Celiachia, quali test fare per la diagnosi

Tempi migliori nel prossimo futuro di chi deve fare i conti con la celiachia, l’intolleranza al glutine.

Fa ben sperare il bilancio dei primi test sull’uomo della pillola che blocca l’effetto tossico del glutine, entro l’anno partirà la sperimentazione clinica di un possibile vaccino e molto presto si eviterà ai piccoli celiaci di sottoporsi alla gastroscopia per la diagnosi della malattia. Le tre buone notizie vengono dal recente congresso internazionale organizzato dall’Associazione Italiana Celiachia.

Di questa patologia in Italia soffrono 75 mila persone. Ma oltre mezzo milione sono stimati i malati che non sanno di esserlo.
La novità che entrerà, più nell’immediato, nella pratica clinica è l’abolizione della gastroscopia per avere il riscontro istologico nella fase di diagnosi della malattia nel bambino.

“La diagnosi oggi si effettua a quattro diversi livelli”, spiega il professor Carlo Catassi, docente al Dipartimento di Pediatria all’Università Politecnica della Marche e al Centro di Ricerca sulla Celiachia dell’Università del Maryland, “con il quadro clinico, con test sierologici sui vari anticorpi, con il test del DNA per individuare i geni predisponenti e con la biopsia intestinale, esame che attualmente è il “gold standard” ma che ha anche dei limiti: fa registrare un 3-4% di falsi positivi e un 10-20% di falsi positivi, è piuttosto invasivo e va effettuato tre volte, prima e dopo la dieta”. “Con gli anni si è visto che il test degli anticorpi è più valido”, continua Catassi, “perché essi pronosticano la malattia che si svilupperà anche dopo una biopsia negativa”.

Appunto sulla base di questi riscontri, un anno fà, la Società Europea di Gastrologia Enterologia Pediatrica e di Nutrizione ha nominato un gruppo di lavoro per valutare la possibile revisione delle linee diagnostiche pediatriche. Le somme sono state tirate al congresso di Genova: “Stiamo arrivando alla conclusione”, ha annunciato Catassi, “che quando il riscontro clinico, degli anticorpi e del Dna è positivo non occorre la biopsia”.

Il punto sulla pillola allo studio già da tre anni è stato invece fatto dall’ideatore del farmaco, Alessio Fasano, direttore del Centro di Ricerca sulla Celiachia, dell’Università del Maryland, negli Stati Uniti, che ha comunicato l’efficacia del farmaco (inibisce la proteina “zonulina”, regolatrice della permeabilità intestinale) nell’86% dei primi 110 pazienti trattati.

Entro l’anno si sapranno i risultati di un secondo studio su altri 180 malati e per la stessa scadenza partirà a Melbourne, in Australia, la sperimentazione clinica di un vaccino terapeutico.

 

 

 

Da Salute, Supplemento di Repubblica