ADA2022: il diario di “bordo” del Dr Andrea Scaramuzza (day 5)

Eccoci arrivati all’ultimo giorno di congresso. In realtà un pezzetto di giornata che si è esaurita velocemente alle 9.30. Il simposio più interessante quello sulla eterogeneità del diabete, anche in età pediatrica.

È quindi il momento per riprendere alcuni temi importanti ma che per motivi di spazio ho trascurato, due su tutti: l‘esercizio fisico e la terapia immunologica del diabete e soprattutto del prediabete in ottica di prevenzione.
L’esercizio fisico è la raccomandazione numero uno per prevenire (diabete tipo 2) e/o gestire (diabete tipo 1 e 2) il diabete. Tuttavia, per molte persone con diabete, dedicarsi a una tranquilla attività fisica quotidiana non è solo una questione di motivazione. Quando si esaminano i dati di una ricerca condotta negli Stati Uniti, riguardo la frequenza di attività fisica auto-riferita, molti degli Stati del sud degli USA hanno riferito di avere i più alti tassi di inattività, evidenziando come un clima migliore non sia un predittore di attività, poiché molti Stati con climi più freddi hanno mostrato più individui con una maggiore attività fisica.
Queste differenze nei livelli di attività fisica non erano limitate allo Stato in cui vivevano le persone, e dipendevano anche da:
1) Etnia: ispanici e afroamericani avevano i più alti tassi di inattività
2) Ambiente: le persone che vivono nelle zone rurali avevano meno attività fisica
3) Istruzione: l’attività fisica è diminuita con una maggiore istruzione
4) Reddito: anche l’attività fisica è diminuita all’aumentare del reddito (più lavoro = meno tempo per l’attività fisica)
5) Stato civile: stato civile previsto inattività per gli uomini (sposato = meno attività fisica)
Il dottor Carlos Crespo ha presentato diversi studi che hanno dimostrato che le disparità nell’accesso giocano un ruolo enorme sul motivo per cui alcune persone sono meno attive fisicamente di altre. Le barriere percepite all’attività fisica includevano:
1) Mancanza di tempo
2) Preoccupazioni per la sicurezza (criminalità, traffico intenso, ipoglicemia)
3) Accesso alle strutture (parchi, palestre)
4) Mancanza di strutture (sentieri pedonali, piste ciclabili)
5) Attività lavorativa
6) Età
7) Istruzione (le scuole di neri e ispanici hanno insegnanti di educazione fisica meno qualificati e budget inferiori)
Alcune comunità devono affrontare ulteriori barriere, come le persone con diabete che vivono nelle aree rurali. Queste comunità hanno dovuto affrontare barriere come la mancanza di opzioni di trasporto, clima/terreno, mancanza di marciapiedi e illuminazione e avevano problemi di sicurezza a causa del traffico più intenso e persino della fauna selvatica pericolosa.
Le donne affrontano ulteriori barriere psicosociali all’attività fisica.
1) Mancanza di supporto sociale
2) Motivazione
3) Accesso all’assistenza all’infanzia
4) Forma fisica di base percepita
5) Consapevolezza di dominare la situazione.
Per le persone che convivono anche con l’obesità, l’ostacolo principale era la motivazione, che mostrava la necessità di un migliore supporto psicologico.
Se l’accesso a palestre e parchi è un ostacolo all’aumento dell’attività fisica, la costruzione di più strutture potrebbe non essere sufficiente a risolvere il problema. La semplice costruzione di una struttura, infatti, non da garanzie che le persone vengano. È necessario che le infrastrutture siano sostenute dall’impegno della comunità, la sensibilizzazione del pubblico, le interazioni sociali e il miglioramento dell’accesso (trasporti/attraversamenti stradali) per fare davvero la differenza nelle attività.
Alcune soluzioni proposte per aiutare ad aumentare l’attività includevano:
1) Aumentare l’accesso agli spazi: parchi e centri ricreativi, convenzioni per l’uso condiviso (uso delle palestre scolastiche fuori orario), strutture per il lavoro + polizze (voucher, tempo durante il lavoro per l’attività fisica)
2) Inclusivo: disporre di segnaletica adeguata, orientamento in luoghi percorribili, segnaletica per punti decisionali (disporre di immagini che includano persone diverse; utilizzare un linguaggio che faccia sentire le persone incluse)
3)  Ricerca: più ricerca al fine di produrre raccomandazioni mirate.
La maggior parte degli studi sull’attività fisica e sul diabete si è concentrata sui bianchi, ma le prove suggeriscono che le risposte all’allenamento possono variare in base all’etnia e al sesso. Inoltre, i sondaggi futuri dovrebbero utilizzare domande culturalmente sensibili quando si pongono domande sull’attività fisica autodichiarata, assicurandosi di includere tutte le possibili opzioni.
Livelli più elevati di attività fisica e allenamento fisico proteggono dallo sviluppo di malattie, incluso il diabete di tipo 2 e dalle malattie cardiovascolari. Proprio come le barriere sono significativamente influenzate dall’etnia, anche le differenze fisiologiche dovrebbero essere considerate da questo punto di vista.
È stato dimostrato che il tipo di fibra muscolare ha un impatto sull’attività fisica e sulla salute metabolica. Diversi gruppi etnici potrebbero avere una composizione diversa in termini di fibre muscolari, con la necessità di ulteriori studi per esaminare come etnie e sessi diversi rispondono alle diverse attività fisiche. Sebbene possano esserci differenze fisiologiche per etnia e sesso, è stata sottolineata l’importanza di affrontare in futuro anche gli svantaggi socio-economici, l’ambiente di vita, lo stile di vita, ecc.
Vivere in una zona meno facilmente percorribile era associato a una diminuzione del 20% dell’attività fisica da moderata a vigorosa. Più aree percorribili erano associate a una riduzione del 35% del rischio di diabete incidente. Tuttavia, questo studio non ha mostrato alcuna evidenza di differenze per sesso, razza o età, indicando che l’aumento della pedonabilità di un’area, molto probabilmente porterebbe a una maggiore attività fisica, cosa solitamente non facile da ottenere dalle persone, nemmeno da quelle con diabete.
È stato dedicato un simposio al rendere indipendenti i teenager con diabete, in prospettiva di andare al college, o all’università. Questo è un argomento delicato ma che non può essere eluso. Per quanto molti genitori fatichino a rescindere il cordone ombelicale che li lega ai figli, questa è un’operazione imprescindibile. A cui anche il diabetologo può (anzi deve) prendere parte.
Il diabetologo può strutturare le visite in modo da incoraggiare l’indipendenza. Questo potrebbe includere i seguenti suggerimenti (di cui sono personalmente grande fan e cultore):
1) Parla direttamente con il giovane paziente invece di rivolgerti al genitore
2) Rendi fin da subito 1:1 il tempo con il paziente una parte regolare della visita, invece di chiedere se vuole che il genitore o il tutore lascino la stanza
3) Riconosci la loro esperienza ed evita di farli sentire come se non sapessero abbastanza di diabete
4) Riconosci che quando la vita cambia, potrebbero voler cambiare il modo in cui gestiscono il loro diabete
5) Avvia conversazioni su argomenti tabù come alcol, sesso e droghe per chiarire che hanno un posto sicuro per queste discussioni
6) Non spingere sulle scelte che dovrebbero fare, ma educali a quali opzioni hanno e loro possono scegliere.
È importante comunicare che non c’è una glicata cattiva: è solo un punto di partenza che può aiutare a informare sulla loro gestione del diabete. Il supporto tra pari per aiutare i giovani adulti a costruire il loro sistema di supporto per il diabete va incoraggiato, mentre si spostano lontano da casa.
Offrire una varietà di risorse, come social media, blog o piattaforme online è utile anche se qualcuno non vuole o non è pronto a parlare con i coetanei.
Un altro modo per aiutare i giovani adulti a sentirsi responsabili nella gestione del diabete è prepararli alle emergenze legate al diabete, come i “giorni di malattia”, la chetoacidosi diabetica (DKA) o una grave ipoglicemia. È anche fondamentale discutere su come bere alcolici in sicurezza con il diabete.
Ricordare sempre che le tattiche basate sulla paura sono inefficaci con i giovani adulti e creare ansia per il diabete può avere conseguenze indesiderate.
Quando si parla di situazioni di emergenza:
1) Concentrati sulle strategie pratiche
2) Parla di cosa aspettarsi e cosa fare durante DKA, grave ipoglicemia o giorni di malattia (come il vomito)
3) Rimuovi il giudizio: la DKA o l’ipoglicemia grave non è colpa di nessuno
4) Discutere come spiegare il diabete e le situazioni di emergenza ai coinquilini, come i segni di ipoglicemia e come usare il glucagone.
Il diabete nei bambini sta diventando sempre più eterogeneo. Il diabete di tipo 2 pediatrico sta aumentando di frequenza e, come è ormai riconosciuto negli adulti, sembrano esserci gruppi distinti. Nel diabete di tipo 1, studi genetici, immunologici, istopatologici e metabolici suggeriscono diversi sottotipi (o endotipi). Inoltre, i bambini possono presentare caratteristiche che rendono difficile la classificazione del diabete al momento della diagnosi.
Il nostro obiettivo finale è comprendere le implicazioni di questa eterogeneità per la previsione, la prevenzione, la diagnosi e il trattamento.
L’incidenza del diabete pediatrico è in aumento e vengono diagnosticati casi più atipici. Analizzando l’eterogeneità del diabete, saremo in grado di applicare la medicina di precisione e, in definitiva, migliorare i risultati sanitari nei bambini con diabete, che attualmente sono peggiori che negli adulti, in diverse parti del mondo US inclusi.
Non ci sono state grosse novità in tema di immunoterapia per la prevenzione del diabete. Teplizumab resta l’unico farmaco, in attesa di approvazione FDA, che dovrebbe pronunciarsi ad agosto 2022, dopo aver chiesto un supplemento di documentazione, in grado di ritardare di circa 2 anni l’esordio della malattia.
Mi fermerei qui.
Domenica 12 giugno alle 18.30 sarò online per rispondere alle vostre domande all’interno della domenica della ricerca di #fondazioneitalianadiabete e con Francesca Ulivi.
Di seguito il mio personalissimo decalogo (aspetti positivi o meno) dei dieci aspetti/argomenti/presentazioni che mi hanno in qualche modo colpito durante il congresso #ADA2022. E come ogni classifica che si rispetti dal 10 al 1 posto.
10. Si è iniziato a parlare di minoranze e della loro importanza ai fini della cura ‘di precisione’ del diabete. Minoranze etniche ma anche di genere, argomento spesso lasciato fuori dalla porta ma del quale dobbiamo imparare ad occuparci. Per essere nel mese della sensibilizzazione LBGTQ un bel segnale. E in un congresso internazionale.
9. Omnipod 5 continua ad essere un oggetto piuttosto misterioso, anche se i dati non mancano e anche al Congresso è stato presentato in pompa magna allo stand Insulet. Quello che manca sono date più o meno certe di commercializzazione in Europa (manca ancora approvazione CE).
8. L’aumento dell’obesità da un lato e forse la pandemia COVID-19 dall’altro sono responsabili di un aumento dei pazienti pediatrici con diabete tipo 2. Non è un bene, certo. Ma non possiamo far finta di niente. E il proverbio, prevenire è meglio che curare, è sempre più attuale.
7. Teplizumab, unico farmaco che ha dimostrato una sicura efficacia nel rallentate la comparsa di diabete tipo 1, ancora in balia di FDA per l’approvazione. Un vero peccato.
6. Insulina settimanale Icodec e altre insuline (rapide, ultra rapide, ultra ultra rapide, nasali) stanno ‘crescendo’ bene, aiutando ad ampliare il ‘parco macchine’ a disposizione di noi diabetologi per una terapia sempre più mirata e personalizzata.
5. I sistemi ibridi avanzati si sono confermati oggi essere il top per la terapia del diabete tipo 1, ma anche tipo 2. Dati interessanti del pancreas bionico, che non necessita di bolo, fanno ben sperare ma sottolineano l’importanza del bolo per risultati soddisfacenti.
4. I dati relativi ai primi due esseri umani trattati con cellule staminali per ripristinare la secrezione di insulina sono non solo incoraggianti, ma fanno intravedere una lucina in fondo al tunnel. Certo che la necessità di fare immunosoppressione è una vera rottura.
3. FreeStyle Libre 3, già approvato da tempo in Europa e in procinto di entrare a brevissimo nel mercato italiano, e ora approvato anche in US, sembra davvero interessante. La lettura della glicemia ogni min, potenzialmente, potrebbe aumentare la precisione degli algoritmi di somministrazione dell’insulina. Personalmente sono curioso di vederlo all’opera con CAM APS. Abbott, inoltre, ha annunciato la produzione di un sensore che misurare contemporaneamente glicemia e chetonemia.
2. Gli aspetti psicologici del diabete non solo meritano attenzione, ma la esigono a gran voce. È un controsenso che i team diabetologici (tutti) non abbiano uno psicologo a tempo pieno che si occupi dei pazienti con diabete. Pochi sono i centri in cui questa figura è strutturata, mentre dovrebbero averlo tutti. Non possiamo più continuare a fare finta di niente.
1. Questa volta mi allontanò un po’ dalla mia ‘amata’ tecnologia, ma credo non vi siano dubbi su quale sia stata la star di questa edizione di ADA. Mi riferisco a Tirzepatide, agonista del recettore di GLI/GLP-1 e rivelatosi efficace anche nel far perdere peso ai pazienti, non solo con diabete tipo 2, ma anche obesi. Ne sono sicuro, nei prossimi mesi prenderà la scena. E ne vedremo delle belle.
Dr Andrea Scaramuzza
Responsabile Endocrinologia, Diabetologia & Nutrizione Pediatrica presso ASST di Cremona