Ridotta progressione dell’aterosclerosi nel diabete di tipo 2 grazie agli inibitori della DPP-IV

La ridotta frequenza di escursioni della glicemia determinata dalla somministrazione di inibitori della DPP-IV – secondo uno studio della Seconda Università di Napoli, pubblicato online su Atherosclerosis – può ridurre la progressione del processo aterosclerotico in pazienti con diabete di tipo 2, probabilmente attraverso la diminuzione, ogni giorno, dell’infiammazione e dei processi ossidativi.

Dalla letteratura è noto che, nei soggetti diabetici, ai fini dello sviluppo delle lesioni aterosclerotiche le fluttuazioni della glicemia sono più decisive che non una condizione prolungata di iperglicemia. “Il nostro scopo” affermano “è stato quello di valutare l’effetto di una ridotta fluttuazione glicemica quotidiana ottenuto mediante trattamento con inibitori della DPP-IV su un marker surrogato di aterosclerosi precoce, ovvero lo spessore intima-media carotideo (IMT)”.

Il team ha dunque condotto uno studio prospettico, randomizzato a gruppi paralleli di 23 settimane, su 90 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, per  valutare il ruolo della inibizione della DPP-IV nel ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione attraverso la riduzione delle fluttuazioni acute giornaliere di glucosio (MAGE). 
La somministrazione sia di sitagliptin sia di vildagliptin hanno determinato una significativa diminuzione di IMT. In particolare, rispetto ai dati del basale, vildagliptin ha fatto registrare, rispetto a sitagliptin, una maggiore riduzione di IMT. 

Dopo 3 mesi di terapia, le modificazioni nell’IMT sono apparse significativamente correlate con cambiamenti nelle MAGE, ma non con variazioni dell’HbA1c nell’intera popolazione. Soltanto le variazioni delle MAGE e dei livelli plasmatici delle LDL sono risultati fattori predittivi indipendenti di diminuito IMT carotideo, dopo aver apportato le correzioni per i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare nei pazienti con diabete di tipo 2.
I ricercatori, inoltre, segnalano di aver riscontrato significative correlazioni tra le variazioni delle MAGE, quelle nell’IMT e i cambiamenti nei punteggi di flogosi a digiuno e interprandiale, così come nei livelli plasmatici di nitrotirosina (vedi sotto).

“Le fluttuazioni glicemiche” spiegano gli autori “possono indurre sovraproduzione di monossido d’azoto altamente reattivo: ciò può portare ad alterazione di proteine e produzione di metaboliti tossici come la nitrotirosina, che può causare danno endoteliale e complicanze macrovascolari”.
In ina ricerca recente, lo stesso team ha dimostrato – in pazienti con diabete di tipo 2 – come le ridotte fluttuazioni glicemiche nel corso di una giornata riducano la concentrazione dei marker di infiammazione vascolare sistemica (interleuchina 6 e 18) così come lo stress ossidativo. Non è escluso anche un diretto effetto pleiotropico antinfiammatorio degli inibitori della DPP-IV.

“Nel nostro studio, dopo 3 mesi di terapia” è il commento degli autori “ in assenza di cambiamenti del profilo lipidico, del Bmi e dei livelli pressori sistodiastolici, si è notata una significativa riduzione dell’IMT con entrambi i farmaci testati (con più evidenza utilizzando vildagliptin).  Da notare che le modificazioni dell’IMT correlavano in modo significativo con la riduzione delle MAGE ma non con gli indici di iperglicemia cronica sostenuta , HbA1c o variazioni glicemiche postprandiali”.

“Questi risultati” concludono “dimostrano che il solo controllo della glicemia a digiuno e dell’HbA1c  senza il controllo delle escursioni glicemiche nell’arco della giornata non è sufficiente a prevenire il processo aterosclerotico e, quindi, gli eventi cardiovascolari”.


Barbieri M, et al. Decreased carotid atherosclerotic process by control of daily acute glucose fluctuations in diabetic patients treated by DPP-IV inhibitors. Atherosclerosis, 2013 Feb 4. [Epub ahead of print]

 

di Arturo Zenorini

 

da PharmaStar