A giudizio il dramma di malasanità di Plinio

È appesa a un filo la richiesta di giustizia della famiglia Ortolani per Plinio, il bimbo rimasto disabile dopo la mancata diagnosi di diabete e una serie di errori medici eclatanti di cui l’Unità ha dato conto a ottobre. Proprio ora che emerge un caso simile, che chiama in causa alcuni dei sanitari accusati dagli Ortolani.

Il gip Giampiero Borraccia del tribunale di Arezzo deve infatti pronunciarsi sulla seconda richiesta di opposizione all’archiviazione del caso. Si tratta dell’ultima chance , per la famiglia del bimbo che oggi ha 5 anni , di vedere riconosciute le proprie ragioni, perché «non accada mai più a nessuno quello che è successo a noi», ricorda il padre, lacopo, che da allora corre «per Plinio»  nelle gare podistiche di tutta Italia, con centinaia di sostenitori che hanno fatto propria la sua battaglia.
Ricorda «i sintomi ignorati dal pediatra di famiglia, le analisi del sangue lette per telefono in modo errato dal laboratorio dell’ospedale di San Sepolcro (Ar), la diagnosi di diabete Mellito di tipo 1 arrivata troppo tardi, la reidratazione effettuata a Perugia secondo protocolli non adatti, il coma». Un caso emblematico per il professor Camillo Ricordi, diabetologo di fama, dei rischi corsi dai piccoli pazienti diabetici in Italia – 20 mila tra bimbi e adolescenti -, con strutture (e personale) non ancora in grado di riconoscere con tempestività il diabete.
Un punto determinante , perché senza la giusta terapia possono insorgere complicanze invalidanti come nel caso di Plinio – problemi neurologici e motori – se non mortali. Plinio è stato salvato all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze quando già gli era stata data l’estrema unzione, un calvario che i genitori ancora rievocano con dolore . Perciò si può immaginare il loro choc quando poco tempo fa li contatta la signora E. raccontando loro un’odissea drammaticamente simile, partita nel 2004 e cioè cinque anni prima di quella di Plinio. Il pediatra poi è lo stesso, il dottor P. B. di San Sepolcro.

La signora mette la sua testimonianza a disposizione dell’avvocato della famiglia. Spiega che anche sua figlia – allora aveva solo 16 mesi – un giorno accusa gli stessi sintomi di Plinio: ha la febbre a 38.5 ma soprattutto urine maleodoranti, tanta sete, è inappetente.
Il 14 otto- bre 2004 li segnala al dottor B. che però non può vederla e non formula alcuna diagnosi. La donna arrivata sera e visto che la piccola non migliora corre al Pronto soccorso di San Sepolcro. Qui diagnosticano una faringotonsillite per la sua difficoltà a respirare , in realtà un altro segnale dell’insorgere del diabete. La madre riporta a casa la bambina (come era successo con Plinio , non ci si accorge della gravità della situazione) e il giorno dopo chiama a casa il pediatra, perché sta ancora molto male. Il medico dispone il ricovero per sospetta broncopolmonite destra. In ospedale le fanno una rx che però risulta negativa, si teme allora una leucemia e la piccola viene inviata all’ospedale di Arezzo, dove visti gli esami del sangue si individua infine il diabete.
La bambina oggi ha problemi cognitivi.
E se anche la famiglia non se la sentì di fare causa, oggi vorrebbe che giustizia fosse fatta almeno per Plinio. «Se i medici avessero fatto tesoro di quanto successo – nota amaro il padre lacopo – forse le cose per noi sarebbero andate diversamente».

 

di Adriana Comaschi

L’Unità