La nuova sfida del trapianto di rene da vivente

Il trapianto di rene da donatore vivente rappresenta oggi meno del 10% dei trapianti eseguiti in Italia ogni anno, nonostante numerosi Centri Italiani siano autorizzati a effettuare questo trapianto e nonostante sia stato dimostrato come il tempo di permanenza in dialisi influenzi negativamente la sopravvivenza dei pazienti dopo trapianto. Un donatore vivente offre la possibilità di ridurre la durata del trattamento dialitico o, addirittura evitarlo del tutto.

 

Secondo Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti è importante che il paziente affetto da insufficienza renale cronica terminale abbia il diritto di accedere ai migliori trattamenti terapeutici possibile. Tra essi va considerato anche, qualora ne esistano le condizioni, il trapianto di rene da vivente. “Tutti gli studi sinora riportati – ha detto Costa nel corso del Congresso tenutosi a Bologna – hanno dimostrato una migliore sopravvivenza del rene trapiantato da donatore vivente rispetto a quello proveniente da donatore cadavere, e questa differenza si è mantenuta negli anni nonostante i progressi della terapia immunosoppressiva abbiano consentito di migliorare i risultati del trapianto da cadavere”.

 

Secondo quanto riportato nel registro del Sistema Informativo Trapianti c’è una sopravvivenza dell’organo a un anno pari al 95.9% e una sopravvivenza del paziente ad un anno pari a 98.7%. I dati di sopravvivenza italiani sono persino maggiori di quelli riportati dal registro del Collaborative Transplant Study, ha ricordato il direttore Centro Nazionale Trapianti per il quale il basso numero di trapianti di rene da donatore vivente eseguiti in Italia sembra essere principalmente dovuto alla scarsità delle informazioni disponibili per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica e per i medici che li hanno in cura.

 

La pubblicazione delle Linee Guida sul trapianto di rene da vivente da parte del CNT è da inquadrarsi in un tentativo di fornire ai medici che curano pazienti affetti da insufficienza renale cronica, uno strumento per dare un’informazione adeguata anche sul trapianto da donatore vivente.

 

“Le linee guida, messe a punto con il consensus della intera comunità trapiantologica, sono già stata inviate a tutti i centri di trapianto in Italia – ha sottolineato Alessandro Nanni Costa – Le Linee Guida emanate dal Centro Nazionale Trapianti sul trapianto da donatore vivente prevedono che sul donatore sia effettuato un accertamento che verifichi le motivazioni alla donazione, la conoscenza dei potenziali fattori di rischio e delle reali possibilità del trapianto, in termini di sopravvivenza dell’organo e del paziente, l’esistenza di un legame affettivo con il ricevente e la reale disponibilità di un consenso libero e informato.

 

Allo scopo di garantire il diritto all’informazione e all’autodeterminazione è necessario informare il paziente nefropatico rispetto a tutte le opzioni terapeutiche disponibili: emodialisi e dialisi peritoneale; trapianto da cadavere e trapianto da vivente. È opportuno precisare i rischi e i benefici relativi di ciascuna procedura e illustrare i criteri di scelta. Anche l’informazione rispetto al trapianto da vivente deve essere garantita al pari delle altre e deve essere fornita con obiettività e neutralità, senza che risulti una richiesta a individuare un donatore e quindi una forzatura, che otterrebbe l’effetto di suscitare eventuali timori e quindi il rifiuto indiscriminato del paziente.

 

“Il trapianto da vivente è una possibilità aggiuntiva e non sostitutiva rispetto al trapianto da cadavere. E’ questa la posizione espressa nel Documento informativo sul programma di trapianto di rene da donatore vivente pubblicato di recente dal Centro Nazionale Trapianti con il consenso di tutta la rete Trapiantologica Italiana.“

da SaluteEuropa