Rinunciare ai carboidrati può diventare pericoloso

Meglio fare subito una chiara precisazione.
ATTENZIONE: rinunciare ai carboidrati per i diabetici di tipo 1 è pericoloso, comporta un forte rischio di chetoacidosi con conseguenze che possono diventare nefaste.
Diffidate da “professionisti” che vi suggeriscono regimi alimentari di questo tipo. E verificate sempre i loro titoli.
Per i diabetici di tipo 1 è decisamente sconsigliato qualunque regime alimentare carente di carboidrati (indicazioni da linee guida AMD-SID per la cura del diabete mellito e Position Paper di Fondazione ADI* sulla dieta chetogenica).
E adesso partiamo con qualche spiegazione:
Solo un’alimentazione varia e bilanciata nei suoi componenti ci fornisce tutti i nutrienti di cui il nostro organismo ha bisogno per funzionare al meglio.
Come dimostrano innumerevoli seri studi scientifici.
Ma quando un’alimentazione è completa e bilanciata?
Quando contiene adeguate quantità di macronutrienti (carboidrati, proteine e lipidi) e micronutrienti (minerali e vitamine).
E di acqua, una sostanza indispensabile, preziosa e insostituibile.
I carboidrati (componenti principali di CEREALI, FRUTTA, TUBERI, LEGUMI e VERDURA e presenti anche in alcuni latticini) rappresentano dal 45 al 60% di un’alimentazione sana e bilanciata e apportano importanti quantitativi di vitamine, minerali e fibra.
Grazie alla digestione vengono trasformati in glucosio, la nostra primaria fonte di energia.
In assenza di glucosio l’organismo è costretto a procurarsi energia dagli altri macronutrienti: proteine e grassi.
Le diete a basso o bassissimo contenuto di carboidrati, con conseguente alto contenuto proteico e/o lipidico, sono nate per la gestione di alcune patologie, ma vengono spesso (a mio avviso troppo spesso) proposte a persone sane perché di solito provocano una perdita di peso più rapida nella prima/seconda settimana.
Diversi studi hanno però dimostrato che di norma la perdita di peso, nel medio termine, si allinea a quella ottenuta con una alimentazione bilanciata moderatamente ipocalorica, comprensiva di tutti i macro e micronutrienti (v. alimentazione Mediterranea).
Un’altra conferma sul valore dei carboidrati nella nostra alimentazione arriva da un importante studio pubblicato su Lancet nel 2018, che ha preso in esame la mortalità in relazione alla percentuale di carboidrati consumati nella dieta.
Si tratta di uno studio che ha rilevato i dati di migliaia di persone per molti anni.
I risultati hanno evidenziato chiaramente che la mortalità più bassa coincide con un consumo di carboidrati pari a circa il 55% delle calorie consumate quotidianamente.
La mortalità più elevata era presente nei gruppi che consumavano quantità di carboidrati eccessivamente basse (sotto il 40%) e eccessivamente alte (sopra il 70%).
EFFETTI COLLATERALI DELLA CARENZA DI CARBOIDRATI:
– Elevato rischio di chetoacidosi nei diabetici di tipo 1, come detto sopra e come vale sempre la pena ripetere. L’organismo, in assenza di glucosio, utilizza principalmente i grassi come fonte energetica, trasformandoli in composti assimilabili dal cervello, i corpi chetonici, che aumentano l’acidità del sangue e portano ad uno stato di chetosi nei normoglicemici, che troppo facilmente può trasformarsi in chetoacidosi diabetica nei diabetici di tipo 1.
– Buona parte del peso perso rapidamente nelle fasi iniziali deriva dall’utilizzo dei depositi di glicogeno (riserva di glucosio presente in fegato e muscoli), al quale è legata molta acqua, che viene quindi eliminata. L’organismo utilizza il glicogeno nel tentativo di ricavare il glucosio che non viene più introdotto con l’alimentazione tramite i carboidrati.
– È un regime alimentare che spesso comporta disidratazione (altro motivo della perdita di peso), perché gli scarti del metabolismo proteico vengono eliminati con le urine. Un aumentato consumo di proteine comporta quindi un aumento della diuresi (si producono e eliminano maggiori quantitativi di urina), che andrebbe compensato con un aumento dell’assunzione quotidiana di acqua. Ma questo spesso non avviene e l’organismo si disidrata (fornendo l’illusione che si stia perdendo solo grasso, mentre si tratta in buona parte di acqua).
– Vista la carenza di carboidrati (fonte primaria di energia), una buona parte delle proteine introdotte viene usata a scopo energetico, e ne restano meno di quante ne servirebbero per i loro compiti primari: costituzione di muscoli, organi, sangue, sistema immunitario e molto molto altro. A meno che non se ne consumino quantitativi particolarmente elevati, aumentando notevolmente il lavoro di smaltimento a carico di fegato e reni.
– Gli scarti dell’eccesso di proteine e la trasformazione dei grassi in corpi chetonici aumentano il carico acido presente nel sangue. Il corpo non tollera modifiche del pH sanguigno, ed è programmato per riequilibrare tempestivamente un pH fisiologico. Per compensare l’eccesso di acidità preleva dalle proprie risorse interne minerali con “effetto tampone”, in particolare il calcio presente nelle ossa.
Questo può comportare demineralizzazione ossea che nel tempo può contribuire alla comparsa di osteoporosi.
– Importanti carenze di vitamine, minerali e fibra, derivanti dalla quasi totale assenza di frutta, verdura e cereali. Uno dei sintomi più frequenti della carenza di fibra (ancora di più se associata alla disidratazione di cui sopra) è la stitichezza. Possono poi presentarsi altri sintomi collegati al tipo di vitamine e minerali dei quali si è più carenti. Se proprio si decide di adottare un regime alimentare di questo tipo (no D1T!) è raccomandabile non fare di testa propria e che si tratti un breve periodo, nel quale è necessario farsi seguire da un esperto di nutrizione (dietista, medico nutrizionista, biologo nutrizionista), che prescriva adeguate e indispensabili integrazioni nutrizionali.
In caso contrario il corpo uscirà impoverito dallo sforzo a cui è stato sottoposto, con qualche chilo in meno e parecchie carenze a cui rimediare.
– Spesso questi regimi sono estremamente ipocalorici. Questo, se da una parte contribuisce alla perdita iniziale di peso, dall’altra provoca, non di rado, un rallentamento del metabolismo: un organismo sottonutrito si adatta a trattenere il più possibile del poco che gli viene fornito. Per questo motivo, una volta ritornati a uno stile alimentare regolare e bilanciato , di norma si recupera abbastanza rapidamente il peso perso. Talvolta una parte, spesso tutto e a volte di più.
In conclusione: affamare il corpo deprivandolo dei nutrienti di cui ha necessità porta conseguenze sulla nostra salute psicofisica che si manifestano nel breve, medio e lungo termine.
Ad oggi, il metodo che si è dimostrato più efficace per sostenere il benessere del nostro organismo e perdere peso (se necessario) è quello di intervenire a 360° sullo stile di vita migliorando la qualità della propria alimentazione e iniziando a praticare movimento, di qualunque tipo, meglio ancora se qualcosa di piacevole che ci invogli a ripeterlo nella nostra quotidianità.
Naturalmente la quantità di studi su questi argomenti è enorme. Una ricerca nelle banche dati scientifiche offrirà anche un ampio campionario di studi che riportano una serie di vantaggi derivanti da questi regimi alimentari.
Io ho selezionato quelli che ne spiegano chiaramente anche gli effetti collaterali.
Gli studi, a mio avviso, più affidabili indicano sempre per quali patologie può essere utile applicare un regime tanto rigido, spiegano che si tratta di un tipo di alimentazione che non può essere protratta nel tempo (con una successiva reintroduzione graduale dei carboidrati), che deve essere necessariamente seguita sotto la guida di un professionista sanitario competente che provveda anche a prescrivere una lista di integratori necessari a sopperire alle carenze derivanti da questo tipo di alimentazione.
E segnalano tra le CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE IL DIABETE DI TIPO 1.
Dr Carolina Squarcio
Dietista
Bibliografia e sitografia:
− PUNTO SU : Le Diete Iperproteiche preparato da Anna Tagliabue (coll. Giulia Cairella e Pasquale Strazzullo
− La sindrome della falsa speranza con le diete a basso contenuto di carboidrati
A cura di Riccardo Dalle Grave
− Proteine-mania: la nuova ossessione dietetica
− High-Protein Diet Could Be Harmful, Even for Healthy Kidneys
– Dietary carbohydrate intake and mortality: a prospective cohort study and meta-analysis
– Defining a Healthy Diet: Evidence for the Role of Contemporary Dietary Patterns in Health and Disease
– Fondazione *ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica): Position Paper – La dieta chetogenica
– Standard italiani per la cura del diabete mellito – 2018 – AMD SID