Studio italiano, il Morbo di Alzheimer è una specie diabete

L’Alzheimer è una specie di diabete. è la conclusione di uno studio di biologi e biofisici del Cnr e dell’Università di Palermo, condotto sui meccanismi che legano la malattia alla riduzione di insulina, con l’obiettivo di individuare nuovi farmaci mirati. La ricerca è pubblicata su Aging Cell.

«Uno studio statunitense – spiega Daniela Giacomazza, dell’Ibf-Cnr – aveva evidenziato come pazienti con valori elevati di glicemia avessero una probabilità dell’85% di ammalarsi di Alzheimer, allungando così l’elenco delle patologie associate al diabete, che già include disturbi cardiaci, renali, visivi e neurologici. In seguito è stato osservato che i pazienti con Alzheimer presentavano una riduzione di insulina (ormone responsabile dell’assorbimento del glucosio a livello cellulare) tanto che si sarebbe potuto definire tale morbo un “diabete di tipo III”».

Da qui l’idea di indagare su eventuali meccanismi molecolari comuni alle due patologie. «Alla base dell’insorgenza dell’Alzheimer – prosegue Marta Di Carlo, dell’Ibim-Cnr – vi è un’eccessiva produzione della proteina A-beta nelle cellule cerebrali, che andando ad accumularsi negli spazi intercellulari forma vere e proprie placche che sono una delle principali cause della progressiva degenerazione cellulare».

Lo studio mostra che la somministrazione di insulina, in un sistema in vitro, rende reversibili tali effetti. «Dopo essersi legata al suo recettore sulla membrana dei neuroni, l’insulina provoca una serie di reazioni biochimiche che hanno come molecola chiave Akt, una proteina in grado di attivare una cascata di eventi, tra cui la sua traslocazione dal citoplasma al mitocondrio, che annullano l’effetto degenerativo di A-beta – afferma l’esperta – In pratica, dopo il trattamento con l’insulina, i neuroni danneggiati sono capaci di riprendere la loro morfologia e ripristinare le funzioni compromesse».

Questo apre la possibilità di individuare nuovi farmaci che, «agendo in maniera mirata su Akt o sulle molecole da essa attivate, possono essere utilizzati nella prevenzione e terapia dell’Alzheimer», conclude.

 

 

da LaStampa.it Salute