Trapianti salvavita

Nel diabete di tipo I la sostituzione di rene e pancreas permette sopravvivenze fino al 90 per cento

“Il trapianto combinato pancreas-rene è in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti con diabete di tipo I in dialisi o con insufficienza renale cronica.

Un vero intervento salvavita”, afferma Piero Marchetti, endocrinologo dell’Università di Pisa, “soprattutto per pazienti giovani di circa quarant’anni che soffrono, però, di questo morbo da 20-25 anni. Molti studi dimostrano che la sopravvivenza dei diabetici trapiantati, dopo 4 anni dall’intervento, può raggiungere anche il 90% contro il 58% di chi rimane in lista d’attesa. Per fortuna in Italia i diabetici dializzati in attesa di donazione hanno una corsia privilegiata”.

Proprio di trapianti e di terapie “avveniristiche” si è discusso a Milano dove si sono riuniti gli esperti della Società italiana di diabetologia (Sid) e di dieci società scientifiche impegnate nella lotta contro questa sindrome sempre più frequente. Durante il congresso sono stati presentati i dati del Registro internazionale trapianti di pancreas (Iptr) e di isole del Langerhans (Iitr), zone dell’organo che contengono le cellule beta, deputate alla produzione dell’insulina.

“Dal 1980 al dicembre 2004 sono stati schedati 23 mila trapianti di pancreas: di questi 17 mila negli Usa e 6 mila nel resto del mondo, 500 dei quali in Italia (eseguiti in 7-8 centri attivi sui 15 autorizzati)”, spiega Piero Marchetti, “nel 70-75% dei casi il paziente riceve sia il rene che il pancreas (SPK), nel 15% circa il pancreas dopo aver già subito un trapianto di rene (PAK), mentre nel 10% viene sottoposto ad un impianto di pancreas isolato (PTA).
Il vantaggio di quest’ultimo intervento non è quello di liberare il paziente da una terapia “cronica” (è vero che il diabetico smette di prendere l’insulina, ma è costretto a seguire una terapia antirigetto altrettanto pesante), ma di riuscire a preservare le sue funzioni renali ancora ragionevolmente conservate.
Sono invece circa 800 (oltre 60 in Italia) i trapianti di isole del Langerhans censiti dall’Iitr. Questa procedura, ancora oggi, è considerata sperimentale perché presenta non pochi problemi, come la difficoltà di reperire un numero sufficiente di isole (occorrono più pancreas per un solo paziente e inoltre i donatori non possono avere più di 45-50 anni), la necessità di dover sottoporre il diabetico ad una terapia immunosopressiva molto disagevole e, non ultimo, la limitata capacità di sopravvivenza delle isole trapiantate”.

“Gli interventi descritti”, afferma Riccardo Perfetti, docente alla Università della California, “rappresentano dei fondamentali strumenti terapeutici dal momento in cui riescono a normalizzare i valori di glucosio nel sangue e quindi a eliminare le complicanze acute del diabete, ma non liberano dalla malattia. Le sole speranze di guarigione possono venire dall’impiego delle cellule staminali e dalla terapia genica”.

 

 

 

 

di Silvia Baglioni

da Supplemento Salute di Repubblica

1 giugno 2006