Diabete, rischio fratture con gli SGLT2-inibitori tutto da valutare

In un commento pubblicato di recente su Lancet Diabetes & Endocrinology, tre esperti del settore invitano a indagare con più cautela la potenziale relazione tra inibitori dell’SGLT2, una delle nuove classi di ipoglicemizzanti per il trattamento del diabete di tipi 2, e le fratture ossee.

Secondo Simeone Taylor, del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney, e altri due colleghi, è biologicamente plausibile che questa classe di farmaci – che comprende canagliflozin, dapagliflozin ed empagliflozin – possa avere un impatto sulle fratture.

“Penso che il rischio di fratture ossee, se dovesse essere confermato come effettivo, sia importante per le pazienti, soprattutto per quelle in post-menopausa che sono già a maggior rischio” ha detto la Taylor in un’intervista.

Diversi studi hanno evidenziato un possibile legame con le fratture per tutti i farmaci della classe. Se si considera il meccanismo d’azione di questi agenti, il collegamento è plausibile, scrivono i tre ricercatori, perché gli inibitori dell’SGLT2 hanno dimostrato di aumentare la concentrazione del fosfato nel siero, probabilmente attraverso un aumento del riassorbimento a livello dei tubuli renali, il che può influenzare negativamente l’osso.

Livelli elevati di fosfati potrebbero anche aumentare i livelli del fattore di crescita dei fibroblasti 23 (FGF23), che è stato associato alla malattia ossea; inoltre, questi farmaci potrebbero anche aumentare le concentrazioni di ormone paratiroideo, che possono aumentare il riassorbimento osseo e quindi il rischio di fratture.

Allo stesso tempo, gli inibitori dell’SGLT2 possono anche ridurre le concentrazioni sieriche di vitamina D, che possono, a loro volta, diminuire l’assorbimento del calcio dal tratto gastrointestinale e compromettere la calcificazione ossea.

Anche se gli studi sugli outcome cardiovascolari nei pazienti che assumono inibitori dell’SGLT2 richiesti obbligatoriamente dalla Food and Drug Administration  saranno di dimensioni e durata sufficienti per valutare anche il rischio di fratture ossee, i tre autori auspicano l’esecuzione di ulteriori studi per indagare questo potenziale effetto collaterale.

“Ci sono meccanismi fisiopatologici plausibili che potrebbero mediare effetti negativi sulle ossa” di questi farmaci, scrivono i ricercatori. “I prossimi studi in cui si indaga sul meccanismo d’azione potrebbero identificare i pazienti più suscettibili allo sviluppo di fratture ossee indotte da farmaci e potrebbero suggerire approcci terapeutici per ridurre tale rischio”.

S.I. Taylor, et al. Possible adverse effects of SGLT2 inhibitors on bone. Lancet Diab & Endo 2014; doi: 10.1016/S2213-8587(14)70227-X.
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da PHARMASTAR