Diabete neonatale: individuate due nuove alterazioni genetiche

Il diabete neonatale potrebbe essere catalogato tra quelle che vengono definite “malattie rare”. Le stime stabiliscono che viene colpito un bambino ogni centomila e in genere la patologia si presenta entro il sesto mese di vita. Tra le possibili complicanze legate ad essa, possono verificarsi stati di debolezza muscolare, difficoltà di apprendimento e persino manifestazioni di tipo epilettico. Può causare inoltre un ritardo della crescita e, in alcuni casi, disidratazione e chetoacidosi che può portare al coma.

Il diabete mellito di tipo I è la forma più frequente in cui si manifesta la malattia. Vi è un’insufficienza legata alla produzione di insulina, ormone prodotto da alcune cellule del pancreas necessario per mantenere la glicemia a livelli normali.

Altre forme di diabete possono tuttavia interessare, seppure in misura minore, l’età pediatrica:

-il diabete mellito di tipo II (tipico dell’età adulta), che però sembrerebbe essere aumentato tra i bambini

-il mody (Maturity Onset Diabetes of the Young), di ceppo genetico/familiare

-il diabete secondario, legato ad altre patologie come fibrosi cistica o disfunzioni dell’endocrino, oppure all’assunzione di terapia perpetua a base di cortisonici

Attualmente ammonta a venti il numero di alterazioni genetiche che provocano il diabete neonatale, ma le ultime due sono state recentemente individuate da un gruppo di ricercatori inglesi che operano all’Università di Exeter.

L’obiettivo dei ricercatori mira alla messa a punto di trattamenti che prevedono l’uso delle staminali, sfruttando le nuove conoscenze genetiche del caso. Le due nuove alterazioni genetiche hanno relazione diretta con la produzione di insulina.

La manipolazione delle cellule staminali infatti consentirebbe l’inserimento (attraverso iniezione) di geni funzionanti, (ovvero in grado di produrre insulina), che possano ristabilire gli equilibri della normale produzione dell’ormone mancante.

 

 

da Blasting News