I trapianti per i pazienti diabetici

Il trapianto di rene

I reni svolgono una funzione essenziale e indispensabile per la sopravvivenza dell’uomo. Tra le funzioni essenziali svolte dai reni, merita di essere ricordata l’eliminazione dei liquidi in eccesso attraverso l’urina (diuresi), l’eliminazione di “scorie” tossiche, sempre attraverso la diuresi, ed il mantenimento dell’equilibrio di alcuni parametri del sangue (per esempio acidità, osmolarità, ecc), attraverso un’azione selettiva di eliminazione-trattenimento di sostanze presenti abitualmente nel sangue, quali elettroliti, bicarbonato, proteine, ecc.

Ci sono numerose condizioni o malattie che possono alterare la funzione renale: alcune agiscono direttamente sui reni alterandone funzione e struttura, altre producono danni ai reni in seguito ad alterazioni più generali dell’organismo, senza che i reni siano portatori per sé stessi di alcuna patologia. Esempi ne sono la disidratazione, di qualsiasi origine, e le malattie epatiche (sindrome epatorenale).

I reni sono organi molto disponibili e dotati di una “riserva funzionale” importante. In condizioni normali lavorano “al minimo”, ma in caso di bisogno possono incrementare di molto la loro attività. Nonostante questa potenzialità, può capitare di andare incontro ad una insufficienza renale irreversibile (insufficienza renale terminale). La sopravvivenza di un individuo che si trovi in una condizione simile è vincolata alla possibilità di “sostituire” la funzione renale originaria con la Dialisi o il trapianto renale.

Il Diabete, una delle principali cause di insufficienza renale, è andato in questi anni incrementando, a fronte di una progressiva riduzione di altre cause. Nel 1980, infatti, i pazienti diabetici costituivano il 12% dei nuovi ingressi in Dialisi mentre, nel 1990, sono aumentati fino al 22% (dati EDTA).

 

Trapianto di pancreas

Nel diabete mellito insulino dipendente (detto anche di tipo I o giovanile), la totale assenza di insulina rende necessaria la sua somministrazione dall’esterno. La terapia sostitutiva con insulina, però, non sempre riesce ad ottenere un controllo glicemico soddisfacente, in grado cioè di prevenire le complicanze acute (ipoglicemie o chetoacidosi) o croniche (complicanze d’organo: occhio, reni, arterie, nervi, ecc) del diabete.

Il trapianto di pancreas si pone l’obiettivo di rendere disponibile al paziente un “sistema di rilascio” di insulina che si autoregoli sui livelli glicemici, che sia cioè in grado di liberare l’insulina nel sangue in misura proporzionale alla quantità di glucosio presente: più alta la glicemia, maggiore il rilascio di insulina; minore la glicemia, minore il rilascio di insulina.
Il trapianto di pancreas fu proposto per la prima volta alla fine degli anni sessanta, ma senza un grande seguito. Solo negli anni ottanta, grazie alla disponibilità di terapie antirigetto più efficaci e meno tossiche, si è potuto osservare un progressivo sviluppo di questa tecnica chirurgica.

L’intervento chirurgico per il trapianto di pancreas, è un intervento molto complesso, che richiede un team chirurgico di grande esperienza e perizia.
Le indicazioni al trapianto di pancreas, proprio in considerazione della complessità dell’atto chirurgico e della necessità di somministrare “ad vitam” una terapia antirigetto, sono al momento limitate.
E’ unanimamente accettato che il trapianto di pancreas venga eseguito in associazione al trapianto di rene in quei pazienti diabetici che, abbiano sviluppato un’insufficienza renale e siano quindi candidabili al trapianto renale. Si ritiene, infatti, che in questi pazienti, purché non affetti da gravi complicanze cardiovascolari, i rischi connessi al trapianto di pancreas siano ampliamente controbilanciati dai vantaggi, purché non affetti da gravi complicanze cardiovascolari.

Tra i principali vantaggi derivanti dal trapianto di pancreas, meritano di essere citati i miglioramenti della neuropatia, della macroangiopatia, della qualità di vita, la prevenzione della nefropatia sul rene trapiantato e la stabilizzazione della retinopatia.

Il trapianto di pancreas isolato, cioè non associato al trapianto renale, non ha trovato ancora indicazioni precise: la sua indicazione richiede infatti un’attenta valutazione del bilancio “rischi/benefici” a livello di ogni singolo paziente. Questo approccio è, al contrario, molto sviluppato negli Stati Uniti, dove circa il 50% dei trapiantati di pancreas sono eseguiti senza un simultaneo trapianto di rene.

 

Trapianto di isole pancreatiche

Le isole del Langerhans, che contengono le cellule in grado di secernere l’insulina (betacellule), costituiscono una minima parte dell’intero tessuto pancreatico. Di conseguenza, quando trapiantiamo un pancreas, trapiantiamo un organo molto complesso costituito anche di una consistente porzione esocrina, che rilascia nell’intestino gli enzimi utili alla digestione. Ciò richiede un atto chirurgico molto complesso, sia per “drenare” in modo corretto questi enzimi sia per “allacciare” le arterie e le vene del pancreas alla circolazione generale del paziente. Il trapianto di isole si pone, quindi, l’obiettivo di trapiantare solo quella parte del pancreas che è alterata nel paziente affetto da diabete mellito insulino-dipendente: le isole di Langerhans.

Le tecniche per “isolare” (estrarre senza danneggiare) le isole di Langerhans dal resto del tessuto pancreatico si sono sviluppati a partire dagli anni settanta, dopo i primi efficaci esperimenti condotti da Lacy. Un ulteriore sviluppo di questa tecnica fu osservato negli anni ottanta quando il Dott. Ricordi mise a punto un sistema “semiautomatico” di isolamento che ha consentito di estrarre isole in numero e quantità sufficienti.

Dopo alcuni sporadici tentativi, sviluppatisi negli anni settanta sia a Ginevra che a Minneapolis, il trapianto di isole nell’uomo si è attivato quasi contemporaneamente (Edmonton, Milano, Pittsburg, Sant Luis) al passaggio tra gli anni ottanta e novanta, con risultati interessanti e promettenti. Il trapianto di isole viene eseguito partendo dal pancreas di un donatore umano.

Il pancreas, dopo essere stato prelevato con molta attenzione, rispettando le sue caratteristiche anatomiche, viene inviato al laboratorio.
Nel laboratorio deputato all’isolamento di isole viene messa in atto una tecnica molto costosa, difficile e complessa che ha l’obiettivo di estrarre, senza danneggiarle, un numero sufficiente di isole. Solo pochi laboratori al mondo sono in grado di eseguire con successo questa tecnica.

Al momento, infatti, l’isolamento di cellule delle isole vitali adatte al trapianto è uno dei limiti maggiori all’espansione del trapianto di isole. Una volta purificate con successo, le isole possono essere trasferite nel fegato del paziente ricevente mediante una semplice iniezione. Il volume di isole da iniettare per ogni trapianto è, infatti, piuttosto contenuto. Durante la procedura, che si svolge in radiologia, il paziente è sveglio e viene sottoposto alla sola anestesia locale.

 

2003

 

 

a cura dell’ Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, Milano