I batteri intestinali sono più di ciò che mangiamo!

Nonostante millenni di convivenza con i miliardi di batteri simbionti presenti nel nostro organismo, ancora non sappiamo esattamente ciò che determina l’esatta composizione di queste comunità, e come essa varia nella popolazione umana.

Due studi su larga scala dimostrano che i fattori una volta ritenuti critici per la composizione della nostra flora intestinale, come ad esempio il parto (naturale vs. cesareo), l’allattamento al seno, e l’indice di massa corporea, solo importanti solo in parte. 
Al contrario, le medicine ampiamente usate per i bruciori di stomaco, gli antibiotici, gli “anti-colesterolo”, i lassativi, e l’età, sono determinanti nella composizione del nostro microbioma. Il consumo di alcuni alimenti (es. cioccolato) e la variabilità alimentare possono avere un effetto importante.

In uno studio sulla rivista Cell del 2016, il gruppo di Jeffry Gordon ad esempio aveva mostrato che severi casi di malnutrizione in alcuni paesi poveri (oltre 3 milioni di morti all’anno, il 45% dei totali al mondo sotto i 5 anni!) possono venire fortemente ridimensionati con specifici probiotici, capaci di “istruire” la flora intestinale dei bimbi a digerire al meglio il latte materno (ricco di zuccheri poco digeribili). L’uso di probiotici quindi potrebbe avere un grosso impatto sul nostro stato di salute generale, e magari su alcune patologie.

In combinazione con i dati di altri studi simili, due grossi lavori europei su Science in questi giorni mostrato che il 95% delle persone condividono 14 generi di specie microbiche (le quali costituiscono il nucleo predominante del microbioma umano). In tutto, vi sono più di 600 generi di batteri che abitano il nostro corpo. 
Uno degli obiettivi di questi studi è stato quello di vedere se un parametro analitico fosse un buon riflesso di salute generale microbioma. Tra questi, è stata identificata la variazione della popolazione microbica delle feci ed una specifica proteina neuroendocrina (chromogranin A, che segnala l’attivazione da stress del sistema nervoso ed endocrino). La cosa sorprendente però è che questi parametri sono rilevanti sono in una ristretta fetta di popolazione sulla variazione del microbioma (meno del 20%). E’ come se la variazione del microbioma venisse influenzata contemporaneamente da moltissimi fattori e fosse molto individuo-dipendente.

Ora facciamo un passo in più:
Ricercatori della University of British Columbia, guidati dalla Prof. Deanna Gibson, hanno dimostrato che topolini maggiormente suscettibili al diabete, hanno pure colonie di batteri intestinali meno favorevoli rispetto a quelli non a rischio [ISME Journal 10, 2016]. 
In più, l’uso degli antibiotici da solo non è in grado di far sviluppare il T1D. Tuttavia ne può accellerare l’insorgenza.
In particolare, l’uso di antibiotici, che può essere vitale per noi in alcune infezioni, altresì può sconvolgere la popolazione di batteri simbiotica che svolge un ruolo protettivo allo sviluppo del T1D.

Visti nel complesso, questi lavori ci danno una visione da più parti di come i batteri presenti nel nostro corpo (intestino e mucose) siano essenziali per i processi digestivi, lo sviluppo del nostro sistema immunitario, e quindi la nostra suscettibilità alla comparsa delle malattie. Ci quantificano anche il peso di quanto l’alimentazione e l’uso di alcuni farmaci siano rilevanti.

Data l’importanza degli antibiotici ed altri farmaci in forma massiva nella popolazione sulla variazione del microbiota, traslare ad esempio gli ultimi risultati di Gibson e collaboratori dai topolini all’uomo, è adesso per noi tutti db ancora più urgente…

 

di Gianpiero Garau