E’ confermato: una variante genetica predispone al diabete tipo 2

Uno studio recente ha confermato che una variante genetica aumenterebbe la predisposizione al diabete di tipo 2.

Sul numero del 20 luglio del New England Journal of Medicine sono pubblicati i risultati di un ampio studio su adulti a rischio, denominato Diabetes Prevention Program (DPP).
In questa ricerca vengono confermati i risultati di uno studio precedente, pubblicato su Nature Genetics lo scorso gennaio, e la scoperta di una mutazione, denominata TCF7L2 che predisporrebbe al diabete di tipo 2.

Hanno partecipato allo studio 3.234 adulti con glicemia superiore alla media, ma non ancora a livelli tali da essere diagnosticati diabetici.
Molti erano sovrappeso.
Circa la metà facevano parte di gruppi etnici minoritari, con un rischio diabetico molto alto.

La variante genetica, o allele, recentemente identificata, è localizzata nel cromosoma 10q25.3 .
Si tratta di un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP), o mutazione di una singola coppia di basi, nelle regione del gene che codifica un fattore di trascrizione – cioè una proteina che agisce come “interruttore centrale”, regolando l’espressione di altri geni.
Nell’analisi del DNA, i ricercatori hanno riscontrato una copia della variazione genetica nel 40% dei partecipanti allo studio, e due copie nel 10%.

“Per quel 10% delle persone che hanno ereditato le due copie della variazione, il rischio di contrarre il diabete è circa l’80% maggiore”, spiega il dr. Jose Florenz del Massachusetts General Hospital, principale autore dello studio.

La variante genetica può quindi chiaramente indicare una predisposizione alla malattia, come altri fattori di rischio conosciuti, quali un’età superiore ai 45 anni, il sovrappeso, la scarsa o nulla attività fisica, una storia pregressa di diabete gestazionale.
Gli studiosi tuttavia non raccomandano test genetici in via preventiva.
I ricercatori hanno fatto notare che tutti i partecipanti allo studio hanno tratto beneficio da uno stile di vita sano .

“I cambiamenti nello stile di vita hanno ridotto il rischio anche tra coloro che avevano entrambe le copie della variazione genetica” afferma il dr. Florenz. “Questo risultato mette in evidenza che chi è a rischio di diabete, anche se in sovrappeso, o con glicemia alta o variazioni genetiche, trae beneficio da uno stile di vita più salutare”.

Coloro che durante lo studio hanno perso dal 5% al 7% del peso corporeo grazie alla dieta e all’esercizio fisico hanno ridotto l’insorgenza del diabete del 58%.

Va fatto notare che i partecipanti allo studio ai quali era stato assegnato di cambiare stile di vita sono stati seguiti da un dietologo e da un allenatore.
Molti adulti a rischio non hanno la possibilità di ricevere questo genere di supporto.

“Prevedere meglio chi è maggiormente a rischio permetterebbe di focalizzare gli interventi su coloro che ne hanno più bisogno” afferma il dr. Sanford Garfield, uno dei ricercatori coinvolti nello studio.

 

 

Fonte: Medical News Today / NIH/National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases 

5 agosto 2006