Vaccinazione contro il rotavirus per prevenire il tipo 1?

L’ipotesi che il Rotavirus posso essere un agente coinvolto nel diabete di tipo 1 è che quindi la vaccinazione contro il Rotavirus possa essere utilizzata per la sua prevenzione è una ipotesi che arriva da lontano. Nel 1994 Leonard C. Harrison e Margo C. Honeyman due scienziati del Walter and Eliza Hall Institute of Medical Research al Royal Melbourne Hospital (Australia) hanno passato un periodo sabbatico all’Istituto Scientifico San Raffaele di Milano che allora ospitava Roche Milano Ricerche diretto dallo scienziato italiano Luciano Adorini.
Studiando il modello murino di diabete di tipo 1 (topo NOD) cercarono “pezzi” di proteine in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere le isole umane (Harrison LC, J Exp Med. 1997). I due ricercatori australiani (Honeyman MC Mol Medicine. 1998)  individuarono un pezzo di una proteina espressa dalle isole e riconosciuta dal sistema immunitario che assomigliava molto a un pezzo della principale proteina del Rotavirus [tecnicamente un epitopo dominante, VIVMLTPLVEDGVKQC, amminoacido aa 805–820 in uno degli autoantigeni cioè IA-2, che aveva un’identità del 56% e una somiglianza del 100% su 9 aa con una sequenza aa 40-48 nella principale proteina virale immunogena 7 (VP7) proteina capside-esterna del sierotipo Rotavirus umano genotipo 3 (G3), ceppo P].
Succesivamente (Honeyman MC, J Immunol. 2010), un altro pezzo del virus è risultato simile ad un’altra proteina espressa dalle isole [tecnicamente una sequenza vicina in VP7 aa 17–25 aveva un’identità del 78% e una somiglianza del 100% rispetto a 9 aa con un noto epitopo per cellule T HLA-DR4 ristretto in GAD65].
Questa scoperta ha suggerito la possibilità che potesse esistere quello che viene definito “mimetismo molecolare funzionale”.
Cioè se si ha un’infezione da Rotavirus e quindi si monta una risposta del sistema immunitario contro di esso, la stessa risposta potrebbe riconoscere un qualcosa di simile presente nelle isole pancreatiche e, pensando che sia il virus, produrre un danno anche in quella sede. Sebbene il mimetismo molecolare sia intrigante, il suo ruolo di meccanismo causale nelle malattie umane può solo essere suggestivo.
Per ottenere prove più dirette per un ruolo del Rotavirus nel diabete di tipo 1, lo stesso gruppo nel 2000 (Honeyman MC, Diabetes. 2000) ha cercato una un’associazione temporale tra la comparsa degli autoanticorpi contro le isole e l’infezione da Rotavirus in 360 bambini a rischio genetico per diabete di tipo 1 che sono stati monitorati dalla nascita.
In 24 bambini in cui gli autoanticorpi sono stati rilevati per la prima volta o sono aumentati nella concentrazione, gli anticorpi contro Rotavirus sono stati temporalmente associati in una buona percentuale di casi (nell’86%, 62% e 50% dei casi, rispettivamente per anti-IA-2, insulina e GAD65). Questo, insieme ad alcune evidenze sperimentali che suggerivano che il virus poteva localizzarsi direttamente nel pancreas, ha spinto gli stessi autori a verificare se esista una correlazione tra l’infezione del Rotavirus e l’incidenza del diabete di tipo 1. Due vaccini contro il Rotavirus sono stati introdotti nel Programma nazionale australiano di immunizzazione nel 2007 e hanno avuto un elevato tasso di utilizzo con un significativo effetto di immunità di gregge. Si è quindi ragionato in questo modo: se l’infezione naturale con Rotavirus fosse un fattore causale nel diabete di tipo 1, la vaccinazione contro il Rotavirus dovrebbe variare l’incidenza della malattia. I colleghi australiani (Perrett KP, JAMA Pediatr. 2019) hanno quindi usato i dati disponibili per analizzare l’incidenza del diabete di tipo 1 nei bambini australiani negli 8 anni prima e dopo l’introduzione del vaccino contro Rotavirus.
Nell’intervallo di 16 anni, 16.159 nuovi casi di diabete di tipo 1 sono stati registrati tra i bambini di età compresa tra 0 e 14 anni, pari a un tasso medio di 24,4 casi per 100.000 bambini. Nei bambini di età compresa tra 0 e 4 anni, il numero di casi di incidenti è diminuito in modo significativo del 15% dopo l’introduzione del vaccino mentre non sono state osservate differenze nei bambini di età compresa tra 5 e 9 e 10-14 anni.
Questa evidenza è stata recentemente confermata in uno studio di coorte più ampio condotto negli Stati Uniti (Rogers MAM. Sci Rep. 2019), che ha valutato l’incidenza del diabete di tipo 1 in relazione alla vaccinazione per il Rotavirus, utilizzando i dati disponibili dall’assicurazione privata dal 2001 al 2017 di quasi 1,5 milioni di bambini statunitensi. Nei bambini nati dal 2006 al 2017, oltre 540.000 hanno ricevuto tutte e tre le dosi di vaccino per il Rotavirus, quasi 141.000 hanno ricevuto almeno una dose e 246.600 non sono stat1 vaccinati.
L’incidenza di T1D nei bambini che hanno ricevuto tutte e tre le dosi di vaccino è stata di 12,2 casi per 100.000 persone anni, rispetto al 20,6 in quelli non vaccinati, vale a dire una differenza del 41%. È importante sottolineare che l’incidenza non è stata modificata nei bambini che sono stati solo parzialmente vaccinati. Tutto liscio quindi?
No, come spesso accade in scienza i dati non sono sempre tutti concordi. Uno studio di coorte finlandese (Vaarala O Pediatr Infect Dis J. 2017) basato sulla popolazione di 495 casi di T1D nati nel 2009 e seguiti per 5 anni è risultato inconcludente per quanto riguarda un’associazione tra vaccinazione per Rotavirus e rischio di diabete di tipo 1 o celiachia, anche se ha esaminato un numero relativamente piccolo di casi in un lasso di tempo relativamente breve.
Ovviamente i dati sono molto interessanti. Questo potrebbe essere il primo esempio di prevenzione primaria del diabete di tipo 1, ma sappiamo in realtà ancora poco e l’efficacia della vaccinazione per Rotavirus potrebbe variare in base alla posizione geografica a causa delle differenze genetiche e ambientali.
Gli studi epidemiologici da soli non possono stabilire una relazione causale tra Rotavirus e diabete di tipo 1, ma sono uno stimolo per comprendere i meccanismi della malattia.
Dimostrare direttamente se il Rotavirus infetta il pancreas umano prima dell’inizio dell’autoimmunità o del diabete di tipo 1, è una sfida che ora può essere fattibile attraverso iniziative come nPOD che mette a disposizione tessuti per lo studio e sarà sicuramente uno dei prossimi passi da compiere.
Se gli studi epidemiologici in altre regioni saranno confermativi, sarà importante identificare, se possibile, quali bambini hanno maggiori probabilità di essere protetti dalla vaccinazione per Rotavirus.

 

Lorenzo Piemonti
Direttore DRI San Raffaele

 

da DRI