Scoperto il meccanismo per bloccare la memoria metabolica nel diabete

Bastano poche settimane di glicemia elevata per modificare il modo di comportarsi di una cellula e per danneggiare l’organismo anche quando gli zuccheri sono tornati sotto controllo. Alla base di questo meccanismo di danno prolungato, chiamato memoria metabolica, vi è un’alterazione delle proteine contenute nei mitocondri, piccoli organelli intracellulari che fungono da centrale energetica dell’organismo.

Il glucosio in eccesso contenuto nel sangue si lega alle proteine mitocondriali inducendo la produzione di radicali liberi, ovvero di sostanze ossidanti che danneggiano i tessuti, in particolare l’endotelio, ovvero il tessuto di rivestimento dei vasi e le beta cellule, ovvero le cellule che producono insulina. Una volta legate allo zucchero, le proteine mitocondriali continuano a produrre radicali liberi anche quando la glicemia viene riportata a livelli di norma, ovvero entro i 100 mg/dL. È per questa ragione che anche alcuni diabetici ben trattati e con livelli di zuccheri nel sangue nella norma, col tempo sviluppano le complicanze della malattia, in particolare quelle più temute legate al danno vascolare (retinopatia, neuropatia diabetica, insufficienza renale ed infarto del miocardio).

La scoperta di questo meccanismo negativo (e di un possibile rimedio sperimentale) si deve al diabetologo italiano Antonio Ceriello che lavora in Italia presso l’Università di Udine, in Gran Bretagna presso la Warwick University e negli Stati Uniti presso l’Oklahoma City University. Lo studio è stato pubblicato sull’ultimo numero di Diabetologia, la rivista della Società Europea di Diabetologia.

La ricerca è stata effettuata sia su colture di cellule endoteliali sia su ratti. Nel primo caso la modificazione delle proteine mitocondriali è avvenuta dopo due sole settimane di esposizione all’iperglicemia. Varie sostanze antiossidanti, però sono state in grado di “spegnere” la memoria metabolica delle cellule. Per quanto riguarda invece il modello animale, sono stati studiati per tre settimane di seguito 4 diversi gruppi di ratti: un gruppo normale, uno di ratti diabetici non trattati con insulina, uno di ratti diabetici trattati con insulina durante l’ultima settimana e un’ ultimo gruppo trattato, sempre nell’ultima settimana, con insulina più acido alfa lipoico, una sostanza in grado di bloccare la produzione di radicali liberi. Anche nei ratti sono bastate tre settimane per indurre modificazioni permanenti, ma l’acido alfa lipoico è stato capace di riportare tutto alla normalità. Una volta che la memoria metabolica si è instaurata, la terapia con insulina da sola non è in grado di annullarla.

“Si tratta di una scoperta che può cambiare l’approccio alla terapia del diabete – spiega Ceriello – oggi, infatti, soprattutto nel caso del diabete di tipo 2, quello che colpisce l’anziano, si suggerisce di attendere prima di passare a un trattamento farmacologico dell’iperglicemia. Inizialmente, infatti, si cerca di far scendere i livelli di glicemia con la dieta e con l’attività fisica, tutte iniziative che possono essere efficaci ma che richiedono tempi lunghi. Alla luce di questi dati, invece, e’ auspicabile un intervento, anche farmacologico, quanto prima possibile. In altre parole bisogna far scendere la glicemia al più presto possibile, con tutti i mezzi disponibili.

Ancora non si sa dopo quanto tempo il danno metabolico si instaura nell’uomo ed è possibile che i tempi siano più lunghi che nel modello sperimentale e nell’animale, ma bisogna proseguire con gli studi per poterlo valutare con certezza. Stiamo, comunque valutando nuove molecole che specificamente possano “staccare” le molecole di glucosio dalle proteine dei mitocondri, che costituirebbero la migliore terapia della causa della memoria metabolica”.

 

 

da Salute Europa

8 giugno 2007