Staminali: Ricordi, cellule ‘medicinali’ alleate nella lotta al diabete

Cellule ‘bambine’ alleate nella lotta al diabete. “La promessa terapeutica delle cellule staminali contro il diabete di tipo 1 e di tipo 2 si poggia sull’attività immunomodulante e antinfiammatoria di queste cellule: recentemente è stato pubblicato uno studio che dimostra come l’infusione prima del trapianto d’organo dimezza le terapie anti-rigetto. Da questo parte l’utilità di queste cellule contro il diabete”.

A tratteggiare il futuro prossimo della ricerca contro la malattia a cui ha dedicato il lavoro di una vita è lo scienziato italiano Camillo Ricordi, docente all’Università di Miami, Florida, dove dirige il celebre Diabetes Research Institute (Dri) e la divisione del Centro Trapianti, che oggi è impegnato in incontro all’Università di Tor Vergata, promosso da Fondazione Sigma-tau.
“Ebbene, nel diabete l’idea è quella di procedere con un’infusione di staminali mesenchimali prima del trapianto di isole pancretiche. Obiettivo, ridurre l’infiammazione e il pericolo di rigetto delle isole e moltiplicare l’efficacia del trattamento”, spiega Ricordi.
“Il ‘papà’ delle staminali mesenchimali non a caso aveva chiamate queste cellule ‘medicinali’: si è scoperto che hanno l’abilità di individuare il sito di una lesione e colonizzarlo. Abbiamo potuto tracciare il cammino di queste cellule con dei marker fluorescenti, e abbiamo visto che in effetti si dirigono dritte nel sito di una lesione. Essendo cellule adulte, inoltre, non comportano i rischi di quelle embrionali, ma sono in grado di adattarsi e differenziarsi a seconda della lesione che incontrano, un ictus, un infarto, ma anche una ferita”, dice Ricordi, che con la sua ‘Cure Alliance’ – l’alleanza di ricercatori, medici e personalità dell’industria che punta a sviluppare rapidamente delle cure contro le malattie incurabili – ha messo in rete numerosi gruppi di scienziati attivi in tutto il mondo. Queste capacità speciali delle cellule mesenchimali adulte hanno attirato l’interesse di ricercatori di tutto il mondo, “sono in corso studi in Europa, in Asia e negli Usa”, dice il diabetologo.
“Ma attenzione a promettere cure per ogni malattia. La ricerca è iniziata, i trial si moltiplicano nel mondo, ma non è detto che queste cellule ‘medicinali’ possano diventare una cura contro ogni patologia. Nel caso del diabete – precisa – siamo convinti che possano essere utili, ma non risolutive”. “Grazie al potere antinfiammatorio e immunomodulante – dice – possono diventare delle preziose alleate della terapia farmacologica o del trapianto di isole pancreatiche”.

Lo scienziato con il ‘pallino’ di curare il diabete è ottimista. “Sono convinto che fra 5-7 anni avremo la cura per il diabete. Ma i tempi tecnici necessari alla ricerca potrebbero allungarsi terribilmente, se le agenzie regolatorie del farmaco pretenderanno di trattare le cellule come se fossero medicine”, conclude.

 

(Adnkronos Salute)