Se il destino mi ha dato questa malattia, se la vita mi ha insegnato un mestiere

ll settembre che ho appena vissuto credo lo ricorderó.
Domani il Libre mi ‘lascerá’ e finché non lo avrò di nuovo, tra qualche settimana, so che mi sentiró più insicura e piú sola. 
Del Libre abbiamo detto tutto. Voglio solo riassumere la mia esperienza.
Primi due giorni: TRANQUILLITÁ. Di potermi misurare come dove e quando voglio.
Prima settimana: LIBERTÀ DALLA PAURA. Chi mi conosce sa che sono terrorizzata dalle ipo. Il libre mi ha dato la possibilità di prevenirle e di non andare in panico. Risultato: 5 ipo in quasi quattro settimane, solo fino a 60, contro le 5 a settimana senza libre.
Seconda settimana: SISTEMAZIONE DELLA TERAPIA. I rapporti del libre e l’analisi delle curve mi ha permesso di capire molte cose e sistemare di conseguenza la terapia. Il mio corpo é strano, o forse normale, solo che non lo sapevo così bene, non ne avevo avuto la prova.. Dall’una del mattino alle 14 ha un fabbisogno di insulina di due volte e mezzo superiore rispetto a quello che ha dalle 14 a mezzanotte. É un fatto. Basta adattarsi e adattare i rapporti di conseguenza.
Terza settimana: MIGLIORAMENTO . Valori medi passati da 170 a 148 (ancora alti, ma decisamente migliorati), con una glicata diminuita di conseguenza.

Poi nella quarta settimana vado a Boario per un corso intensivo di conta dei cho e di alimentazione organizzato alla perfezione dall‘Associazione Diabetici della Provincia di Milano. Nulla a confronto con quello che avevo imparato dalla dietologa dell’ospedale, letto sui libri e su internet. Mi si apre un nuovo mondo grazie alla preparazione, alla chiarezza, alla disponibilitá e all’umanità della dottoressa Donata Richini e del suo team dell’Associazione Diabetici Camuno Sebina. Prima fra tutte Patrizia Richini, un’infermiera che da vent’anni insegna ai diabetici la conta e la terapia, una signora nei suoi sessanta che é uguale a mia nonna Anita, morta dieci anni fa per le complicanze di un diabete di tipo 2 che non é mai riuscita a gestire.

Capisco che si, spesso il db é incontrollabile e odioso, ma che con la conoscenza e la volontà, con l’empowerment di me stessa posso gestirlo, posso viverci, posso non abbandonarmi a lui come aveva fatto nonna Anita.
E capisco anche che quello che ho attaccato al braccio, il Libre, é una Ferrari di cui non sapevo staccare bene la frizione e inizio a guidarlo, forte di quello che ho imparato da Donata e Patrizia, non più in strada, ma in pista, a 300 all’ora. E allora si che le curve iniziano a non salire sopra i 150 e a non scendere sotto gli 80, mai, per tutto il giorno, tutti i giorni.
Chi mi ha parlato del Libre prima che venisse proposto ai diabetologi? Il prof. Bosi del San Raffaele al convegno organizzato da Portale Diabete. Me lo ero scritto a caratteri cubitali nei miei appunti da secchiona, lo avevo chiesto al mio Diabetologo e lui me l’ha dato.
Chi aveva postato su Portale del corso di cho? Daniela. 
Un grazie basta perché chi lo legge sa che é grosso come tutta Milano. 

Dopo il counting-weekend torno su Portale, leggo della cameriera di m…, leggo di malati che si nascondono, leggo di un associazionismo che fa cose meravigliose, ogni giorno, che migliora la vita di migliaia di malati, come ha fatto con me, ma che é diviso e per questo troppo debole, leggo di medici che sbagliano diagnosi, nel 2014, nel profondo nord. 
In questi anni, pochi, col db e da quando sono su Portale l’ho capito che della malattia del millennio non sa un cazzo nessuno, che nel 2030 saremo 600 milioni di diabetici su questa terra e che nessuno Sa Distinguere tra tipo 1 e tipo 2, anche gli stessi diabetici e parenti di diabetici vivono nell’ignoranza degli strumenti che hanno a disposizione per gestire la malattia. 
E lo so che il 90% dei soldi spesi per il diabete in Italia é per la gestione della patologia e delle complicanze, mentre dovrebbe essere investito nella prevenzione del tipo 2 e nella ricerca della cura per il tipo 1.
E cresce in me una consapevolezza, la convinzione che la mia vita voglio dedicarla a questo, a usare quello che so fare meglio, cioé comunicare, perché la gente sappia cosa é il diabete, perché i diabetici smettano di nascondersi e prendano coscienza degli strumenti che hanno per gestire la nostra malattia, ma che soprattutto quel 90% di risorse inizi ad andare verso la prevenzione del tipo 2 e la ricerca per la cura del tipo 1. 

Se il destino mi ha dato questa malattia, se la vita mi ha insegnato un mestiere, allora vuol dire che il mio perché di stare al mondo é provare a lavorare per dare un futuro più semplice a me stessa e a chi é nella mia condizione. 
Almeno provarci. Non so nemmeno da dove cominciare, ma la strada la troverò.
Questo sono: diabetica.
Questo so fare: comunicare.
Le due cose possono andare insieme.

Intanto questo primo ottobre é per me il primo giorno di un nuovo percorso, il primo passo su una strada che non avevo visto.
Se non ci fosse stato Portale Diabete, se non ci foste stati voi, quella strada non l’avrei vista o forse l’avrei vista troppo tardi.

 

 

di Francesca Ulivi