Una dieta per il diabete? Facile a dirsi…

In ogni epoca l’alimentazione ha rappresentato il cardine della terapia del diabete di tipo 2, cioè della forma non insulino-dipendente del diabete mellito. Purtroppo però, si sono succedute raccomandazioni e “imposizioni” dietetiche contraddittorie che hanno sconvolto non solo le abitudini dei pazienti ma anche la loro fiducia nella evoluzione delle acquisizioni scientifiche.

I consigli dietetici rivolti ai diabetici sono passati da diete poverissime di carboidrati a diete sempre più permissive e più simili a quelle dei coetanei non diabetici ma con una serie di precisazioni finalizzate a prevenire o ridimensionare i fattori di rischio individuali e quindi le complicanze della malattia diabetica.

Al riguardo ho trovato interessante il Simposio che l’Associazione Europea per lo studio del Diabete (EASD) ha dedicato recentemente a Salerno, proprio alla revisione critica e all’aggiornamento delle linee Guida nutrizionali per i diabetici.

Potrei sintetizzare il tutto con la frase di un relatore: “Today there is no one diabetic diet”; infatti dal punto di vista scientifico non esiste più una specifica dieta per il diabete ma una serie di raccomandazioni (in primo luogo un sano dimagrimento per tutti coloro che sono nella fascia del sovrappeso o peggio dell’obesità) e una strategia individuale per il controllo dei fattori di rischio: glicemia, colesterolo, trigliceridi, pressione arteriosa, sedentarietà, ecc.

Le raccomandazioni proposte dalle varie Società scientifiche che si occupano di diabete, di metabolismo o di cardiovasculopatie, differiscono relativamente poco, almeno per quanto riguarda la ripartizione percentuale del totale calorico fra carboidrati (40-65%), grassi (25-35%) e proteine (10-20%).

Il gruppo di studio “Diabete e Nutrizione” dell’EASD ha riaffermato il principio che le diete troppo povere di carboidrati sono inutili o pericolose per i diabetici; viceversa è stato raccomandato un più attento controllo della quantità e qualità dei grassi. Non è un retorico omaggio alla madre patria della dieta mediterranea e ai suoi prodotti ma un dato di fatto.

La composizione naturale del nostro olio extra-vergine di oliva ricalca, con buona approssimazione, la distribuzione oggi ritenuta ottimale fra grassi monoinsaturi (il predominante acido oleico) e un limitato apporto di acidi grassi polinsaturi e saturi (tipici ma non esclusivi del mondo animale).

Il consenso è stato unanime per quanto riguarda un maggior consumo di fibre ed in particolare di fibra solubile: la frazione in grado di rallentare la velocità di assorbimento dei carboidrati e quindi di limitare quel rialzo glicemico post-prandiale che si avrebbe se non facessimo seguire alla razione di spaghetti anche un’abbondante razione di verdure (i carciofi in particolare forniscono molta fibra solubile).

Infine, tutti d’accordo non solo sui vantaggi della fibra ma anche sulla preferenza che i diabetici dovrebbero accordare ai legumi e alla pasta, piuttosto che al pane o alle patate, in base al diverso indice glicemico. Ma di questo torneremo a parlare: l’argomento merita approfondimenti non solo per i diabetici ma anche per gli obesi portatori di insulinoresistenza.

 

 

Tratto dal supplemento “Salute” de La Repubblica” del 20.07.2006