Effetti metabolici degli interventi di chirurgia dell’obesità

Le più gravi complicazioni metaboliche dell’obesità si possono riassumere in quella che da qualche anno è stata definita “sindrome metabolica” e che comprende diabete di tipo 2, dislipidemia (ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia) e ipertensione arteriosa.

Al riguardo di quest’ultima è necessario ricordare che esistono due tipi di ipertensione nel paziente obeso.

La prima, relativamente benigna, è legata al sovrappeso stesso e rappresenta una sorta di meccanismo di adattamento dell’apparato cardiocircolatorio, il quale, per ovvi motivi idraulici, dovendo irrorare un terreno più grande, è semplicemente costretto, per raggiungere la periferia, ad aumentare la pressione.
La seconda si può invece definire “maligna”, da una parte perché essa va molto oltre i valori della prima, dall’altra perché non si tratta di un fenomeno finalizzato alle necessità dell’individuo, ma è conseguenza dell’effetto renale dell’insulina, il cui livello nel sangue è di regola aumentato in genere nel paziente obeso, ma assai di più in caso di diabete.

A proposito di quest’ultimo ricordiamo che quello di tipo 2 – al contrario di quello di tipo 1, rarissimo – rappresenta invece oltre il 95 per cento dei casi, riguarda l’individuo adulto ed è essenzialmente (con meccanismi ancora in parte da chiarire) provocato dall’eccesso ponderale, dove però assai più che la quantità del tessuto adiposo in eccesso conta la sua distribuzione, nel senso che quello pericoloso non è il grasso sottocutaneo, ma quello che si trova all’interno dell’addome. In sostanza, il diabetico non è solitamente un enorme obeso, ma un individuo con sovrappeso anche modesto ma concentrato nella “pancetta”, ma naturalmente anche nel “pancione”.

Quello che, al di là di ogni teoria eziopatogenetica, caratterizza il diabete di tipo 2 è la “resistenza insulinica”, che vuol dire una ridotta sensibilità degli organi bersaglio all’azione del più importante ormone del nostro organismo. Questo innesca un nefasto circolo vizioso, dove il diminuito effetto insulinico stimola il pancreas a produrre più ormone, mentre l’aumento dell’insulina in circolazione aumenta a sua volta la resistenza a essa. In sostanza, l’ipertrigliceridemia è dovuta all’aumento generale dei grassi in circolazione nell’obeso, così come l’ipercolesterolemia, sulle cause della quale però ancora una volta le idee non sono del tutto chiare. E’ interessante ricordare che i componenti della sindrome metabolica rappresentano tutti i principali fattori di rischio dell’arteriosclerosi, escluso il fumo di sigaretta e la sedentarietà, che è pero anch’essa caratteristica del paziente obeso.

Come agiscono gli interventi di chirurgia bariatrica (bariatrico, dal greco, barùs, che vuol dire pesante, significa “riguardante l’obesità”) sulla sindrome metabolica? Occorre distinguere tra le metodiche cosiddette “restrittive”, il “bypass gastrico” e le metodiche di “riduzione dell’assorbimento intestinale”, essenzialmente rappresentate dalla diversione biliopancreatica.

Le prime, che si riassumono nel bendaggio gastrico e nella gastroplastica verticale, consistono in uno strozzamento rinforzato che divide una piccolissima parte della prima porzione dello stomaco dalla restante parte dell’organo: in altre parole un ostacolo meccanico all’introduzione del cibo, che serve di aiuto al paziente per apprendere nuove abitudini alimentari che egli dovrà poi essere capace di mantenere autonomamente per tutta la vita. Tali metodiche agiscono semplicemente attraverso la riduzione del peso corporeo. L’eccesso di grasso aveva provocato la complicazione, la sua scomparsa provoca la risoluzione di essa. Va da sé che se la riduzione di peso è scarsa anche l’effetto è scarso, e che se il peso viene recuperato la sindrome metabolica ricompare tal quale essa era prima dell’intervento.

Il bypass gastrico consiste anch’esso nella creazione di una piccolissima “tasca” di stomaco alto, subito successivo all’esofago. La differenza qui è che lo svuotamento della taschetta non avviene nel restante stomaco, ma in un’ansa intestinale collegata con la taschetta stessa. L’arrivo del cibo nell’intestino senza che esso abbia attraversato gran parte dello stomaco, il duodeno e la prima porzione dell’intestino tenue provoca una profonda modificazione nella produzione degli ormoni gastrointestinali, che da un lato risulta in riduzione dell’appetito e senso di sazietà precoce, dall’altro, come vedremo, agisce beneficamente sul diabete. La collaborazione richiesta al paziente per la riduzione dell’introito di cibo è minore, dunque i risultati in termini di riduzione del peso sono assai migliori che con le metodiche di restrizione gastrica. Anche il bypass gastrico tuttavia ha un effetto limitato nel tempo, cui consegue dunque un recupero di peso, a meno che il paziente non abbia nel frattempo appreso a mantenere autonomamente un introito ridotto.

La diversione biliopancreatica si basa invece sulla riduzione dell’assorbimento intestinale. Essa consiste, in sintesi, nella creazione di due vie separate: una percorsa dagli alimenti, l’altra dalla secrezione biliopancreatica, che si riuniscono a breve distanza dal colon. Poiché la secrezione biliopancreatica è necessaria per la digestione (scomposizione degli alimenti in molecole piccolissime e dunque assorbibili dall’intestino) dei grassi e dei farinacei, e quest’ultima è necessaria per l’assorbimento intestinale degli stessi, ciò che ne risulta è una limitazione dell’assorbimento di tali alimenti, che sono poi quelli a maggiore contenuto calorico, a un massimo giornaliero di circa 40 grammi di grasso e circa 200 grammi di farinacei (corrispondenti a un totale di circa 1.250 calorie), quantità al di là delle quali tutto ciò che si mangia in più non viene assorbito.

L’ovvio risultato è la riduzione del peso corporeo, obbligatoria per tutti, sino al livello corrispondente al suddetto assorbimento di calorie, e il mantenimento poi del peso raggiunto per tutta la vita, poiché l’intervento mantiene indefinitamente un assorbimento costante, naturalmente senza alcuna necessità di collaborazione da parte del paziente. E’ importante osservare che anche la diversione biliopancreatica comporta l’esclusione dal transito del cibo dello stomaco basso, del duodeno e di una lunga porzione dell’intestino tenue, cosicché anch’essa provoca le stesse modificazioni enteroormonali del bypass gastrico.

Orbene, le suddette modificazioni enteroormonali, con meccanismi complessi e di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, provocano la permanente guarigione del diabete nell’80 per cento dei casi, in modo del tutto indipendente dalla perdita di peso e dal suo eventuale recupero, e questo è ciò che accade dopo bypass gastrico. Dopo diversione biliopancreatica invece la guarigione, altrettanto permanente, si verifica nella totalità dei casi, 100 per cento. Perché quel 20 per cento in più? Perché la diversione possiede un altro meccanismo specifico, e cioè anch’esso indipendente dalla modificazione del peso corporeo, consistente nel ridottissimo assorbimento dei grassi (40 grammi al giorno sono poco più di niente). Ciò fa si che l’accumulo di grasso nella fibrocellula muscolare, che è la principale causa di resistenza insulinica, scompaia nel giro di circa un mese, con ripristino totale della normale sensibilità all’insulina.

Per quanto attiene al colesterolo, anche qui la diversione, al contrario di ogni altro intervento bariatrico, possiede due meccanismi di azione specifici, che risultano nella normalizzazione della colesterolemia ancora nel 100 per cento dei casi, e ancora per tutta la vita a dieta completamente libera. Tali meccanismi si identificano con:

  1. la riduzione dell’assorbimento dei sali biliari, che costringe il fegato a fabbricarne di nuovi, e tale fabbricazione avviene utilizzando come sostanza di partenza proprio la molecola del colesterolo;
  2. l’assorbimento del cosiddetto “colesterolo endogeno”, che è principalmente quello contenuto nella bile, rappresenta ben il 70 per cento della totalità del colesterolo che attraversa il canale alimentare (dunque il colesterolo alimentare rappresenta solo il 30 per cento), e si assorbe insieme ai grassi, poiché l’assorbimento di questi ultimi è, come sappiamo, fortemente ridotto, risulta anch’esso fortemente ridotto.

E i trigliceridi? E la pressione arteriosa? Sempre dopo diversione biliopancreatica – e ormai sappiamo tutti perché: i trigliceridi altro non sono che i comuni grassi alimentari – si normalizzano anch’essi nella totalità dei casi, mentre la pressione arteriosa nell’80 per cento. Con gli altri interventi i risultati sono assai minori, e comunque sempre dipendenti dalla riduzione ponderale.

In conclusione, gli effetti della chirurgia bariatrica sulla sindrome metabolica si possono così riassumere. Essa si risolve dopo diversione biliopancreatica nella quasi totalità dei casi, in modo completo e definitivo per tutti i suoi componenti. Dopo bypass gastrico il diabete guarisce nell’80 per cento dei casi, mentre gli altri elementi della sindrome migliorano in rapporto alla buona riduzione ponderale. A seguito degli interventi di restrizione gastrica invece, poiché i risultati dipendono escusivamente dalla riduzione del peso, ed essa è incompleta, incostante e comunque temporanea, i risultati sono piuttosto modesti.

 

 

di Nicola Scopinaro
Professore ordinario di Chirurgia generale
Università di Genova

da cardiometabolica.org

febbraio 2008