Sanità, è emergenza trapianti

E’ di qualche tempo fa la notizia del primo trapianto di pancreas nel mondo, effettuato dal professor Boggi, primario dell’ospedale di Pisa, a mezzo di una tecnica robotica poco invasiva, su una donna quarantenne che è guarita dal diabete giovanile.

Questa malattia che colpisce soprattutto giovani e bambini, è una patologia che con gli anni distrugge tutti gli organi, in primis i reni e costringe anche i giovanissimi alla dialisi precoce.

Purtroppo i passi da gigante compiuti in campo scientifico e chirurgico non sono accompagnati da una evoluzione sociale e solidale. Infatti arriva l’allarme da tutti i centri d’eccellenza in Italia, dove, sebbene si sia in grado di effettuare i trapianti e di dare garanzie certe di guarigione ai malati, si è bloccati per mancanza di organi, poiché le donazioni sono pressoché bloccate.

I tempi media di attesa per un trapianto di pancreas, qualche anno fa, non superavano i tre mesi; oggi invece si possono attendere anni, condannando i malati a morire, perché non si è intervenuti in tempo utile.

L’ultima campagna di informazione e di divulgazione di questo grande gesto solidale risale al periodo in cui, a fine anni 90, il ministero della Sanità era guidato da Rosy Bindi.

Era il 1° aprile 1999 quando il Parlamento approvò la legge n. 91,“ Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti”. Quella data ha rappresentato simbolicamente il salvataggio di tante persone destinate a morire perché i loro organi non funzionavano più. Fu infatti istituito il Centro nazionale trapianti (il motore dell’intera macchina) e introdotto il principio del silenzio assenso informato, cioè l’accettazione a donare gli organi in mancanza di una dichiarata opposizione.

Ci fu una campagna fittissima di informazione mediante la distribuzione di 40 milioni di tesserini e le donazioni aumentarono in quel periodo e negli anni successivi addirittura del 60%. Dopo alcuni anni è calato il silenzio, non vengono date informazioni sul calvario dell’attesa che i malati subiscono e sulla loro speranza di tornare a vivere. Così si ignora la disperazione di tantissime famiglie che vivono nell’ansia. Inoltre, la percentuale di persone  iscritta nelle liste di attesa è lunghissima e cresce di anno in anno e uno Stato civile non può ignorare questo fenomeno così doloroso.

Il percorso della donazione è diventato ostico e burocratizzato, quando invece dovrebbe essere snello e immediato, perché ogni minuto perso è una condanna a morte per qualcuno.

 

di Donatella Petrino

 

 

da L’inviato speciale