Pressione bassa: rischio d’ictus per i diabetici

La via seguita finora era quella di abbassare la pressione sanguigna in pazienti affetti da diabete di tipo 2 con patologie cardiache o cardiovascolari. Lo si fa in genere per prevenire eventuali ictus o attacchi di cuore. Tuttavia, un nuovo studio afferma che questa pratica, invece, aumenta il rischio proprio degli eventi che si voleva prevenire.

Sono i ricercatori dell’Università della Florida che invitano alla cautela nel voler abbassare a tutti i costi la pressione arteriosa nei pazienti con diabete e malattie coronariche.
Secondo la dr.ssa Rhonda Cooper-DeHoff – professore in Farmacia e Medicina presso l’Università della Florida – la pressione sistolica dei pazienti affetti da diabete e malattie coronariche dovrebbe essere portata almeno a 120, tenendo conto che i livelli tra i 130 e i 140 pare siano quelli più salutari.
I dati acquisti, fanno notare i ricercatori, suggeriscono che come la pressione troppo alta è pericolosa, in questi casi anche quella troppo bassa lo è.

Si ritiene che quasi due adulti su tre affetti da diabete abbiano una pressione sanguigna alta. La pressione arteriosa “normale”, come definito dalla American Heart Association, è inferiore a 120 per quella sistolica e a 89 per la diastolica. La pressione arteriosa superiore a 140 è sempre associata a un aumento di quasi il 50% di rischio cardiovascolare nei pazienti con diabete. Ma gli sforzi per ridurre la pressione arteriosa sistolica al di sotto del 130 non sembrano offrire alcun ulteriore vantaggio per i diabetici con malattia coronarica rispetto alla riduzione della pressione arteriosa sistolica compresa tra 130 e meno di 140.
I dati in possesso della dr.ssa Cooper-DeHoff mostrano che un gruppo di pazienti ha avuto un analogo aumento del rischio quando la loro pressione sanguigna sistolica è stata controllata per essere inferiore a 115 – sempre secondo le linee della American Heart Association.

I medici hanno sempre seguito le linee guida riguardo la pressione arteriosa, ritenendo ovviamente che una tendenza verso il basso fosse la scelta migliore per il paziente, sottolinea la dr.ssa Cooper-DeHoff. Solo che lo studio International Verapamil SR-Trandolapril – noto anche con il nome di INVEST – che suggerisce l’intervallo considerato normale per gli americani sani, può in realtà essere rischioso per quelli con una diagnosi combinata di diabete e malattia coronarica. «I nostri dati suggeriscono che nei pazienti con diabete e malattia coronarica, vi è una soglia per la pressione sanguigna al di sotto della quale aumenta il rischio cardiovascolare», aggiunge la ricercatrice.
I risultati di questo studio sono stati presentati direttamente dalla ricercatrice al congresso annuale del American College of Cardiology – scientific session – che si è tenuto il 14 marzo ad Atlanta (Usa).

 

(lm&sdp)

da LaStampa.it Benessere