Piede diabetico: l’Italia in vetta alla classifica dei Paesi con la migliore assistenza al mondo

Le amputazioni d’arto sono in netta riduzione in tutti i Paesi Ocse (Organization for Economic Cooperation and Development), facendo registrare nel periodo 2000-2013 un calo del 30%. Un dato importante, visto che uno dei parametri utilizzato dall’ Ocse  in ambito sanitario come indicatore della qualità assistenziale, è proprio il numero di amputazioni di arto, effettuate nei pazienti diabetici.
Un gruppo di ricercatori internazionali è andato ad analizzare i dati sulle amputazioni di arto effettuate nei Paesi Ocse nel periodo 2000-2013, al fine di valutarne i trend temporali e le differenze tra i vari Paesi. I risultati di questo studio sono pubblicati su Acta Diabetologica.

Nel data base sono disponibili dati relativi alle amputazioni maggiori effettuate presso 21 Paesi OCSE; nel periodo temporale osservato è stata registrata una riduzione del 30,6% nel numero delle amputazioni maggiori. 11 Paesi hanno fornito dati anche sul numero delle amputazioni minori e anche in questo caso, nel periodo temporale di osservazione è stata registrata una riduzione del 30% circa (29,8%).

Andando ad analizzare i dati relativi ai singoli Paesi, emerge tuttavia un’ampia variabilità dei tassi di amputazione da nazione a nazione.
L’Italia è, tra tutti i Paesi, uno di quelli che effettua il minor numero di amputazioni maggiori, piazzandosi al terzo posto della classifica dei Paesi a minor numero di amputazioni nei pazienti diabetici, subito Corea e Lussemburgo.

Una performance dunque assai lusinghiera, che è stata analizzata dalla comunità diabetologica italiana allo scopo di individuare i punti di forza della cura del diabete nel nostro Paese e, più in dettaglio,  dell’assistenza ai pazienti con piede diabetico . Le riflessioni scaturite da questa analisi sono le seguenti:

Il diabete in Italia è una “malattia protetta”. La legge 115 del 1987  ha definito il diabete come  malattia di elevato interesse sociale e ha posto obiettivi quali la prevenzione, la diagnosi precoce e la cura tempestiva. Inoltre ha dato indicazione  all’istituzione di una rete assistenziale specialistica (la rete dei centri diabetologici) distribuita su tutto il territorio nazionale. Questa organizzazione capillare dell’assistenza ha dato i suoi frutti, visto che studi recenti hanno dimostrato che i pazienti diabetici seguiti presso questi centri hanno meno complicanze croniche a lungo termine e una mortalità inferiore rispetto ai pazienti diabetici che non accedono a questa assistenza specifica

1. Esiste una rete per la prevenzione e cura del piede diabetico diffusa su tutto il territorio nazionale, costituita da 46 centri di primo livello, 95 centri di secondo livello e 36 centri di terzo livello (centri di riferimento).

2. La gestione degli eventi acuti è considerata un’emergenza medico-chirurgica per cui i diabetologi, dopo l’acquisizione di specifiche abilità chirurgiche, riescono a gestire tempestivamente sia le problematiche locali (es. drenaggio di flemmoni o resezione tempestiva di porzione di piede in gangrena) per evitare l’estensione della compromissione a porzioni più significative di piede, che quelli internistici generali come il controllo del quadro metabolico, infettivologico, cardiovascolare etc.

3. Si è sviluppata in Italia una competenza  molto  avanzata sulle metodiche di rivascolarizzazione distale nei pazienti diabetici che ha permesso di poter accedere a procedure al salvataggio d’arto anche in pazienti con albero vascolare molto compromesso e situazioni molto difficili come nel caso dei pazienti diabetici con insufficienza renale in trattamento dialitico.

4. L’industria calzaturiera italiana ha sviluppato prodotti specifici rendendo disponibili calzature ed inserti plantari che permettono la prevenzione  dell’ulcerazione sia nei pazienti a rischio che non hanno mai avuto ulcera (prevenzione primaria), sia nei pazienti guariti da una precedente ulcera (prevenzione secondaria)

“Sulla base di queste specificità  – ricorda Luigi Uccioli, professore associato di Endocrinologia dell’Università di Roma Tor Vergata, Responsabile Unit Piede Diabetico Policlinico Tor Vergata di Roma e Direttore dei Master di I e II livello  “Piede Diabetico”  dell’Università di Roma Tor Vergata – la Società Italiana di Diabetologia (SID) e l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) hanno pubblicato un Position Statement nel quale si sostiene la necessità che la cura del piede diabetico venga affidata ad un team multi-specialistico , guidato da un diabetologo/endocrinologo o internista, con specifica formazione sul piede diabetico, in grado di coordinare tutti gli aspetti ed I tempi della cura.  Questo tipo di organizzazione può garantire al paziente diabetico un percorso di prevenzione e cura che può ridurre significativamente il rischio di amputazione.

Il diabetologo per fungere da Team Leader deve naturalmente acquisire una specifica formazione sui molteplici aspetti che caratterizzano la prevenzione e la cura del piede diabetico e questa può essere acquisita solo frequentando specifici master e corsi di formazione sull’argomento.

Inoltre – conclude Uccioli –  in considerazione dell’elevata variabilità degli esiti scaturita dalla valutazione comparativa dei Paesi OCSE, a fronte invece degli ottimi risultati registrati nella realtà italiana, il ‘modello italiano’ della cura del piede diabetico è stato proposto come quello da seguire per ridurre le amputazioni nei Paesi che registrano invece esiti meno positivi”.

 

Maria Rita Montebelli

 

da Quotidiano Sanità