Diabete ieri…oggi…e domani

Ieri… Poche malattie come il diabete, hanno una documentazione così antica.
Se ne parla infatti in un papiro egiziano del 1500 A.C. e poi ancora in certi documenti indiani del 600 A.C. Ancor più ricca la documentazione della malattia nel I secolo A.C. in particolare dobbiamo ricordare Areteo di Cappadocia che ne fece una descrizione mirabile. Denominò la malattia “Diabete” che in greco significa “ sifone” perché si osservò che i pazienti bevevano molto e urinavano altrettanto come se il corpo si comportasse da sifone dove l’acqua entra ed esce.
Vennero formulate ricette empiriche che naturalmente niente potevano sul naturale decorso della malattia inevitabilmente mortale. Si deve ad uno studioso di nome Willis (XVII sec.) la scoperta dello zucchero nelle urine e quindi la causa fondamentale della malattia.
Tuttavia non era noto il motivo per il quale era presente lo zucchero e la malattia si concludeva sempre con la morte (ci riferiamo naturalmente al D.M. tipo I insulinodipendente). La scoperta dell’insulina (dovuta a due giovani studiosi canadesi Banting e Best) nel 1921 a Toronto, cambiò radicalmente la prognosi di questa malattia.
Si capì che il diabete dipendeva dalla mancata produzione di insulina da parte del pancreas.
Si pensò allora di somministrare ai diabetici l’insulina estratta dal pancreas dei bovini e successivamente dei suini. Ma questa insulina estrattiva non era priva di impurità responsabili di numerosi effetti collaterali quali in particolare l’atrofia o all’opposto l’ipertrofia del tessuto adiposo (cioè infossature o tumefazioni molto antiestetiche) fino anche alla formazioni di profonde ulcerazioni. Le possibilità di dosaggio non erano molto precise con frequenti situazioni di ipoglicemia o all’opposto di innalzamento dei valori glicemici (iperglicemia).
Le siringhe erano di vetro e dovevano essere sottoposte ad ebollizione prima di ogni iniezione con i rispettivi aghi (certo non sottili e corti come quelli attuali). Sulle siringhe e sugli aghi si depositavano sali di calcio che rendevano difficile lo scorrimento dello stantuffo e dolorose le iniezioni.
I prelievi del sangue erano esclusivamente venosi e le risposte del laboratorio richiedevano tempi molto lunghi, talora di giorni. Naturalmente anche il patrimonio culturale diabetologico era ancora al primo gradino.
Insomma al peso della malattia si sommavano anche tanti problemi pratici di gestione che rendevano molto pesante la vita di ogni giorno e fondamentalmente più infausta la prognosi.

Oggi la scienza e la tecnologia hanno fatto passi enormi e ci mettono a disposizione strumenti, tecniche e farmaci del cui valore e utilità spesso non ci rendiamo conto e che rendono in definitiva molto più favorevole la prognosi. Sono il frutto dello studio e dell’impegno di tanti studiosi di tutto il mondo e di case farmaceutiche illuminate. Aghi sottilissimi assolutamente indolori, siringhe a perdere o meglio dispositivi (denominati penne per la loro forma) che incorporano cartucce di insulina, nei quali è possibile dosare il farmaco senza doverlo prelevare dal flacone: dunque comodità e precisione. Strumenti (glucometri) che ci permettono in pochi secondi di conoscere il valore della glicemia; strumenti (pungi dito) che rendono praticamente indolore il prelievo del sangue.
Glucometri più sofisticati che memorizzano tempi e dati e li elaborano per una maggiore comprensione della situazione metabolica; strumenti denominati microinfusori che permettono di evitare le iniezioni attraverso una erogazione continua sottocute dell’insulina ed in grado anche di allarme e blocco di erogazione in caso di ipoglicemia. Insomma anche solo sotto l’aspetto pratico la gestione della malattia oggi è certamente estremamente più facile e non interferisce con gli impegni della vita quotidiana. La farmacologia si arricchisce poi continuamente di nuovi farmaci (insuline, ipoglicemizzanti orali, ed altro ancora) che adeguatamente impiegati favoriscono un migliore equilibrio metabolico. Studi sempre più ampi confermano poi che fondamentale è,per conservare un buon stato di salute, realizzare uno stile di vita sano,che significa in breve, ritrovare ed applicare i valori etici della nostra esistenza. Per ultimo, ma certo non ultimo, una più ampia cultura diabetologica che ha prodotto centri specialistici (centri diabetologici) medici specialisti e criteri organizzativi ed assistenziali che assicurano interventi clinici sempre più mirati e con l’obiettivo di rendere sempre più autonomo (autogestione) il paziente. In questo senso l’educazione sanitaria è diventata uno strumento terapeutico essenziale.

Domani
Sono molte le attese e le promesse della scienza in questo campo in particolare il trapianto di cellule beta, l’impiego di cellule staminali, microinfusori capaci di valutare il dosaggio di insulina necessario (piccoli pancreas artificiali), insuline ad azione lunga (di giorni), possibilità di somministrare l ‘insulina per altre vie (non iniettiva), ma anche una maggiore consapevolezza nei pazienti che uno stile di vita più sano costituisca il fondamento della buona salute.

1) vivere il diabete in un passato anche non molto lontano comportava molti problemi pratici che rendevano ancor più pesante la gestione della malattia.
2) oggi il peso della malattia è reso certamente meno pesante, grazie anche alla rete assistenziale che va dallo specialista (centri di diabetologia) al medico di medicina generale
3) il futuro è ricco di speranze concrete nella lotta contro la malattia.

 

 

Paolo Fumelli
Primario Emerito INRCA – Ancona

 

 

da Novo Diabete