al raggiungimento degli obiettivi pressori. I pazienti con una durata del diabete più lunga avevano maggiori probabilità di assumere uno o due farmaci ipolipemizzanti rispetto a quelli malattia di minor durata (74,7% vs 70%, p<0,001) e avevano livelli di colesterolo LDL più bassi (1,8 rispetto a 2 mmol/l, p<0,001). In entrambi i gruppi solo il 13% dei partecipanti aveva raggiunto gli obiettivi glicemici, pressori e di colesterolo.

«È emerso che i medici di famiglia gestivano più frequentemente i loro pazienti con diabete di lunga durata in modo farmacologicamente più aggressivo per via dei loro fattori di rischio cardiovascolare e avevano maggiori probabilità di indirizzarli a una consulenza sullo stile di vita», hanno concluso i ricercatori. «I pazienti con una maggiore durata del diabete avevano maggiori probabilità di ricevere e di raggiungere obiettivi glicemici tra il 7,1% e l’8,5%, ma necessitavano di fare un uso maggiore di farmaci ipoglicemizzanti e ipolipemizzanti. Anche se queste differenze possono riflettere la fragilità del paziente, le comorbidità e il rischio di ipoglicemia, le ragioni precise restano ancora da chiarire».

Bibliografia
Lo S et al. Cardiovascular risk factor management in patients with diabetes: Does management differ with disease duration? Journal of Diabetes and its Complications, 2021, 107997, ISSN 1056-8727. Link

 

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