Ipoglicemia notturna rischio per il cuore

Gli stati di ipoglicemia possono indurre bradicardia, più frequentemente di notte che di giorno. Questa evidenza emerga da uno studio condotto in Gran Bretagna pubblicato da Diabetes Care. “L’aumento del rischio di bradicardia è stato osservato in alcuni individui e questo avvalora possibilità che ci possa essere una particolare predisposizione, probabilmente genetica, che potrebbe essere oggetto di screening e di prevenzione con i farmaci o con un defibrillatore impiantabile” dice Simon R. Heller dell’Università di Sheffield, principale autore dello studio. “Tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche a conferma”. L’ipoglicemia notturna è già stata riconosciuta come un potenziale evento proaritmico e ne è stato acclarata l’implicazione nelle morti improvvise di giovani con diabete 1. Ma non vi è alcuna prova diretta che possa collegare i cambiamenti elettrocardiografici con queste morti.

Lo studio
Heller e colleghi hanno esaminato l’effetto dell’ipoglicemia sulla frequenza di aritmie cardiache, sulla variabilità della frequenza cardiaca (HRV) e sulla ripolarizzazione cardiaca in 37 soggetti con diabete di tipo 1 di età inferiore ai 50 anni. Complessivamente, 32 partecipanti (86,5%) hanno sperimentato almeno un episodio di ipoglicemia – all’interno di questo gruppo il 62,2% ha sperimentato almeno un episodio di ipoglicemia notturna – e il 75,7% ha vissuto almeno un episodio di ipoglicemia durante il giorno. Si è visto anche che gli episodi ipoglicemici notturni duravano molto più a lungo di quelli diurni (60 contro 44 minuti), e si registrava una tendenza verso valori più bassi dei livelli di glucosio al nadir dell’ipoglicemia notturna.
Anche se le frequenze totali delle aritmie rilevate erano basse, la bradicardia è stata oltre 6 volte più frequente durante l’ipoglicemia notturna che durante l’euglicemia notturna. Al contrario, la bradicardia era molto meno frequente durante l’ipoglicemia diurna che durante l’euglicemia. Inoltre, le frequenze delle aritmie ventricolari non differivano significativamente durante gli episodi di ipoglicemia notturna o diurna in confronto con l’euglicemia.

Tra le misure della frequenza cardiaca, la cardioaccelerazione è stata rilevata durante l’ipoglicemia diurna, ma non durante l’ipoglicemia notturna. Infine, i prolungamenti dell’intervallo QT corretto (QTc) durante l’ipoglicemia notturna e diurna rispetto all’euglicemia hanno confermato l’effetto proaritmogeno dell’ipoglicemia.”I nostri dati confermano che l’ipoglicemia notturna può portare alla morte per una sindrome rara ma devastante chiamata ‘sindrome della morte nel letto’”,conclude Heller.

Fonte: Diabetes Care 2017

Reuters Staff

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)

 

 

da quotidianosanità.it