Neuropatia diabetica: il position statement dell’American Diabetes Association

E’ il primo aggiornamento che arriva, a distanza di oltre dieci anni, per la gestione di una delle complicanze più frequenti e misconosciute del diabete: la neuropatia. E a colmare questo gap ha provveduto l’American Diabetes Association (ADA) con un position paper appena pubblicato su Diabetes Care.

I motivi di questo ritardo nell’aggiornamento delle linee guida sull’argomento sono molti. Primo tra tutti il fatto che molti dei farmaci, vagliati dagli studi clinici come possibili trattamenti per questa condizione, sono stati drasticamente bocciati. Ma c’è chi invoca la definizione di nuovi obiettivi terapeutici da valorizzare nella valutazione di una nuova possibile terapia, come nuove misure del danno neuropatico e degli indici di riparazione, asserendo che gli endpoint utilizzati finora non sono adeguati. Basti pensare che il test attualmente utilizzato in clinica per esplorare la presenza di neuropatia diabetica, il test del monofilamento, consente di individuare solo le forme già avanzate di questa complicanza.Una diagnosi spesso elusiva dunque quella di neuropatia che andrebbe formulata in fase iniziale. Il problema tra l’altro è che solo in 1 paziente su 5 la neuropatia si manifesta con dolore. Nella maggior parte dei casi è assolutamente silente e dà segno di sé quando il paziente ha già sviluppato un’ulcera a livello dei piedi.

Il position statement dell’ADA, che rappresenta l’aggiornamento dell’edizione 2004, esplora una serie di argomenti inerenti alla neuropatia diabetica: dalla prevenzione, alla gestione della polineuropatia simmetrica distale, alla neuropatia autonomica, dalle forme cardiovascolari a quelle meno comuni.

Due sono i punti fermi e ampiamente sottolineati dal position statement. Il primo è che nelle forme dolorose della neuropatia diabetica, il ricorso agli oppiodi deve essere considerato l’ultima spiaggia e non terapia di prima scelta. Il secondo è che nella maggior parte dei casi non è necessario ricorrere a test diagnostici sofisticati (es. studi elettrofisiologici) per fare diagnosi.
Fondamentale secondo gli autori è diagnosticare in fase precoce questa condizione, monitorarla con attenzione e gestirla in modo adeguato. Altrettanto importante è la prevenzione, che viaggia sui binari di un corretto stile di vita e del raggiungimento di un adeguato compenso metabolico.

Una valutazione della polineuropatia diabetica secondo il position paper dell’ADA andrebbe fatta al momento della diagnosi di diabete di tipo 2, a distanza di 5 anni dalla diagnosi di diabete di tipo 1, nei soggetti con prediabete o con sintomi da neuropatia periferica. La rivalutazione andrebbe quindi ripetuta ogni anno e dovrebbe comprende un’attenta anamnesi, i test per esplorare la sensibilità termica e puntoria, oltre a quelli per la sensibilità vibratoria e al test del monofilamento, per valutare il rischio di ulcerazione.

Sul fronte del trattamento delle forme dolorose, i farmaci indicati in prima linea sono pregabalin o duloxetina; come seconda linea vengono consigliati gabapentin e antidepressivi triciclici. Solo a chi non risponde a queste due linee di trattamento andranno riservati gli oppioidi.

Nei soggetti con complicanze microvascolari e neuropatiche secondo gli esperti dell’ADA andrà ricercata la presenza di neuropatia autonomica, a carico degli apparati cardiovascolare, gastrointestinale e urogenitale.

Va detto chiaro che al momento non esistono terapie validate per la neuropatia diabetica.  Tuttavia secondo gli autori del documento alcuni farmaci (es. inibitori della aldoso reduttasi, il nerve growth factor e il C-peptide) sebbene bocciati dai trial clinici (magari perché tra gli endpoint non era stata inclusa la valutazione delle piccole fibre), potrebbero risultare di qualche utilità.

Tra i nuovi strumenti di diagnosi ne spunta uno preso in prestito dagli oculisti: la microscopia corneale confocale, che sembra avere un discreto potere predittivo di neuropatia periferica non solo nei soggetti con diabete conclamato ma anche in quelli con prediabete. Ma nel frattempo è importante continuare ad utilizzare quanto è già a disposizione. E’ ancora presto insomma per mandare in soffitta il test del monofilamento e l’esame neurologico, che mantengono tutta la loro validità clinica e che anzi andrebbero semmai utilizzati più di frequente e con maggior regolarità.

 

di Maria Rita Montebelli

 

 

da Quotidianosanità