Tutte le amarezze della vita “troppo dolce”

Più insicuri e preoccupati rispetto ai coetanei sani; meno soddisfatti della propria salute, di se stessi e della vita in generale. Così chi soffre di diabete di tipo 2 si descrive in un’indagine dell’Istituto di Ricerca Eurisko.

Nell’ambito di Sinottica (ricerca che segue circa 10mila persone sul territorio nazionale), i ricercatori hanno confrontato le risposte di un campione sano rappresentativo della popolazione italiana con quelle di un campione di circa 600 diabetici della stessa età.

Il diabete, rivela l’indagine, viene vissuto come una malattia che influenza pesantemente il proprio benessere. Sotto i 50 anni si dichiara poco o per nulla soddisfatto della propria salute quasi un diabetico su due (il 48% contro il 34% di chi è sano). E la tendenza rimane anche nelle età successive.
Un diabetico su 3 vive con l’ansia del domani: sotto il 50 anni si preoccupa soprattutto della propria salute; poi prevale la preoccupazione per il futuro dei familiari in relazione alla propria salute.
E di fronte alle difficoltà i diabetici si scoraggiano molto di più rispetto ai coetanei (il 34% rispetto al 27% di persone sane).

“La malattia ha un forte impatto sulla vita quotidiana” dice una delle autrici dell’indagine, la psicologa Isa Cecchini, responsabile del dipartimento Salute di Eurisko. “I diabetici fanno molta fatica ad assumere uno stile di vita diverso e a seguire la dieta prescritta dal medico: vivono come una punizione il dover rinunciare al cibo, che costituisce una gratificazione importante anche dal punto di vista psicologico”.

Chi soffre di diabete avverte disagio anche per i frequenti controlli medici: lo segnala il 72% di chi ha meno di 50 anni (rispetto al 38% della popolazione di confronto), ma la forbice si mantiene alta anche nelle età successive. Il diabetico va più spesso dal medico di base (92% contro l’83% dei non diabetici sotto i 50 anni), in farmacia (72% rispetto al 66%), in ambulatori specialistici (41% contro 27%). In media viene ricoverato per cure il 14% dei diabetici sotto i 50 anni rispetto all’8% di chi non ha questa malattia.

“Oltre al disagio di essere malati, i diabetici si sentono vincolati dai continui controlli della glicemia e della dieta. Ma avvertono anche la difficoltà di costruire una reale relazione coi medici – sottolinea Cecchini -. Abbiamo notato che i pazienti seguiti nei centri antidiabete sono più capaci di controllarsi e adottare uno stile di vita sano. E sono più felici. Quando non esiste quest’alleanza terapeutica tra medico e paziente, il diabetico si sente abbandonato a se stesso”.

“Che i diabetici seguiti nei Centri con team dedicato abbiano un miglior controllo della malattia lo confermano anche gli studi scientifici – commenta Agostino Consoli, ordinario di Endocrinologia all’Università di Chieti -. E il nostro Paese ha circa 600 centri diabetologici sparsi sul territorio”.

Dall’indagine dell’Eurisko emerge inoltre che i diabetici sottovalutano l’impatto positivo sulla malattia della regolare attività fisica: praticano meno movimento rispetto alle persone sane (solo il 13% dei diabetici con meno di 50 anni fa attività fisica regolare, contro il 19% del campione di confronto).

“Il diabetico spesso immagina che debba andare in palestra ogni giorno” sottolinea Cecchini. “L’attività fisica non deve essere eccessiva o stressante, ma continua per aiutare a migliorare il controllo metabolico – chiarisce Consoli -. Vale più camminare mezz’ora ogni giorno che giocare a tennis per tre ore consecutive solo la domenica”.

 

di Maria Giovanna Faiella
Tratto da Corriere della Sera del 12-11-2006.

29 novembre 2006