Il tè verde abbassa la glicemia?

Un estratto di tè verde può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare il diabete in pazienti con la glicemia al limite

Uno studio sui benefici effetti del tè verde non poteva che arrivare dal Paese del Sol levante: e proprio un ricercatore dell’università di Shizuoka, in Giappone, racconta sull’’European Journal of Clinical Nutrition che un estratto di questa tipica bevanda orientale sarebbe in grado di ridurre l’emoglobina glicata in pazienti con la glicemia elevata.

RIDUZIONE – Il dottor Fukino ha coinvolto 60 volontari con una glicemia borderline, a rischio di sviluppare un vero e proprio diabete; a metà di loro ha dato un placebo, all’altra metà ha somministrato tutti i giorni per due mesi un estratto di tè verde in cui erano presenti 544 milligrammi di polifenoli (456 milligrammi di catechine). Al termine dei due mesi ha «incrociato» i gruppi, così da sottoporre al trattamento anche gli altri partecipanti.

All’inizio dello studio, dopo i primi due mesi e alla fine dei quattro mesi Fukino ha misurato diversi parametri, accorgendosi che il tè verde aveva ridotto l’emoglobina glicata e la pressione dei soggetti trattati. «Fukino aveva già presentato risultati simili nel 2005», ricorda Paolo Cavallo Perin, presidente della Società Italiana di Diabetologia. «Il meccanismo protettivo sarebbe merito delle proprietà antiossidanti dei polifenoli, che aiuterebbero a ridurre la glicemia. Bisogna notare, però, che stando ai risultati appena usciti l’effetto sull’emoglobina glicata è limitato: scende di meno di mezzo punto, da 6.2 a 5.8. Non si butta via niente, certo, però è un risultato inferiore a ciò che si otterrebbe con una dieta adeguata». Sottolinea la scarsa significatività anche Andrea Ghiselli, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, che aggiunge: «Peraltro a guardare bene i dati non sembra che ci sia un controllo dell’alimentazione dei partecipanti: difficile trarre conclusioni solide. La sensazione è che si tratti dello sforzo di “vendere” un proprio prodotto tipico: noi scopriamo sempre nuovi pregi del vino, in Giappone magnificano le doti del tè verde».

SUPPLEMENTI – «Dobbiamo poi tracciare la differenza che c’è fra introdurre gli antiossidanti con l’alimentazione quotidiana o attraverso supplementi», aggiunge Cavallo Perin. «Qualche tempo fa, ad esempio, lo studio su grande scala HOPE dimostrò che la vitamina E a dosaggio farmacologico, assunta perciò come integratore, non riduce gli eventi cardiovascolari. E il problema è proprio questo: i supplementi a base di antiossidanti hanno dato spesso buoni risultati nel ridurre di volta in volta glicemia, pressione, colesterolo, ma hanno finora sempre fallito nel ridurre ciò che davvero ci interessa, ovvero il rischio di andare incontro a eventi cardiovascolari.
Se non riescono in questo, però, gli integratori finiscono per essere solo “cosmetici”: rendono più belli gli esami, ma non guariscono i pazienti né modificano il loro destino».

Diverso è appunto il discorso se è l’alimentazione, sana ed equilibrata, a fornire le giuste dosi di antiossidanti. «In pazienti borderline come quelli studiati dal ricercatore nipponico, ad esempio, dieta e attività fisica prevengono la comparsa del diabete», dice il diabetologo. «Certo, i risultati ottenuti con l’estratto di tè verde non sono disprezzabili e di certo non dobbiamo scoraggiare il consumo di questa bevanda, ma allo stesso modo non avrebbe senso consigliare alla gente di berne in quantità o di assumerne l’estratto per prevenire il diabete», conclude Cavallo Perin.

 

 

di Elena Meli

da Corriere Supplemento Salute