Glossario

AUTOCONTROLLO:

La glicemia, vale a dire la concentrazione di glucosio nel sangue è il valore principale che un paziente diabetico deve controllare. La glicemia si esprime normalmente in mg/dl (milligrammi per decilitro). Per autocontrollo si intende la misurazione della glicemia effettuata in genere dal paziente con appositi strumenti portatili (i lettori o reflettometri). La possibilità di controllare autonomamente in ogni istante, con estrema facilità e con la massima velocità, il livello di glucosio, è considerata il secondo passo più importante nella storia della terapia del diabete, dopo la scoperta dell’insulina. In senso più ampio, autocontrollo indica tutte le azioni e le attenzioni che la persona con il diabete deve avere per mantenere la quantità di glucosio nel sangue nei livelli ottimali. Questo comprende l’attenzione all’alimentazione, l’esercizio fisico, il controllo della glicemia ed eventualmente terapie con farmaci orali (ipoglicemizzanti) o l’assunzione di insulina. Tutti i tipi di diabete si avvantaggiano dell’autocontrollo glicemico. Infatti quale che sia la ‘gravità’ del diabete e il tipo di terapia, il ricorso all’autocontrollo determina sempre un potenziale miglioramento dell’equilibrio glicemico. Diciamo potenziale perché ovviamente, non basta leggere o registrare il dato glicemico (anche se questo può essere utile per il medico).
Occorre anche saperlo interpretare e agire di conseguenza. Misurando la glicemia si potrà scoprire ad esempio l’effetto positivo di una passeggiata o di un esercizio fisico, così come l’effetto magari negativo di un pasto un po’ troppo abbondante. Ovviamente la frequenza ritenuta necessaria dei controlli varia a seconda della terapia: chi fa uso di insulina o certi ipoglicemizzanti orali (i secretagoghi) dovrà effettuare l’autocontrollo glicemico diverse volte nel corso della giornata. Viceversa chi segue il diabete solo cercando di fare scelte corrette nell’alimentazione e nell’esercizio fisico, potrà scegliere un diverso schema di autocontrollo.

 

CARBOIDRATI:

I carboidrati (zuccheri), chiamati anche glucidi o saccaridi, costituiscono la porzione più abbondante tra le classi principali di biomolecole (molecole con funzioni vitali per l’organismo, quali carboidrati, lipidi e proteine) contenute nella dieta e hanno numerose funzioni biologiche (vitali) tra cui quella di riserva energetica e trasporto dell’energia. Le singole unità di carboidrati sono chiamate monosaccaridi.
monosaccaridi possono legarsi tra di loro in moltissimi modi per formare i polisaccaridi o glioligosaccaridi. I carboidrati sono classificati in semplici (monosaccaridi e disaccaridi), quali glucosio (lo zucchero da tavola e quello contenuto in alcune bevande e nei dolci), galattosio (zucchero contenuto nel latte e suoi derivati) e fruttosio (zucchero contenuto nella frutta) ecomplessi (oligosaccaridi e polisaccaridi), un esempio sono gli zuccheri contenuti in alimenti quali pasta e pane. Un grammo di carboidrati, introdotto con l’ingestione degli alimenti, da un apporto energetico di circa 4 kcal. I cibi ricchi di carboidrati vengono classificati in base alla velocità del loro effetto sul livello di glucosio nel sangue (glicemia). I livelli di glicemia sono direttamente proporzionali alla quantità e alla velocità con cui vengono assorbiti i carboidrati da un alimento.
I carboidrati complessi vengono assorbiti più lentamente rispetto ai semplici e ciò permette di avere una fonte energetica per un tempo più lungo e senza un eccessivo aumento della glicemia, al contrario i carboidrati semplici costituiscono una fonte energetica immediata con un innalzamento repentino della glicemia.
Le linee guida per l’alimentazione generalmente consigliano i carboidrati complessi, e solo alcuni cibi ricchi di carboidrati semplici (come la frutta o i latticini) come principale fonte di carboidrati nella dieta.

CORPI CHETONICI:

I corpi chetonici sono tre composti (l’acetone, l’acido acetoacetico e l’acido betaidrossibutirrico) che sono normalmente presenti nel sangue in piccole quantità. In caso di diabete mal controllato con totale assenza di produzione di insulina da parte delle cellule beta pancreatiche (diabete tipo 1), i corpi chetonici aumentano eccessivamente e possono accumularsi (chetosi) nel sangue causando acidosi metabolica (condizione di basso pH fino a valori prossimi a 7,0). In corso di chetoacidosi diabetica sono presenti: livelli molto elevati di iperglicemia (tra i 400 e i 700 mg/dl) e glicosuria (perdita di glucosio con le urine) con notevole disidratazione, dolori addominali, anoressia, vomito, nausea, confusione e danni a livello cerebrale fino ad arrivare al coma (coma diabetico chetoacidosico). Le persone con iperglicemia eccessiva (oltre 800 mg/dl) in presenza di produzione pancreatica di insulina (diabete tipo 2) non vanno solitamente incontro a chetoacidosi, ma a coma diabetico iperosmolare, caratterizzato da glicosuria e cospicua perdita di acqua con le urine con conseguente grave disidratazione e comparsa di stato confusionale fino a coma e, se non trattato, morte.

 

DIABETE MELLITO:

Condizione patologica caratterizzata da iperglicemia cronica con alterazioni del metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine secondarie ad un difetto di secrezione o di attività dell’insulina o più spesso da entrambi. Se non curato con una appropriata terapia è associato a precoce sviluppo di complicanze croniche che coinvolgono principalmente occhi, reni, nervi e vasi sanguigni. Si distinguono diverse forme di Diabete Mellito e le più frequenti sono il tipo 1 e il tipo 2. Il Diabete tipo 1 è causato da una completa assenza di secrezione di insulina dovuta a distruzione delle beta cellule e necessita di terapia insulinica (analoghi dell’insulina: insulina riprodotta in laboratorio e somministrabile tramite puntura sottocutanea) fin dalla diagnosi.
Il Diabete tipo 2 è inizialmente causato da insulino-resistenza e in seguito da progressivo deficit di secrezione insulinica, nella maggior parte dei casi non necessita di terapia insulinica fin dalla diagnosi e può essere trattato nelle fasi iniziali con dieta più attività fisica spesso in associazione con uno o più farmaci che riducono la glicemia a livelli non dannosi per l’organismo.

 

EMOGLOBINA GLICATA O GLICOSILATA:

(HbA1c o A1c): I globuli rossi (eritrociti o emazie), le cellule del sangue che portano l’ossigeno a tutti i distretti del corpo, sono costituiti da una molecola che prende il nome di emoglobina. I globuli rossi vivono in circolo per circa 3-4 mesi e in questo periodo di tempo, l’emoglobina contenuta nei globuli rossi interagisce con il glucosio nel sangue e si forma l’HbA1c. Il dosaggio dell’HbA1c è un test che permette di valutare la concentrazione media del glucosio presente nel sangue negli ultimi tre mesi.
Normalmente i livelli di HbA1c sono molto bassi, ma in presenza di iperglicemia sono elevati e i valori più elevati si riscontrano nel diabete non controllato (scompenso glicometabolico). In una persona diabetica l’HbA1c dovrebbe essere mantenuta a valori inferiori al 7% per evitare lo sviluppo di complicanze, provocate dall’iperglicemia cronica ed elevata a carico di occhio, reni, sistema nervoso, cuore e vasi.

 

GLICEMIA:

I livelli di glucosio (zucchero) nel sangue prendono il nome di glicemia. La glicemia può essere misurata su un campione di sangue prelevato da una vena (glicemia plasmatica), tramite apposite apparecchiature che si trovano nei comuni laboratori di analisi, o su una goccia di sangue proveniente da puntura di un polpastrello (glicemia capillare), tramite piccoli apparecchi chiamati reflettometri. Se la misurazione viene effettuata dopo che la persona è rimasta a digiuno per almeno 8 ore (digiuno notturno), prende il nome di glicemia a digiuno, se effetuata dopo due ore dal pasto, si parla di glicemia post-prandiale, se misurata prima di un pasto di glicemia pre-prandiale. Livelli patologicamente elevati o ridotti di glucosio nel sangue, prendono il nome rispettivamente di Iperglicemia Ipoglicemia, entrambe sono condizioni dannose per il corpo umano e causa di complicanze a livello di reni, occhi, sistema nervoso, cuore e vasi sanguigni. Valori di normalità della glicemia a digiuno sono compresi tra 80-99 mg/dl. Il riscontro di glicemia a digiuno maggiore o uguale a 126 mg/dl permette di porre diagnosi di Diabete Mellito, mentre valori compresi tra 100- 125 mg/dl sono indicativi di uno stato di pre-diabete che prende il nome di alterata glicemia a digiuno (IFG, Impaired Fasting Glucose).
In una persona diabetica la glicemia a digiuno e quella preprandiale dovrebbero essere mantenute a valori compresi tra 90-130 mg/dl e la glicemia post-prandiale non dovrebbe superare il valore di 180 mg/dl.

 

INDICE DI MASSA CORPOREA (IMC o BMI)

(IMC o BMI dall’ingleseBody Mass Index)
Misura del grasso corporeo basata sul calcolo del peso in chilogrammi diviso per il quadrato dell’altezza espressa in metri. L’IMC è comunemente utilizzato dall’Organizzazione ondiale della Sanità (WHO), dalla medicina nutrizionale convenzionale e dalla medicina generica, per definire i termini da “magrezza” fino a “obesità” in diverse sfumature:
IMC < 16 kg/m2 grave magrezza;
16 < IMC < 18,49 kg/m2 sottopeso;
18,50 < IMC < 24,99 kg/m2 normopeso;
25 < IMC < 29,99 kg/m2 sovrappeso;
30 < IMC < 34,99 kg/m2 obesità lieve (I grado);
35 < IMC < 39,99 kg/m2 obesità media (II grado);
IMC ≥ 40 kg/m2 obesità grave (III grado).
Maggiore è il grado di obesità e maggiore è il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. L’IMC dovrebbe essere mantenuto tra 18,50 e 24,99 Kg/m2 (normopeso), ma si specifica che l’IMC consigliato dipende anche dall’età e dal sesso della persona.

 

GLP-1:

GLP-1 (glucagon–like-peptide 1,peptide-1 glucagone-simile).
È una incretina derivante dal proglucagone (precursore del glucagone e GLP-1).
Le incretine sono un gruppo di ormoni, rilasciati dalle cellule presenti nell’intestino in risposta all’ingestione di nutrienti, con molteplici funzioni nell’organismo umano. L’azione principale del GLP-1 è quella di stimolare attivamente la secrezione dell’insulina dopo ingestione di carboidrati (effetto incretinico). Solitamente le persone con diabete tipo 2 hanno livelli di GLP-1 ridotti. Alcune terapie per il diabete, dette incretinomimetici, hanno il compito di aumentare i livelli di GLP-1 nel sangue prolungando l’azione del GLP-1 prodotto dall’organismo o tramite somministrazione dall’esterno di GLP-1 riprodotto in laboratorio (analogo del GLP-1).

 

INSULINO RESISTENZA:

La ridotta capacità dell’insulina di agire in maniera efficace sui tessuti bersaglio (muscoli, fegato e tessuto adiposo) è detta insulino resistenza. L’insulina viene prodotta dalle cellule pancreatiche, ma non funziona efficacemente, perciò per abbassare la glicemia il pancreas deve produrre quantitativi più alti di insulina rispetto al normale (iperinsulinemia). L’insulino resistenza caratterizza sia le condizioni di prediabete che il diabete tipo 2 nei primi anni di malattia ed è causa di una progressiva alterazione funzionale e distruzione delle beta cellule sottoposte per anni ad ipersecrezione. L’insulino resistenza è spesso associata ad altre patologie, quali ipertensione arteriosa, obesità e iperlipidemia

 

IPERGLICEMIA:

Si definisce “iperglicemia” la presenza di una percentuale di glucosio nel sangue superiore al normale.
Una glicemia elevata deteriora, insieme ad altri fattori, le pareti interne dei vasi, contribuendo a occluderli. Questo dà luogo a complicanze microvascolari a danno di occhi, reni ed estremità e a complicanze macrovascolari (ictus e infarti). L’iperglicemia danneggia anche il sistema nervoso periferico. Occorrono, ovviamente, molti anni di continue iperglicemie perché queste complicanze possano iniziare a manifestarsi. L’iperglicemia ha un’altra paradossale conseguenza. Il glucosio entra nelle cellule solo grazie all’insulina. Se questa è insufficiente o inefficace, il sangue è troppo ricco di nutrimento, mentre le cellule “muoiono di fame”. Per raccogliere l’energia necessaria bruciano i grassi contenuti al loro interno. Così facendo producono, però, dei rifiuti, i chetoni, che sono tossici per l’organismo. Una grave e continuativa iperglicemia può portare a una gravissima situazione di scompenso metabolico: la chetoacidosi. In presenza di chetoacidosi il respiro del giovane è più profondo e rapido e assume un odore di frutta fresca. La chetoacidosi comporta un aumento del pH del sangue con conseguente nausea e/o vomito. Il giovane, così, non provando fame, non mangia e diminuisce la quantità di insulina da iniettare, peggiorando la situazione. I primi provvedimenti che si possono adottare in caso di iperglicemia sono:
1. bere tanta acqua per contrastare la perdita di liquidi
2. iniettare insulina ad azione rapida
3. controllare, ad intervalli regolari, la glicemia e la presenza di chetoni nelle urine (chetonuria).

 

IPOGLICEMIA:

L’ipoglicemia è la complicanza acuta più frequente nel diabete di tipo 1. È uno dei fattori limitanti il raggiungimento di valori glicemici il più possibile vicini alla norma. Avviene quando i livelli di zucchero nel sangue scendono troppo. Nel diabete di tipo 1 è dovuta ad un eccesso di insulina e alla compromessa controregolazione glicemica. Frequenti ipoglicemie provocano una minor sensibilità agli abbassamenti di glucosio nel sangue. Tale condizione si definisce Ipoglicemia Asintomatica o Hypoglycemia Unawareness.
L’ipoglicemia può essere:
lieve: la glicemia scende sotto i 70 mg/dl e, a tali livelli, l’organismo attiva una risposta ormonale che porta a sintomi come tremore, pallore, sudorazione, tachicardia (battiti del cuore accelerati), fame. Il bambino e il ragazzo con diabete riconoscono tali sintomi e sono in grado di gestire autonomamente l’ipoglicemia assimilando un po’ di zucchero o una bevanda zuccherata;
moderata: se non si interviene, la glicemia continua a scendere e, ai sintomi già descritti, se ne sommano altri dovuti alla diminuzione di glucosio a livello cerebrale. Tali sintomi sono confusione, mancanza di concentrazione, stanchezza, mal di testa, diminuzione della vista, sonnolenza. Spesso sono familiari e/o amici che notano cambiamenti nello stato del bambino o del ragazzo e che lo interrogano sulla sua condizione. In ogni caso il bambino o il ragazzo sono in grado di risolvere autonomamente la crisi ipoglicemica nel giro di 10- 15 min;
grave: in tale caso la risoluzione richiede l’intervento di un’altra persona perché il giovane non è in grado autonomamente di gestirla da solo. La glicemia è, generalmente, al di sotto di 30 mg/dl e le condizioni in cui si può trovare il giovane sono stato soporoso e/o incapacità di rispondere adeguatamente alle domande. Se non si interviene rapidamente le condizioni possono peggiorare portando a perdita di coscienza, convulsioni, coma. L’ipoglicemia grave si tratta iniettando nel muscolo una fiala di glucagone seguita, eventualmente, dalla somministrazione di una soluzione glucosata per endovena.

 

LIPIDI:

Varietà di grassi e sostanze simili a grassi. I lipidi possono essere degradati come fonte energetica, e giocano un ruolo importante nella struttura della cellula, oltre a svolgere numerose altre funzioni. I lipidi sono maggiormente contenuti in alimenti come olio, burro, insaccati e carne ed hanno un altissimo contenuto energetico (1 grammo di lipidi è pari a 9 kcal). I lipidi vengono assorbiti nell’intestino e principalmente immagazzinati, sotto forma di trigliceridi (lipidi di accumulo), in cellule dette adipociti che costituiscono quello che viene chiamato tessuto adiposo (massa grassa).
Un eccessivo aumento dei lipidi (iperlipidemia) può portare ad un aumento patologico del tessuto adiposo ed è spesso associato allo sviluppo di malattie quali obesità, diabete e malattie del cuore e dei vasi. Inoltre, la diagnosi di obesità prende in esame non solo l’indice di massa corporea, ma anche la percentuale di massa grassa (rapporto percentuale tra la massa grassa dell’organismo e la massa complessiva dello stesso) valutata con apposite apparecchiature presenti nella maggior parte dei centri specialistici che si occupano di diabete e di obesità.

 

OBESITA’:

L’obesità è un problema sempre più diffuso tra bambini e adolescenti. In un recente studio effettuato su bambini di III elementare nel Lazio, sono risultati per il 30% in soprappeso e per il 15% obesi. La definizione di sovrappeso/obesità nel bambino è più complessa rispetto all’adulto per il quale si definisce il peso ideale in base all’IMC (indice di massa corporea, ossia rapporto tra peso e altezza). Nella pratica clinica quotidiana, il pediatra fa riferimento alle curve di crescita. Le principali cause di obesità sono:
familiarità: se uno o entrambi i genitori sono in soprappeso/obesi il bambino ha una maggiore probabilità di essere obeso;
eccessiva/incongrua alimentazione: bambini in soprappeso spesso mangiano troppe proteine (soprattutto di origine animale) e grassi, mangiano spesso merendine, devono bevande gassate e molto zuccherate e di contro mangiano molto poco o per nulla carboidrati complessi e fibre (frutta, verdura, legumi);
• sedentarietà: i bambini stanno spesso seduti per molte ore davanti alla tv o al computer, si muovono solo accompagnati in auto, non fanno neanche un piano di scale.

Solo in una piccola percentuale di casi l’obesità può essere legata a malattie genetiche, ormonali o a terapie farmacologiche prolungate. Per evitare che l’obesità nel bambino si protragga nel tempo e, quindi, si abbia un giovane adulto obeso, non bisogna mettere a dieta il bambino ma intervenire cambiando il suo stile di vita (abitudini alimentari e attività fisica). L’obesità infantile si associa frequentemente a:
• aumento del colesterolo, dei trigliceridi e della pressione arteriosa;
• aumento del grasso nel fegato (steatosi) ma, soprattutto, all’incremento di produzione dell’insulina (iperinsulinemia) che è un fattore che predispone alla sindrome metabolica nell’adulto (obesità + ipertensione + dislipidemia + diabete).
Inoltre, associati a questi, vi sono problemi ortopedici (in particolare valgismo degli arti inferiori) e problemi psicologici

 

OGTT (ORAL GLUCOSE TOLERANCE TEST):

L’OGTT permette di valutare come la concentrazione di glucosio (e di insulina nel caso in cui venga associato a dosaggio dell’insulina) cambia nel sangue dopo l’assunzione di una dose nota di zucchero. In condizioni normali, dopo un carico orale di glucosio, nel sangue aumenta la glicemia dopo qualche minuto. Le cellule beta del pancreas vengono stimolate dall’alta concentrazione di glucosio a secernere insulina e a riversarla nel sangue. Dopo 2 ore la glicemia scende a livelli simili a quelli che erano presenti prima di ingerire lo zucchero. Se i valori di glicemia sono alterati significa che il metabolismo del glucosio non è normale, dopo 2 ore valori di glicemia ≥200 mg/dl porta a fare diagnosi di diabete, valori di glicemia ≥140 mg/dl permette di porre diagnosi di ridotta tolleranza ai carboidrati (IGT, Impared Glucose Tolerance – alterata tolleranza al glucosio) che è uno stato di pre-diabete.
La diagnosi differenziale tra diabete di tipo I e II non può essere fatta con l’OGTT, ma necessita anche della valutazione dell’insulinemia, del peptide C e di altri esami di laboratorio effettuati su campione di sangue.

 

ORMONE:

L’ormone è una sostanza chimica prodotta nell’organismo e  ha il compito di regolare l’attività di uno o più organi specifici; sia l’insulina che il glucagone sono ormoni. L’insulina è un ormone proteico prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans all’interno del pancreas che stimola la maggior parte delle cellule dell’organismo ad assorbire il glucosio, gli acidi grassi e gli aminoacidi dal sangue, ed a convertire le quantità in eccesso di tali elementi in riserve energetiche (la riserva di glucosio nelle cellule prende il nome di glicogeno).
Il precursore dell’insulina è la proinsulina, che viene scissa all’interno della beta cellula in una porzione biologicamente attiva (insulina) e una inattiva (peptide C). L’insulina è secreta in risposta all’aumento della glicemia e i livelli più alti di insulina nel sangue (insulinemia) sono solitamente presenti dopo 30’-45’ dall’ingestione di un pasto. Sia il deficit totale o parziale di insulinemia che un aumento eccessivo dell’insulinemia possono essere considerate condizioni patologiche. Il glucagone è un ormone prodotto dalle cellule alfa del pancreas, che stimola la conversione del glicogeno (polisaccaride) in glucosio (glicogenolisi) e la produzione di glucosio da altre fonti (gluconeogenesi). Il glucagone aumenta la glicemia in caso di digiuno prolungato e di ipoglicemia. Il glucagone riprodotto in laboratorio (glucagone ricombinante, farmaco) può essere somministrato, tramite puntura sottocutanea, in caso di ipoglicemia grave.

 

PROTEINE:

Le proteine sono sostanze organiche fondamentali per l’organismo vivente, in quanto costituiscono la base di tutti i tessuti. Le proteine sono costituite da uno o più polipeptidi, cioè una catena di aminoacidi più piccola di una proteina ma che consiste di due o tre aminoacidi legati tra di loro. Gli amminoacidi sono gli elementi costitutivi delle proteine. Cibi particolarmente ricchi di proteine sono: carne, pesce, uova, formaggi e legumi.
Le proteine ingerite vengono di solito scisse in amminoacidi nell’intestino e in seguito assorbiti.
Le cellule del corpo, comprese quelle del fegato, assorbono gli aminoacidi e li ricompongono in proteine (formazione di nuove proteine) oppure li immagazzinano per poi utilizzarli in seguito. Gli aminoacidi possono essere convertiti in glucosio ed essere metabolizzati per poi essere utilizzati come fonte energetica quando si abbassano i livelli di glicemia. Solitamente 1g di proteine ingerite con la dieta fornisce un apporto energetico all’organismo umano pari a 4 kcal.

 

 

da Novo Diabete