Nuovi studi presentati all’ADA confermano l’efficacia e la sicurezza di sitagliptin

Studio ODYSSÉE. Durability del trattamento con sitagliptin-metformina, superiore alle sulfoniluree.

Il trattamento iniziale del diabete mellito si basa sulle modifiche dello stile di vita, relative in particolare a dieta e ad esercizio fisico. Secondo le linee guida delle società scientifiche nazionali e internazionali, qualora le misure sullo stile di vita non risultino sufficienti a mantenere un buon compenso glicemico, va iniziato un trattamento farmacologico; quello di prima linea è la metformina, alla quale nel tempo possono essere aggiunti altri farmaci, con l’obiettivo di mantenere un livello di emoglobina glicata intorno al 7%. Le terapie di add on alla metformina più comunemente utilizzate in Francia sono sulfoniluree (38%) o DDP-4 inibitori (40%).

L’efficacia di queste strategie terapeutiche è ben documentata, mentre meno caratterizzata è quella in condizioni di vita reale. E’ inoltre importante considerare la durability dell’efficacia del trattamento, prima dell’intensificazione dello stesso con l’aggiunta di altre terapie orali o iniettive, o con l’introduzione dell’insulina. Odyssée è uno studio osservazionale, prospettico, real world, condotto in Francia, presso gli studi dei medici di famiglia dal luglio 2009 al dicembre 2010. Il lavoro ha esplorato la durata del mantenimento di un certo tipo di trattamento, senza modifiche (sospensione, sostituzione o aggiunta di un altro farmaco) nei pazienti con diabete di tipo 2, nei quali veniva iniziata una terapia di associazione sulfonilurea-metformina (1874 pazienti), oppure sitagliptin-metformina (733 pazienti).
I pazienti trattati con sitagliptin-metformina hanno mantenuto invariata la terapia per una media di 43,2 mesi, contro i 20,2 mesi dei pazienti in trattamento con sulfoniluree; il principale motivo per le modifiche del trattamento è stato quello di una insufficiente efficacia, in entrambi i gruppi (circa due casi su tre); la percentuale di pazienti nei quali è stato necessario cambiare farmaco per scarsa tollerabilità è stata del 12%, mentre la percentuale di soggetti costretti a modificare il trattamento per ipoglicemie ripetute è stata superiore nel gruppo metformina- sulfoniluree (13,5%) che in quello metformina-sitgliptin (4,2%).  La riduzione dell’emoglobina glicata è apparsa simile nei due gruppi (- 0,6%), a differenza invece delle complicanze ipoglicemiche, che sono risultate molto più numerose nel gruppo trattato con sulfoniluree (21%, contro il 9,7% del gruppo sitagliptin-metformina).

Sitagliptin in aggiunta all’insulina riduce gli episodi di ipoglicemia e migliora il compenso glicemico. Il diabete di tipo 2 è una malattia progressiva, che con il tempo richiede un’intensificazione della terapia, fino all’aggiunta di insulina. L’insulina, a sua volta, può provocare crisi ipoglicemiche, sia durante il giorno, che notturne; oltre ad essere molto spiacevoli per il paziente, le crisi ipoglicemiche possono avere conseguenze anche molto gravi, per questo è importante avere a disposizione terapie sicure su questo fronte. I risultati di un’analisi post-hoc di uno studio condotto in precedenza, presentati al congresso di diabetologia americano, hanno evidenziato che i pazienti in trattamento con sitagliptin e insulina glargine presentavano una più bassa incidenza di crisi ipoglicemiche notturne rispetto a quelli che ricevevano placebo.

Lo studio ‘madre’, che ha avuto una durata di 24 settimane, è stato effettuato su 660 pazienti trattati con insulina e randomizzati all’aggiunta di sitagliptin o placebo. A partire da due settimane dopo la randomizzazione, il dosaggio di insulina veniva gradualmente aumentato fino a raggiungere una glicemia a digiuno di 72-100 mg/dl. Al termine delle 24 settimane di durata dello studio, i pazienti in trattamento con sitagliptin, avevano aumentato le unità di insulina, meno che nel gruppo di controllo. Inoltre i soggetti randomizzati a sitagliptin presentavano un controllo glicemico migliore (al termine dello studio la riduzione dell’emoglobina glicata è stata di 1,31 punti percentuali, contro lo 0,87 dei controlli) e un’incidenza di crisi ipoglicemiche sintomatiche nettamente inferiore (25% nel gruppo sitagliptin contro 37% nel gruppo placebo). I risultati di un’analisi post hoc, presentati al congresso dell’ADA hanno evidenziato che, nel gruppo trattato con sitagliptin, ci sono state meno crisi ipoglicemiche notturne , rispetto al gruppo di controllo (rispettivamente 14,9% contro 20,1%); a 24 settimane inoltre, una percentuale superiore tra i pazienti randomizzati al trattamento con sitagliptin raggiungeva il target di glicata inferiore a 7, senza crisi di ipoglicemia notturne, rispetto ai pazienti del gruppo di controllo (rispettivamente 33,9% contro il 16,6%).

I pazienti in terapia con sitagliptin approdano più tardivamente all’insulina, rispetto a chi assume sulfoniluree. Uno studio osservazionale late-breaking presentato all’ADA ha evidenziato che i pazienti con diabete di tipo 2, trattati con l’associazione sitagliptin-metformina, arrivavano al trattamento con insulina, più tardivamente, durante il periodo di osservazione dello studio, rispetto a quelli trattati con sulfanilurea-metformina. Questo studio retrospettivo di coorte ha analizzato un database di 7.728 pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con sitagliptin (3.864) o con una sulfonilurea (3.864) in associazione con metformina, tra il 2006 e il 2013. Obiettivo dello studio era la valutazione delle differenze temporali nell’approdare alla terapia insulinica e la percentuale di pazienti che iniziavano la terapia insulinica nei due gruppi di trattamento. Al sesto anno di osservazione, la percentuale di pazienti che avevano iniziato insulina nel gruppo trattato con metformina-sulfoniluree era del 34,1%, contro il 26,6% del gruppo metformina-sitagliptin. I pazienti in trattamento con sitagliptin arrivavano inoltre più lentamente al trattamento con insulina, rispetto a quelli in terapia con sulfoniluree; durante i sei anni dello studio, i pazienti trattati con sitagliptin avevano una probabilità di arrivare all’insulina del 24% inferiore, rispetto a quelli trattati con sulfoniluree.




Maria Rita Montebelli

 

da quotidianosanità.it