Ricetta antidiabete: sport e movimento

Yoga, materia obbligatoria per tutti i bimbi delle scuole indiane, per contrastare “a colpi di mantra” e di esercizi tipici della disciplina orientale molte malattie del benessere e, soprattutto, il diabete di secondo tipo che sta dilagando non solo in India ma anche in Cina.

Gli studi scientifici indiani suggeriscono, infatti, che «lo yoga riduce il diabete, l’ipertensione e lo stress», mentre il Ministero sostiene che su questa pratica, a metà fra sport e filosofia, dovrebbero essere promossi ampi dibattiti scientifici. Nel nostro Paese, dove l’incidenza della patologia ha raggiunto addirittura, secondo fonti attendibili, il 15 per cento tra i più anziani, i pazienti con la glicemia più elevata presentano un maggior rischio d’infarto e d’ictus. Edoardo Mannucci, direttore dell’Agenzia Diabetologia, dell’Azienda Ospedaliero – universitaria Careggi di Firenze ha documentato con approfondite ricerche, in un convegno a Milano, che non esiste nessun problema d’incremento di malattie cardiovascolari con l’uso di un’importante classe di antidiabetici il glitazone e il rosiglitazone. È una notizia importante considerando il rilievo che questi farmaci hanno nella cura della malattia del “sangue dolce”.

Tutti i ricercatori hanno confermato il rilievo che riveste non solo il trattamento del diabete con farmaci appropriati, ma anche e soprattutto il ruolo dello sport e del movimento come fattore limitante dei danni del diabete. L’aumento della patologia è causato sostanzialmente da tre fattori principali costituiti dall’invecchiamento progressivo della popolazione, dall’abbondanza di cibo che porta a un progressivo aumento di peso e infine da una diminuzione dell’attività fisica. Secondo dati recenti in Italia si spendono annualmente tra i due e i 2.5 miliardi di euro per le sole complicanze cardiache legate al diabete.

Un’osservazione scientifica molto incisiva fu pubblicata, invece, nel 1926 (solo cinque anni dopo la scoperta dell’insulina), anno in cui Lawrence, medico inglese e diabetico, pubblicò sul British Medical Journal un articolo in cui dimostrava su sé stesso che una iniezione di 10 unità di insulina pronta produceva un abbassamento glicemico maggiore e più rapido se era seguita da un esercizio fisico piuttosto che se si restava a riposo. Questa dimostrazione confermò che l’esercizio fisico era un autentico “pilastro” nella terapia del diabete. Negli ultimi tempi l’attenzione del mondo diabetologico italiano si è ulteriormente focalizzata sulla qualità della vita e sull’attività fisica e sportiva.

Gli orientamenti attuali consentono di ritenere che più che dall’intensità e dalla durata gli effetti metabolici sono ottenuti dalla ripetitività (almeno 5 volte alla settimana) di un esercizio leggero che duri almeno trenta minuti. Tradotto in termini pratici, ciò significa che una passeggiata a passo svelto (circa 4 Km orari) di una mezz’oretta da fare quasi quotidianamente ha un grandissimo valore come cura. Nonostante gli operatori sanitari e i pazienti stessi siano convinti della bontà di questo programma terapeutico, esso non è seguito che da una minoranza di persone. Le ragioni di ciò sono molteplici ma la principale è che il paziente non si ritiene capace fisicamente di portare avanti un programma di preparazione fisica a causa della sua bassa autostima. Inoltre la presenza d’iniziali complicanze cardiovascolari che richiederebbero almeno nei primi tempi di iniziare un programma di attività motoria strutturato e supervisionato in palestre con personale specializzato.

 

da IlTempo.it