Il Prof. David Sutherland all’Auditorium dell’Opera della Primaziale di Pisa

Il 24 giugno 2002 presso l’Auditorium dell’Opera della Primaziale di Pisa il Dr D.E.R. Sutherland, Direttore del Diabetes Institute for Immunology and Transplantation e Capo del Programma dei Trapianti dell’University of Minnesota (Fairview Hospital) di Minneapolis, Minnesota, USA ha tenuto una conferenza su “Beta-cells replacement therapy for diabetes: pancreas and islet transplantation as technical variations individualized according to donor and recipient characteristic” seguita poi da una discussione con il pubblico.

Il Prof. F. Mosca, attuale Presidente della Società Italiana Trapianti d’Organo, apriva la sessione presentando il Dr Sutherland come il “padre” del trapianto di pancreas e come colui che ha portato al successo questa terapia per il diabete.

Quale Direttore del principale programma di trapianti di pancreas nel mondo, il più attivo e il più vivo, con più di 1500 trapianti di rene-pancreas (SPKT), con oltre 6500 trapianti di rene, incluso quello pediatrico con trapianti renali eseguiti su bambini che non abbiano ancora compiuto l’anno di vita, con oltre 2500 trapianti di rene da donatore vivente e centinaia di trapianti di isole pancreatiche eseguiti sotto la sua direzione, il Dr. Sutherland ha dato il più alto contributo alla trapiantologia diabetica attraverso l’Università del Minnesota ed è univocamente considerato l’autorità di riferimento mondiale nel campo dei trapianti per i pazienti con diabete mellito.

Il Prof. Mosca passava poi a proporre una breve “cronistoria” del trapianto di pancreas, ricordando che il primo trapianto fu eseguito alla metà degli anni ’60. Ricorda di aver conosciuto il Dr Sutherland a Cortona nel ’90. Sottolinea l’importanza che diabetologi, nefrologi e scienza di base lavorino insieme, perché il trapianto non è un “affaire” dei chirurghi e che le attività trapiantologiche rischiano di durare poco se non vi è collaborazione della scienza di base. Ringrazia infine il Dr Sutherland per il supporto che ha sempre offerto al Centro di Pisa in tutti i campi.

Prende così la parola il Dr Dave Sutherland, riconoscendo al Centro di Pisa la leadership dei trapianti di pancreas in Italia e in Europa, e un posto importante nel mondo. Ed inizia a presentare i dati relativi all’attività trapiantologia non solo del Minnesota, ma del mondo. 2 sono le opzioni attualmente esistenti per ripristinare la funzione endocrina pancreatica:

– il trapianto di organo in toto.
– il trapianto di insule, le beta cellule, che compongono l’1- il 2% del pancreas.

Attualmente trapiantare l’intero organo è una procedura più facile.

Quali devono essere gli scopi della medicina?
– migliorare la qualità della vita ristabilendo l’insulinoindipendenza.
– Prevenire e migliorare le complicanze secondarie del diabete.

Il Dr. Sutherland sostiene che la sua sensazione sia che con il miglioramento delle tecniche e delle procedure di controllo del diabete, in realtà, la qualità della vita del diabetico sia peggiorata.
La terapia intensiva, comportando continui controlli, ridurrebbe la qualità di vita del diabetico, oltre a favorire le ipoglicemie e le morti da esse causate (fino al 7% delle morti verificatesi tra i soggetti diabetici insulinodipendenti viene attribuita all’ipoglicemia).
Ciò che è veramente importante per il diabetico è migliorare la qualità della vita nel quotidiano e questa è, per il Dr. Sutherland, la giustificazione al trapianto.

Il Dr. Sutherland passa poi ad illustrare i dati dell’IPTR dai quali risulta che l’80% dei trapianti di pancreas sono stati eseguiti negli USA. Nell’80 solo il 20% dei trapianti erano funzionanti ad un anno, dopo il 1988 siamo passati al 70-80%.
Questo per quel che riguarda il rigetto nel primo anno (rigetto acuto). Per quel che riguarda il cd. rigetto cronico i dati del trapianto di pancreas sono simili a quelli degli altri organi.

Il primo trapianto di insule è stato praticato nel gennaio 1975.
Nel 1999 solo il 20% dei trapianti funzionava ad un anno: ci si aspetta che nel 2003 l’80% dei trapianti sia ancora funzionante dopo un anno.
Tutto dipenderà dallo sviluppo di nuove terapie.

Passa poi a presentare le diverse tecniche di trapianto.

I dati attuali dimostrano che per il trapianto di solo pancreas (PTA) si ha una sopravvivenza del 100% ad un anno, e che più si è giovani, più facile è il rigetto. Per quel che riguarda i risultati, la sopravvivenza è simile sia nei diabetici di tipo 1 che di tipo 2.
L’Università del Minnesota ha al suo attivo 1519 trapianti di pancreas e 71 di insule. Dal 1998 per i pazienti di PTA si inizia la somministrazione degli immunosoppressori 6 mesi prima del trapianto in modo che non si debbano fare “prove” di tollerabilità del prodotto dopo il trapianto.
Negli USA i trapianti sono stati 11527.

Per quel che riguarda il fallimento di un trapianto si considera che sia possibile più per ragioni tecniche che per motivi immunologici: non si prevede che l’organo rigetti.
La maggior parte dei casi di morte avviene in seguito a malattie cardiovascolari presenti. Il Dr. Sutherland passa poi a mostrare dove viene collocato l’organo (right iliac vessel), quali siano i vari protocolli immunosoppressivi e i risultati di sopravvivenza in base all’età. Precisa poi che ” il trapianto non è per tutti, ma che selezionando accuratamente donatori e riceventi si possono ottenere risultati eccezionali”.

Negli USA i tempi di attesa variano da 3 mesi a 2 anni max.
Un’ipotesi ancora poco praticata sarebbe poi quella del trapianto di segmento di pancreas da donatore vivente (living donor PTx).

Passa poi a mostrare gli effetti del trapianto sulle complicanze secondarie già presenti: tutte migliorano col passare degli anni.

Propone poi un’indagine conoscitiva svolta negli USA in cui i trapiantati intervistati rispondono sulla facilità di gestione: l’8% risponde che era più facile gestire il diabete il 92% risponde che è più facile gestire il post-trapianto.
Una delle indicazioni più pressanti per il trapianto di pancreas sarebbe l’HYPOGLYCAEMIA UNAWARENESS, che negli USA colpisce il 10% dei diabetici.

Il Dr. Sutherland inizia poi a trattare dei trapianti di insule e dell’esperienza del Minnesota. Questa è senz’altro una procedura meno invasiva, che procura meno complicanze, ma con risultati ancora scarsi, non equiparabili al trapianto di organo in toto.

Nel Minnesota la trapiantata di insule più “anziana” è insulinoindipendente da 15 anni. Nel mondo sono stati eseguiti 400 trapianti di insule dal 1974, 300 solo dal 1990. Dal 1995 1/3 dei trapiantati è insulinoindipendente a un anno.

Molti sono gli ostacoli al successo di questa procedura: la difficoltà di isolare un numero sufficiente di insule, la risposta metabolica adeguata.

La tendenza è ad ottenere il numero sufficiente di insule da trapiantare da un solo donatore. Viene spiegata la tecnica del trapianto e le terapie immunosoppressive. Si parla, naturalmente, del protocollo di Edmonton e dei risultati ottenuti dall’Università dell’Alberta, Canada.

Il Dr. Sutherland ritiene che si cercherà con i trapianti di ripristinare la funzionalità delle cellule beta finchè non sarà possibile ottenere la rigenerazione del pancreas nativo. Indica le sue linea guida per migliorare l’attività di trapianto e conclude con un breve cenno ali xenotrapianti.

Il Prof. Mosca, dopo aver ringraziato il Dr. Sutherland per la sua relazione sottolinea l’importanza della ricerca e della collaborazione tra diabetologi, chirurghi e pazienti.

Il Prof. S. Del Prato, direttore della Diabetologia di Pisa, precisa poi che il trapianto non è un affaire dei diabetici, né dei chirurghi, né dei diabetologi, ma di tutti insieme. Dichiara poi che offrire una qualità di vita ottimale deve essere lo scopo più importante: dice di provenire da un’esperienza di terapia intensiva “accanita” allo scopo di evitare le complicanze, ma di essere stato contagiato dall’entusiasmo e dai risultati del Prof. Boggi, del Prof. Marchetti e dalla collaborazione del Prof. Rizzo, che hanno permesso, con il loro operato, di rispondere alle richieste dei diabetici.

Viene poi presentato l’oposculo ” I trapianti di pancreas”, notiziario Informativo a cura del Centro Trapianti di Pancreas e di Rene di Pisa.

300 sono stati i pazienti valutati e 86 quelli trapiantati, di cui 61 di pancreas e rene (da donatore cadavere), 14 di pancreas isolato (da donatore cadavere), 11 di pancreas da donatore cadavere e di rene da donatore vivente.

E’ attivo, anche se in tono minore, un programma di trapianti di insule: il proposito è di svilupparlo.

Un grazie e un plauso al Dr. Sutherland che ha ridisegnato l’orizzonte dei diabetici.

A questo punto si apre la discussione, con domande dal pubblico, formato per la maggior parte da medici, ma anche da diabetici, trapiantati, pazienti in lista d’attesa, studenti. Risponde il Dr. Sutherland.

– D: Perché scegliere un trapianto di pancreas o di insule?
– R: Il rischio immunosoppressivo è più o meno lo stesso. Il rischio chirurgico è maggiore nel trapianto di organo, ma il risultato è migliore. Attualmente la preferenza va data al trapianto di organo.

– D: Si può pensare ad una gravidanza dopo un trapianto?
– R: Sarebbe meglio avere un bambino prima e poi sottoporsi a trapianto: non ci sono rischi per il bambino, c’è un’aumentata possibilità di rigetto. La maggior parte dei bambini viene fatta nascere mediante taglio cesareo.

– D: Se la nefropatia iniziale regredisce dopo il trapianto di pancreas non sarebbe bene procedere al PTA?
– R: Questa sarebbe la logica, attualmente ancora non si è in grado di stabilire chi svilupperà complicanze neuropatiche; ci sono studi in merito per poter “predirre” tale predisposizione. Precisa poi che il trapianto non fa regredire le malattie cardiovascolari già presenti e che ogni episodio di rigetto è più grave del precedente.

– D: Il trapianto di parte del pancreas è da prendere in considerazione per via delle liste d’attesa o per motivi immunologici?
– R: Per entrambe le ragioni.

Il Prof. Boggi domanda (provocatoriamente) cosa bisognerebbe rispondere ad un diabetico che, nonostante conosca i rischi dell’immunosoppressione, chieda il trapianto?
Sutherland risponde che tali rischi non superano l’1-2%, mentre il rischio di sviluppare complicanze è molto maggiore.

E’ un caso di consenso informato. Pensiamo ai soggetti in dialisi: perché i nefrologi consiglierebbero il trapianto di rene se ci fosse un rischio di tumore così alto? Le argomentazioni sono le stesse.

E’ bene che i diabetologi comincino a considerare il trapianto di pancreas alla stregua di come i nefrologi considerano il trapianto di rene.

Conclude allora il Prof. Mosca sostenendo che è importante suggerire ai pazienti l’opzione del trapianto per permettere loro un salto di qualità della vita.

Bisogna vincere le resistenze, sconfiggere l’ignoranza che consiglia male i diabetologi. Non è lecito pensare che debbano essere i diabetici a chiedere ciò che i diabetologi dovrebbero offrire. E’ un problema di ignoranza dei diabetologi.

Questa è solo una delle opzioni possibili, ma potrebbe essere nulla in pochi anni se non si lavora tutti insieme. Il Prof. Mosca si dichiara convinto che saranno necessarie molte risorse e che la Sanità Pubblica potrebbe non offrire abbastanza.

Ecco perché a Pisa hanno puntato molto sulla fondazione ARPA, che l’anno prossimo finanzierà 5 dottorati aggiuntivi, di cui 3 legati alla trapiantologia. Dobbiamo investire in formazione, perché questo non è un affaire di chirurghi.

Il Prof. Mosca conclude con queste parole: “Senza un’adeguata formazione vedremo sempre da lontano quello che ci ha mostrato oggi il Prof. Sutherland”.

Relazione di Daniela D’Onofrio