I risvolti della celiachia al femminile Quali sono i campanelli d’allarmeI risvolti della celiachia al femminile Quali sono i campanelli d’allarme

Nella donna, i segnali della celiachia potrebbero passare inosservati perché “atipici” rispetto alle manifestazioni classiche dell’intolleranza al glutine: un’inspiegabile anemia, qualche difficoltà a diventare mamme, segnali premonitori di osteoporosi in giovane età e la predisposizione ad entrare in menopausa precoce. Un profilo di intolleranza al glutine spesso non riconosciuto dalla donna in ampia percentuale, tanto che secondo le ultime stime fornite dalla Relazione al Parlamento sulla Celiachia del Ministero della Salute sono oltre 280 mila donne celiache ancora non diagnosticate.

La fertilità

«Molte donne non hanno neppure il sospetto di non tollerare il glutine – spiega Marco Silano,coordinatore del board scientifico dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC) la quale, sull’argomento, ha redatto un opuscolo dal titolo “Donne & Celiachia”, scaricabile dal sito www.celiachia.it – andando incontro a possibili gravi rischi e complicanze». Come la sterilità senza una causa apparente, perché la celiachia al femminile può colpire anche l’apparato riproduttivo, l’endometriosi, un menarca tardivo o una menopausa precoce, fino a alterazioni del ciclo mestruale e amenorrea, l’anemia da carenza di ferro, possibile in circa un caso su due, causate dalle alterazione dei globuli rossi.

Gravidanza

Non sempre la celiachia nega la maternità, ma può rendere la gravidanza molto più difficile del normale. «In caso di aborti ripetuti, ritardo di crescita intrauterino – aggiunge Silano –prematurità, basso peso del nascituro o la necessità di ricorrere al taglio cesareo,è possibile ipotizzare una intolleranza al glutine che va confermata con indagini cliniche mirate da cui poi impostare un regime alimentare corretto.Nella quasi totalità dei casi, una dieta priva di questa proteina contribuisce alla remissione dei sintomi e consente alla donna di realizzare le aspettative di maternità». La relazione glutine-bebè è molto stretta: è stato infatti dimostrato che gli anticorpi anti-trasglutaminasi presenti nella donna celiaca che consuma glutine, possono attaccare la superficie di alcune cellule della placenta e indurre una risposta immunitaria tra mamma e feto. Talvolta poi possono subentrare complicanze dovute a malassorbimento del ferro, la cui richiesta è duplice in gravidanza, e dare luogo a una importante anemia o alla difficoltà di “accettare” a livello intestinale l’acido folico, fondamentale per prevenire difetti del sistema nervoso nel feto. Rischi e implicazioni che potrebbero essere evitate: «I test sierologici di screening della celiachia – continua Silano – dovrebbero diventare una pratica di routine in tutte le donne in gravidanza».

Anemia

Sospettare che l’emoglobina possa essere ben più bassa del normale ancora prima che venga accertata da un esame del sangue, è possibile: «Le donne celiache, rispetto all’uomo, sono maggiormente esposte a anemia – chiosa il coordinatore scientifico di AIC – a causa delle perite di ferro indotte dal ciclo mestruale. I possibili segnali di anemia da non sottovalutare sono un eccessivo pallore cutaneo e delle mucose, la debolezza muscolare, la facile affaticabilità e la difficoltà a mantenere la concentrazione».

Osteoporosi

In passato l’associazione tra osteoporosi e celiachia era ricondotta soltanto alla incapacità dell’intestino di assorbire correttamente calcio e vitamina D. A questi fattori, secondo le più recenti ricerche, se ne aggiungerebbe un terzo: ovvero la produzione da parte del sistema immunitario di chi soffre di celiachia di anticorpi che attaccano una proteina chiave per la salute delle ossa, l’osteoprotegerina. «Seguire una dieta senza glutine, unita a terapia medica e stili di vita adeguati – conclude Silano – riducono il rischio di fratture in donne celiache in maniera tanto più efficace quanto più si agisce precocemente». In pratica gli specialisti consigliano di garantire all’organismo un adeguato apporto di calcio, pari a circa 1 g/die, introdotto con una dieta che preveda latte e derivati, formaggi (in particolare il parmigiano), alcune verdure e erbe aromatiche come broccoli, cavolo nero, coste, erba cipollina, prezzemolo, spinaci e frutta tra cui arance, kiwi, lamponi, more e ribes nero. Non va neppure trascurato l’introito di vitamina D con la giusta esposizione al sole e all’aria aperta (mani e viso per almeno 10 minuti al giorno) e una integrazione dietetica con le poche fonti alimentari possibili: fegato e visceri di pesci, latte e derivati, uova. E come sempre si raccomanda anche un po’ di moto, regolare e costante, con esercizi che siano bilanciati al peso corporeo e dove ossa e muscoli lavorano contro la gravità, come passeggiate, salire le scale, sollevare pesi leggeri. Infine occorre bandire i fattori di rischio che facilitano la perdita di calcio: pochi caffè, massimo due al giorno; niente alcool che pare avere una azione inibitrice sulle cellule che costituiscono il tessuto osseo e fumo. Non ultimo la “prevenzione clinica” che consigli di eseguire periodicamente, e sotto consiglio medico, gli esami per la definizione della densità minerale ossea (MOC) e laddove necessario di impostare le adeguate terapie.

 

da Corriere Salute