Terapia Immunitaria per combattere il diabete T1

Gli ultimi studi clinici dimostrano che la distruzione della massa di cellule beta nel pancreas e l’alterazione metabolica sono di fatto associati più strettamente al tempo della diagnosi, rispetto a quanto si pensasse nel passato [vedi Figura].

Il successo della terapia per contrastare la progressione della malattia deve partire proprio da questi nuovi risultati. 
In clinica nella terapia immunologica generalmente vengono impiegati degli anticorpi monoclonali (biofarmaci) che mediano le risposte delle cellule immunitarie.

Purtroppo però ci sono ancora pochi dati relativi ai meccanismi coinvolti nella perdita di efficacia dei trattamenti immunoterapici, e poco si sa ancora sulla possibilità di ripristinare le cellule beta del pancreas al momento della comparsa del T1D. 
Quello che si sa invece (perchè più volte dimostrato), è che la distruzione è un processo apoptotico (morte cellulare programmata). Questo riscontro denota che alla base vi sia un equilibrio tra cellule che nel tempo perdono la loro capacità di produrre insulina, e nuove cellule in crescita e differenziazione.

Tali osservazioni ottenute da innumerevoli studi clinici suggeriscono 3 ipotesi per spiegare il fallimento per il momento della terapia immunitaria nel lungo periodo:

1) PERDITA DI RISPOSTA AL TRATTAMENTO DA PARTE DELLE CELLULE IMMUNITARIE: 
Le terapie immunitarie non sono in grado di sopprimere completamente e permanentemente le risposte di linfociti autoreattivi [PNAS 2005]. Lo dimostra il fatto che al trattamento con il biofarmaco “Rituximab” ed al successivo ripopolamento delle cellule immunitarie periferiche, si ritrovano ancora sia cellule T che B autoreattive!
Per superare questo scoglio due sono le strategie che vengono adesso seguite: (i) soppressione immunitaria con agenti più potenti e di durata maggiore; (ii) Soppressione immunitaria con agenti che possono ripristinare la tolleranza. Ad esempio, uno studio recente ha dimostrato come sia possibile aumentare il numero e la funzione di cellule T regolatrici per “istruire” i linfociti in circolo a non attaccare il pancreas [Science Translation Medicine 2015].

2) DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLE RISPOSTE AGLI AGENTI CHE AGISCONO SUL SISTEMA AUTOIMMUNE: 
Sono stati identificati sottogruppi di individui che non rispondono alle terapia. Nei nostri studi con il biofarmaco “Teplizumab”, i livelli di C-peptide (misura la produzione naturale dell’insulina) in alcuni pazienti si sono stati mantenuti stabili solo per un paio d’anni. Mentre in pazienti che rispondono bene al farmaco, i livelli si sono potuti misurare fino a 9 anni (osservazioni non pubblicate : ).
Dopodichè però, appare sempre un calo del C-peptide nel gruppo dei pazienti che rispondono al farmaco. Anche se non è certo, i primi dati disponibili indicano che le differenze tra i sottogruppi sono immunologiche in natura e possono venire 
identificate subito dopo la somministrazione del farmaco.

3) FALLIMENTO DELLA TERAPIA PER FATTORI INDIPENDENTI DALL’ATTACCO IMMUNE: 
Il progressivo declino del C-peptide nei pazienti in studi clinici con farmaci usati dopo l’inizio della prima risposta immunitaria (punto 2 sopra) solleva la possibilità che la perdita continua di cellule beta possa anche procedere addirittura indipendentemente dall’aggressione immunitaria.

Studi sui tessuti al momento della diagnosi hanno messo in luce infatti diversi processi associati all’invecchiamento cellulare, 
ad alcune disfunzioni del mitocondrio (organello cellulare adibito alla respirazione), a stress ossidativo, ad anomalie di alcuni processi metabolici, all’alterazione strutturale di proteine endogene o della vascolarizzazione (es. per insulite).
Tali meccanismi possono portare a processi che conducono a morte cellulare ed allo sviluppo della malattia. 
Questo ci dice essenzialmente che la distruzione delle cellule beta non è un semplice processo “passivo” di attacco immunitario, ma esse partecipano “attivamente” in qualche caso alla loro stessa eliminazione!
Nel loro insieme questi processi possono contribuire da una parte al fallimento dei normali meccanismi riparativi delle cellule beta; dall’altro al mancato differenziamento delle cellule beta al momento della loro rigenerazione [Cell 2012].

CONCLUSIONI
Nonostante importanti successi della terapia immuno-soppressiva volta a migliorare nel tempo il mantenimento dei livelli di peptide C nel sangue, al momento il conseguimento di questo obbiettivo in orizzonti temporali lunghi non è stato raggiunto.

La nostra comprensione delle ragioni per questo fallimento è stata ostacolata fin’ora dalla mancanza di strumenti per misurare in vivo direttamente il processo distruttivo che conduce alla malattia. Nell’immediato futuro ci focalizzeremo su strumenti innovativi per la visualizzazione e la quantificazione della massa di cellule beta e di cellule imunitarie nel tempo, per poter affrontare al prima un uso clinico del blocco delle distruzione delle cellule del pancreas al momento della diagnosi.

 

 

 

 

da J Autoimmunity 2016 “Life and death of b cells in Type 1 diabetes”. 
Kevan C. Herold, Dept. Immunology & Internal Medicine dell’Università di Yale (New Haven, USA)

a cura di Gianpiero Garau