Diabete: colpisce 4 milioni di italiani e “ruba” 15 anni di vita

Ammalarsi di diabete ‘ruba’ 15 anni di vita. “Ricevere una diagnosi di diabete di tipo 2 – la forma più diffusa della malattia (90-95% dei casi), detta anche ‘adulta’ o non insulino-dipendente – significa infatti invecchiare di colpo 15 anni.

Un esempio? Un 45enne che scopre di essere diabetico ha 45 anni soltanto per l’anagrafe: biologicamente il suo organismo è in realtà quello di un 60enne”. Il monito arriva da Federico Lombardi, direttore del reparto di Cardiologia dell’ospedale San Paolo-università degli Studi di Milano, che oggi alla Statale del capoluogo lombardo ha partecipato al VI Convegno nazionale diabete-obesità.

Gli esperti rilanciano l’allarme ‘diabesity’: “Un’epidemia combinata di diabete e obesità – ricorda Antonio Pontiroli, past president della Società italiana di diabetologia (Sid), presidente del congresso e direttore della Divisione di Medicina II al San Paolo – che minaccia in modo sempre più ‘esplosivo’ le giovani generazioni”.

Qualche numero. Complici sovrappeso e obesità, che riguardano “il 50% degli italiani con un 40-42% di sovrappeso e un 8-10% di obesità”, sottolinea l’esperto, nel Belpaese i diabetici sono oltre 3 milioni. Ai quali va aggiunto un altro milione di malati che non sa di esserlo.

La patologia colpisce il 5-6% degli abitanti della penisola, contro il 4% di 10 anni fa. Nel mondo i malati superano già i 230 milioni, ma si calcola che, senza strategie sanitarie ad hoc, in 20 anni saliranno a 366 milioni. “Dobbiamo infatti considerare quel ‘bacino di riserva’ che sono i bambini: già oggi un terzo dei baby-italiani in età scolare è sovrappeso/obeso – precisa Pontiroli – e malattie tipiche degli adulti quali diabete 2 o cardiopatie appaiono sempre più spesso in tenera età”. La prevenzione deve iniziare dalla culla, evitando di passare dal latte di mamma alla pappa troppo presto: “Allattare il bebè al seno anche durante lo svezzamento, e cioè per tutto il primo anno di vita, abbatte del 20% il rischio di obesità e quindi di diabete futuro”, dice Carlo Agostoni, Clinica pediatrica San Paolo.

Secondo i dati più recenti, riprende Pontiroli, “il 6% dei ragazzi europei obesi tra 6 e 17 anni è già malato di diabete di tipo 2. E anche nei centri di diabetologia italiani – assicura lo specialista – è sempre più alto il numero di giovani diabetici che si presentano in ambulatorio con complicanze cardiovascolari prima dei 30 anni”. Come conferma anche l’American Heart Association, puntualizza infatti Lombardi, “il diabete moltiplica il rischio di infarto di 4-4,5 volte nelle donne e di 2-2,5 volte negli uomini, e aumenta di 2-4 volte il pericolo di ictus”. Per salvare cuore e cervello, dunque, la prima regola è giocare d’anticipo. E se da neonati il primo ‘scudo’ è il latte di mamma – “sia grazie alla sua composizione unica, sia perché succhiando il bimbo fa fatica e quindi evita di ‘abbuffarsi'”, puntualizza Agostoni – da grandi le ‘armi’ per allontanare chili di troppo e diabete adulto sono dieta sana e attività fisica costante.

Regole di vita da abbinare ovviamente ai farmaci, quando servono, e nei casi più gravi al bisturi. “Per i grandi obesi – continua Pontiroli – per i quali la perdita di peso attraverso dieta, medicina ed esercizio fisico è un obiettivo irrealizzabile, si dovrebbe considerare anche la chirurgia: dalle nuove tecniche mininvasive agli interventi più importanti che a volte, come è emerso dal ‘Diabetes Surgery Summit’ svoltosi nei giorni scorsi a Roma, sono in grado non solo di ridurre il peso, ma anche di migliorare i parametri alterati dal diabete”. Insomma, “contro un problema globale serve un approccio globale – riferisce il past president Sid – E il centro anti-diabete ideale è quello capace di offrire tutte le opzioni terapeutiche, sostegno psicologico compreso, per scegliere il trattamento migliore e ‘su misura’ per il singolo paziente”. Pontiroli chiude poi con un messaggio a chi ha perso ogni speranza: “L’obesità non è una condanna senza appello, ma un male curabile. Per questo invito chi ingrassa a chiedere aiuto subito, non dopo avere guadagnato 40 o più chili”.

 

 

(Adnkronos Salute)

14 aprile 2007