Una lezione dalla storia: volonta’ e perseveranza

Negli anni ’20 la polio colpiva velocemente, rendendo storpie le sue vittime, lasciandole nei polmoni d’acciaio, sulle grucce, paralizzate sulle sedie a rotelle. Come per il diabete, c’era poca conoscenza della polio e di come si trasmettesse. Franklin Delano Roosvelt era paralitico a causa della polio e nel 1933 fu eletto Presidente degli Stati Uniti su una sedie a rotelle.

Con un piede nel mondo della sua malattia e uno nella Presidenza, Roosvelt guido’ gli americani dal 1933 al 1945 attraverso la Grande Depressione, il successo del New Deal e la II guerra mondiale. E su un altro fronte, Roosvelt inizio’ la guerra contro la polio, guerra che, dopo la sua morte, fu vinta.

La scienza aveva dimostrato che, in teoria, i vaccini potevano proteggere contro i virus, e Roosvelt decise che avrebbe tradotto quella teoria in pratica e si sarebbe liberato della polio. Fondo’ il National Foundation for Infantil Paralysis, comunemente chiamato the March of Dimes (la marcia dei centesimi), raccolse milioni di dollari e indirizzo’ la ricerca per sviluppare un vaccino contro il virus della polio.

Roosvelt vide il beneficio nel lungo periodo di usare la politica e l’assistenza governativa per riabilitare le persone handicappate e convoglio’ tasse e piani di risparmio verso questo obiettivo.
Come parte del New Deal, che aveva promesso agli americani durante la sua campagna presidenziale nel 1932, Roosvelt introdusse un sistema previdenziale ed assistenziale per i disoccupati. Spese mediche, operazioni, apparecchi correttivi e riabilitativi furono offerti ai pazienti poliomielitici, a prescindere dai propri introiti o assicurazioni.
E con grande carisma Roosvelt ottenne l’appoggio dell’opinione pubblica per compiere la sua battaglia contro la polio. Essendo l’eradicazione della polio una priorita’ nazionale ben finanziata, la sfida attiro’ molti dei migliori e piu’ brillanti scienziati del campo, incluso un neolaureato della New York University Medical School, il Dr Jhon Salk.
Gia’ ai tempi dell’Universita’, Salk aveva passato un anno facendo ricerca sul virus dell’influenza e aveva trovato il modo per rendere immuni dalla malattia.
Nel 1947, Salk accetto’ un incarico presso la University of Pittsburgh Medical School dove lavoro’ con la National Foundation (March of Dime).
Per 8 anni dedico’ tutto il suo tempo a sviluppare un vaccino utilizzando campioni inattivi (morti) del virus della polio che venivano iniettati per rieducare il sistema immunitario a difendere il corpo contro la polio.
Anche il Dr Albert Sabin dell’University of Cincinnati Medical School aveva raccolto la sfida e stava lavorando su un vaccino usando piccole particelle vive del virus della polio da somministrarsi per via orale. Sia Salk che Sabin avevano sostenitori e critici, ma entrambi gli approcci alla ricerca portarono ad un’immunizzazione efficace.

Il Connaught Medical Research Laboratories di Toronto gioco’ un ruolo determinante procurando i reni di scimmia necessari per produrre il vaccino di Salk, che sviluppo’ un vaccino sicuro per i bambini.
Tra l’inverno del 1953 e quello del 1954, il Connaught invio’ fiale di vaccino dai laboratori di Toronto alle compagnie farmaceutiche di Detroit ed Indianapolis, dove il processo venne completato.
In aprile una squadra di ricercatori guidati dal Dr Salk e coordinati dalla March of Dime e dal Connaught Laboratories sperimentarono il vaccino su un milione e ottocento mila bambini. Fu lo studio piu’ vasto della storia della medicina.
Un anno dopo il vaccino antipolio di Salk fu reso disponibile al pubblico; Salk stesso lo brevetto’ per evitare che il prezzo del nuovo vaccino aumentasse per motivi economici.
Nel 1954, anno in cui il vaccino fu introdotto, ci furono 54 mila nuovi casi di polio.
Tre anni dopo, meno di 200 persone contrassero la polio.
Nel 1985 la Pan American Health Organization (PAHO) dichiaro’ che per il 1990 l’emisfero occidentale sarebbe stato libero dal virus. Infatti, l’ultimo caso registrato in Peru’ e’ del 1991.
Nel 1988, la World Health Assembly con la direzione strategica della World Health Organization (WHO) si pose come obiettivo l’eradicamento in tutto il mondo della polio per il 2000.

Oltre all’incalcolabile beneficio umano, si calcola che la riduzione delle spese sul sistema sanitario resa possibile dal vaccino antipolio ammortizzi in tre settimane i suoi costi di sviluppo.
Ma liberare l’Emisfero occidentale e, si spera presto, tutto il mondo dalla polio e’ stato possibile non solo per merito della scienza; c’e’ voluto uno sforzo comune, mirato, forte su tutti i fronti: sociale, politico ed economico.

Ho ricordato la battaglia contro la polio perche’ ci sono grandi similarita’ tra il modo in cui e’ stato battuto il virus e la sfida che intraprendiamo ora con il diabete.
Ci sono 16 milioni di Americani che hanno il diabete. Ogni 3 minuti un americano muorea causa del diabete e 4 sono i neodiagnosticati. Il diabete costa 91,1 miliardi di dollari l’anno, 1 dollaro ogni 4 di quelli spesi dal Sistema Sanitario e 1 ogni 7 di quelli spesi dalle Assicurazioni private negli USA: Il costo medico diretto annuale della cecita’ di un paziente diabetico e’ di 2 mila dollari.
Con 24 mila nuovi casi di cecita’ causati dal diabete ogni anno, il costo arriva a 48 milioni di dollari all’anno.
Il diabete e’ la causa principale di insufficienza renale: parliamo di circa 30 mila persone, cioe’ il 40% dei dializzati e dei trapiantati renali.
Ad un costo annuo di 45 mila dollari per paziente per la dialisi, i nuovi casi di insufficienza renale comportano per i contribuenti una spesa di oltre 1 miliardo di dollari l’anno. Il 60-70% della popolazione diabetica presenta neuropatia, che nelle forme piu’ gravi puo’ portare ad amputazione degli arti inferiori.
Il diabete e’ la causa piu’ frequente di amputazione non traumatica degli arti inferiori, con un rischio piu’ alto che va dal 15 al 40 % rispetto alla popolazione non diabetica e conta oltre 56 mila arti persi a causa del diabete ogni anno.
Le persone di mezza eta’ col diabete hanno un rischio aumentato da 2 a 4 volte di essere soggetti ad infarto rispetto alla popolazione non diabetica, con 77 mila morti (43%) l’anno riferibili al diabete.
I diabetici hanno un rischio maggiore (da 2 a 4 volte) di essere soggetti a ictus. Il 6% della popolazione degli USA ha il diabete, ma il diabete, senza alcuna proporzione, costa il 15% del totale del bilancio annuo sanitario americano.
La spesa medica totale procapite affrontata per un diabetico e’ di 10.071 dollari l’anno, rispetto ai 2669 dollari spesi per un non diabetico.

Attualmente 58 milioni di americani non sono coperti da un’assicurazione sanitaria.
Spesso le persone con problemi di salute pagano premi assicurativi maggiorati.
Per un diabetico il rischio della disoccupazione e quindi di rimanere senza copertura assicurativa, aumenta con l’arrivo delle complicanze e delle spese associate all’aumento delle terapie.
Con un’incidenza sempre in aumento di diabete (si stimano 800 mila nuovi casi l’anno), con i costi crescescenti ed un sistema sanitario sull’orlo del colasso, il bisogno di prevenire e curare la malattia e’ piu’ pressante che mai. Le terapie piu’ attuali sono costose.
Dovremmo spendere fino a 90 mila dollari per un trapianto di pancreas? Un costo cosi’ alto puo’ essere giustificato quando ci sono cosi’ tante persone non assicurate o comunque non sono del tutto “coperte”?
Se il problema fosse solo economico per molte Compagnie Assicurative la risposta sarebbe “No!” Invece dal punto di vista individuale la risposta sarebbe un inequivocabile “Si’!” Ognuno ha diritto di ottenere la miglior terapia disponibile.
Le compagnie assicurative trovano difficile inquadrare i dati economici del trapianto di pancreas nel contesto della loro polica basata sul breve periodo.
Il National Institutes of Health citando il National Cooperative Transplantation Study sostiene che il costo di un trapianto simultaneo rene-pancreas e’ equivalente a 4 anni di dialisi.
Questa opinione e’ supportata da Robert Stratta, MD, direttore del programma di trapianti di pancreas alla Wake Forest University della North Carolina, che ha analizzato i costi di dialisi, trapianto di solo rene, trapianto rene-pancreas.
Il trapianto rene-pancreas e’ meno costoso della dialisi e, dopo 4 anni, piu’ costoso del trapianto di solo rene di 34.800 dollari.

Un analisi dei costi a 5 anni, considerando la qualita’ della vita, pubblicata dall’American Journal of Kidney Disease ha dimostrato che i trapianti simultanei di rene-pancreas sono la migliore terapia in termini economici per un paziente diabetico in insufficienza renale.
Il trapianto simultaneo rene-pancreas (non piu’ insulina, non piu’ dialisi) e’ piu’ “economico” del trapianto di solo rene (insulina; non piu’ dialisi) che a sua volta e’ meno costoso della dialisi (dialisi; insulina)

Il diabete e’ sempre stato considerato con scarsa sensibilita’ rispetto al suo impatto nel lungo periodo.
Di conseguenza stiamo ancora alla soluzione temporanea del controllo metabolico glicemico giorno per giorno.
Per controllare i costi economici e umani del diabete, l’obiettivo deve spostarsi verso la correzione del difetto metabolico utilizzando le nuove tecnologie. Andando oltre il trapianto di pancreas i medici hanno portato il loro successo dal “laboratorio al lettino” con i trapianti di isole.
Oggi abbiamo conoscenze di base simili a quelle che aveva Roosveltnel 30 quando rimosse gli ostacoli presenti sul cammino che porto’ all’eradicamento della polio: vale la pena investire molte risorse per guarire il diabete.

Come dice il Dr Bernhard Hering, un pioniere dei trapianti di isole: “Non c’e’ niente di speciale o di magico nei trapianti di isole, bisogna solo farli. I trapianti di reni funzionano perche’ ne sono stati fatti 500 mila e la lezione e’ stata imparata. Sono stati fatti 10 mila trapianti di pancreas ed ecco perche’ il trapianto di pancreas e’ molto efficiente.”
Ne consegue che piu’ trapianti di isole verranno fatti, migliori saranno i risultati. ( possiamo vedere dal trial clinico dell’ITN che l’esperienza conta; i risultati dei 3 centri con maggiore esperienza hanno ottenuto il 90% di successo, mentre i risultati degli altri centri erano nettamente inferiori.)

E ancora non abbiamo cominciato con la ricerca genetica, e anche questa sembra molto promettente.

C’e’ voluto molto tempo per mettere in movimento la palla per curare il diabete, ma ora si sta muovendo.
C’e’ ancora molta strada da percorrere per ottenere la cura cui aspiriamo: sicura, per tutti, economica.
I soldi dei contribuenti destinati alla ricerca sulle malattie sono divisi in modo non proporzionato tra le malattie piu’ gravi rispetto al numero delle persone malate, i costi economici e le percentuali di mortalita’.
Quanto e quanto velocemente la ricerca sara’ finanziata dipendera’ da quanto chiederemo.

Il finanziamento della ricerca dipende dall’efficienza delle lobby che la promuovono.
Questo non deve essere interpretato come se volessimo minimizzare la gravita’ di ogni altra malattia: non e’ alla malattia che muoviamo un appunto, ma alle politiche che ci sono dietro.

Prendiamo ad esempio i finanziamenti contro il cancro alla prostata rispetto a quello del seno. Entrambi causano lo stesso numero di morti l’anno, eppure i finanziamenti che riceve la ricerca contro il cancro al seno sono 5 volte quelli che riceve la ricerca contro il cancro della prostata.
Secondo quanto scrive su Business Week il Nobel per la medicina del 1992, Gary Becker, la ricerca contro il cancro al seno e’ “cosi’ maggiormente finanziata in parte perche’ le pazienti sono meglio organizzate politicamente.
Gli uomini hanno tenuto un basso profilo per quel che riguarda il cancro alla prostata” Becker fa notare che la ricerca sull’AIDS riceve 4 volte i finanziamenti che riceve la ricerca contro il cancro del seno.
“L’efficacia politica degli attivisti contro l’AIDS spiega sicuramente il perche’ una fetta molto piu’ larga del budget federale viene riservata alla ricerca contro l’AIDS, piuttosto che ad altre orribili e dolorose malattie”, scrive Becker.
I sostenitori delle campagne contro l’AIDS e il cancro stimolano il sostegno economico e politico con reportage superpubblicizzati per ogni minimo successo, anticipando sempre una soluzione definitiva, imminente. E soprattutto sono rimasti testardamente ancorati all’idea di trovare una cura.
Noi invece inviamo messaggi contraddittori sul diabete. Nel nostro sforzo di incoraggiare un atteggiamento di fiducia e di ottimismo, le riviste sul diabete e il materiale educativo ci mostrano immagini di persone attive, che “scoppiano di salute”, che “gestiscono la loro condizione” con un atteggiamento “non c’e’ problema”.

Le case farmaceutiche usano slogan e immagini con persone diabetiche sorridenti che tengono in mano i loro prodotti, i simboli del diabete: siringhe, reflettometri, ipoglicemizzanti.

Ma la malattia non si vede mai.

La percezione pubblica del diabete e’ influenzata dalla nostra testimonianza personale.
Noi abbiamo dipinto la malattia come un inconveniente minore.
Non c’e’ dubbio che quando le cose vanno male siamo accusati di “non compliance”, di “barare” sulla dieta, di non saperci controllare. Le complicanze diabetiche servono come linea di demarcazione tra quelli che orgogliosamente si mostrano e quelli che si nascondono.
Le persone che “vanno bene” vengono rispettate e ricevono congratulazioni per la loro capacita’ di controllare la propria malattia, e diventano le facce che appaiono nelle pagine degli articoli, della pubblicita’ dei depliants educativi.

Mostrando al mondo solo la faccia felice e non anche quella tragica del diabete, supportiamo la filosofia prevalente del “tollerare” piuttosto che “curare” il diabete.
I politici, i filantropi, l’opinione pubblica per sentirsi in dovere di curare il diabete devono capire che il diabete e’ costoso per la societa’; che i costi stanno crescendo; che la sua incidenza e’ in aumento; che distrugge l’anima, che non c’e’ ancora una cura, ma che soprattutto il diabete e’ curabile.

C’e’ bisogno di un cambiamento radicale nel modo in cui il diabete viene percepito.

Noi abbiamo un potenziale fenomenale nelle nostre mani, perche’ ora sappiamo la verita’ sul diabete. Cosi’ come Franklin Delano Roosvelt con la sua malattia, dobbiamo muovere guerra al diabete usando la politica, i voti, le organizzazioni no-profit, medici, infermieri, agenzie governative, i media. Spingere come matti. La polio fu battuta dal popolo mediante atti di volonta’ e perseverenza. E’ cio’ che ci vuole per curare anche il diabete.

Estate 2003

 

Dal libro “Showdown with Diabetes”
di Deb Butterfield, Founder and Executive Director, Diabetes Portal

Traduzione Daniela D’Onofrio

da DiabetesPortal.com, Inc.